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La morte di Cossiga merita solo rispetto
Lunedì 23 Agosto 2010 06:45

La morte di Cossiga merita solo rispetto

 

raffaele2

Conoscere a posteriori protagonisti ed eventi del passato attraverso le immagini e gli scritti è il destino che tocca a chi come il sottoscritto non ha avuto la fortuna o la sventura di vivere gli anni cruciali della vita repubblicana del nostro Paese. I ricordi de visu che ho del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga sono semplicemente dettagli fisici: i capelli bianchi e la vitiligine; davvero difficile per la mia generazione nata negli anni 80’ serbare dettagli maggiori. Crescendo e approfondendo lo spessore e la portata del personaggio due immagini su tutte mi sono restate impresse nella mente. La prima è una foto in bianco e nero e risale al maggio del 78’ pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo esanime dell’allora presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro rapito e poi ucciso dalle Brigate Rosse. Francesco Cossiga all’epoca ministro degli interni prossimo alle dimissioni è in ginocchio dinanzi alla tomba di Moro. La schiena diritta e il capo chino sorretto a stento da un suo pugno regalano l’idea di un uomo distrutto dal rimorso ma pronto a reagire. La seconda è sempre una foto ma risalente al marzo del 2008. Il senatore a vita Cossiga è di nuovo in ginocchio, ai suoi due lati a reggergli le braccia un carabiniere ed un alto funzionario. Il viso è imprigionato in una maschera di rimorso, lo sguardo è perso nel vuoto. Dinanzi a lui via Fani la strada in cui il presidente Moro fu rapito dai terroristi. Il ruolo di Cossiga nella trattativa che le Brigate Rosse tentarono di avviare con lo Stato al fine di liberare il “prigioniero politico” Moro fu determinante per sancire l’apparente chiusura di qualsiasi spiraglio di dialogo. «Lo Stato - si disse allora - non può trattare con i terroristi» ques to malgrado fosse stato lo stesso Moro ad invitare le istituzioni al dialogo. Secondo taluni altresì Moro fu in qualche modo la vittima predestinata di un sistema politico che aborriva il suo progressismo.  Le convergenze parallele tra la tradizione cattolica e quella comunista era una blasfemia dai cui malefici effetti bisognava  fuggire in tempo, lo Stato non è vero che non potè trattare semplicemente non volle e Cossiga pare ne fosse stato il massimo fautore. Il presidente emerito è andato via per sempre, è morto pochi giorni orsono a Roma in seguito a delle complicazioni polmonari, ha lasciato quattro lettere indirizzate alle più alte cariche dello Stato. Credevo si aprisse uno squarcio sui mille misteri di cui era indefesso custode, ne sono rimasto amaramente deluso: erano semplicemente le disposizioni per il suo funerale. Pochi mesi orsono è scomparsa anche la vedova di Moro la signora Eleonora fino all’ultimo si era battuta affinchè chi sapesse parlasse, amore per la verità e sofferta omertà in nome di presunte ragion di stato, per l’ultima volta un destino cinico e malefico li ha fatti ancora incrociare. Dinanzi alla morte, grande o meschino che sia stato l’individuo c’è sempre bisogno di rispetto, è l’unico sentimento che provo verso Cossiga.


Che la terra gli sia lieve.

 

Cordialmente

Raffaele de Chiara

 

Scritto da Raffaele de Chiara   
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