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Omaggio al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e agli altri martiri dello Stato italiano
Lunedì 06 Settembre 2010 12:27

Sono le 21.15 del 3 settembre 1982, sulla A112 bianca guidata da sua moglie Emanuela Setti Carraro, viaggia  il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. In via Isidoro Carini a Palermo sta per scatenarsi l'inferno. L'auto viene affiancata da una BMW dalla quale partono numerose raffiche di Kalashnikov Ak-47 che uccidono sul colpo il prefetto e la giovane moglie. La stessa sorte tocca all'agente di scorta, Domenico Russo: la sua  vettura viene affiancata da una motocicletta dalla quale parte un'altra raffica che lo fredda senza pietà.
La paura. Chissà se hanno avuto il tempo di provarla la paura i due protagonisti della solita storia italiana di mafia, malaffare e rapporti malati tra potere corrotto e stato. La paura. Quell'emozione tremenda dominata dall'istinto impulsivo di proteggersi da un pericolo imminente, il tentativo estremo di un essere umano di sopravvivere a una situazione che mette a rischio la propria incolumità.
Mi sono chiesta tante volte cosa si prova mentre si muore, mentre senti il battito del tuo cuore con la consapevolezza cinica e fredda che stai per spirare. Mi sono chiesta tante volte cosa si prova nel sapere che stai morendo, che sei in procinto di chiudere gli occhi e di lasciare questa vita. Il pensiero mi sfiora quando viaggio in aereo e ripenso ai poveri disgraziati che durante un incidente in volo precipitano, sapendo di precipitare, che stanno ancora vivendo sapendo che stanno per schiantarsi al suolo. 
Me lo chiedo quando ripenso alle scene degli omicidi di camorra, quando mi immedesimo nell' umminicchio di quartiere, vittima del cosiddetto “regolamento di conti”: corre disperato nei vicoli stretti di Napoli con l'angoscia che sale alle stelle mentre sente lo scooter che lo insegue divenire sempre più vicino, quel mezzo da cui partirà la raffica finale. 
Me lo chiedo pensando ad Aldo Moro, il più grande statista italiano di tutti i tempi, per salvare la cui vita  nessun collega di partito ha trattato coi brigatisti che lo tenevano prigioniero. Ripenso alle sue lettere scritte dal covo, quelle piene di parole d'amore per le sue adorate figlie e per sua moglie, donna di grande coraggio, e di pietas, rivolte ad Andreotti, a Cossiga, a Zaccagnini (molto democristiani e poco cristiani) rimaste inascoltate. 
Ripenso a don Peppino Diana, parroco di Casal di Principe, freddato dalla camorra nella Chiesa San Nicola di Bari mentre si accingeva ad officiare la Messa, perchè aveva osato sfidare i camorristi scuotendo le coscienze dei suoi conterranei. 
Ripenso ai 17 corpi martoriati delle vittime della Strage di Piazza Fontana a Milano, agli 85 della Strage di Bologna, alla paura dei tanti sopravvissuti passati in quell'inferno, alle urla, ai pianti, ai corpi straziati dallo scoppio delle bombe, al terrore di un'apocalisse che non dimenticheranno mai. 
Ripenso alle sentenze di morte pronunciate dai capi-mafia contro gli esponenti buoni dello Stato buono, agli attimi di terrore vissuti da eroi come i magistrati Falcone, Borsellino, Livatino, ai giornalisti Siani, Pecorelli, Alpi, che per quello stesso Stato hanno pagato con la vita.
Morte, terrore, distruzione, tante vite travolte, tanti sogni spezzati, tante speranze svanite... Ecco che  ripenso al Generale Dalla Chiesa, inviato in Sicilia a combattere la mafia e abbandonato dal governo, e la sua giovane consorte... Chissà se dopo quasi 30 anni dal loro sacrificio, qualcuno pensa ancora alla loro paura, al terrore interminabile fatto di pochi secondi, all'orrore provato nell'attimo in cui hanno capito che stavano morendo.

Scritto da Lina Pasca   
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