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11 settembre,l'ultimo volo dell'hostess Betty Ong
Sabato 11 Settembre 2010 15:16

Statunitense ma d'origine cinese lavorava da anni all'American Airlines. "Mio Dio come siamo bassi..."

di VITTORIO ZUCCONI

Betty che non sapeva di essere morta lasciò l'appartamento dove viveva da sola un po' agitata. Pensava al traffico del primo mattino nel gomitolo delle autostrade di Boston. Il suo turno di lavoro sarebbe cominciato alle 6.30 e l'orologio che la madre le aveva regalato pochi mesi prima segnava già le 6. Mezz'ora di solito non bastava per raggiungere quel perenne cantiere che è l'aeroporto Logan di Boston.

Ma quella mattina l'autostrada era sorprendentemente vuota, come se una mano invisibile e potente avesse voluto aprire le acque del Mar Rosso di asfalto e lasciar passare Betty Ann Ong, cinese di famiglia, americana di nazionalità, professione assistente di volo. Che fortuna, dovette pensare lei, arrivando in perfetto orario alla porta d'imbarco per il volo verso l'altro mondo.

Quando la collega di terra al "gate" dell'aeroporto la salutò, Betty le confessò di essere inquieta. "Sto correndo dietro a qualcosa, o forse qualcosa sta rincorrendo me" disse, enigmaticamente. Chiese all'amica notizie del padre malato, le sfiorò la faccia con una carezza leggera per rovinarle il trucco e le domandò di "augurarmi buona fortuna". Buona fortuna perché? Si chiese l'impiegata all'imbarco. Il tempo era perfetto, settembre in New England. Il volo era di assoluta routine, lo stesso sul quale lavorava tre volte alla settimana, il Boeing 767 dell'American Airlines numero 11, destinazione Los Angeles. Ma si sa che i cinesi tendono a essere superstiziosi peggio di noi italiani e vedonpici e presagi dappertutto.

Come era suo dovere, Betty sorrideva sulla porta del 767 argenteo quando i primi passeggeri cominciarono a imbarcarsi. Non prestò attenzione ai cinque giovanotti anonimamente vestiti, calmi, cortesi, ben sbarbati che si accomodarono tra i primi sulle poltrone della prima classe semivuota. Per lei, cinese americana, cresciuta nel pentolone etnico della California, figlia di clandestini naturalizzati che avevano faticato trent'anni per avere il permesso di soggiorno e per dare la cittadinanza a Betty e ai suoi tre fratelli nati a San Francisco, la diversità dei volti era la normalità. "Welcome aboard" disse al primo dei cinque giovanotti bruni con la carta d'imbarco, un uomo indicato nel "manifesto" passeggeri come Mohammed Atta, posto 2A.

Tutti e cinque avevano una borsa a tracolla, ricorderà poi il tecnico che avrebbe chiuso il portellone alle 7,59 per il distacco alle 8. Stranamente in orario. L'ultima tappa di un viaggio che per Betty Ong era partito 70 anni prima in un villaggio sulle rive del Mar Giallo quando la madre e il padre si erano nascosti in un mercantile diretto a Seattle per sfuggire alla guerra, era cominciata spaccando il minuto.

Il 767 si allontanò dal "dito" d'imbarco alle 8,02. Come già Betty nella sua corsa in autostrada, stranamente anche il volo AA 11 non trovò la solita processione faticosa di jet in fila per il turno di decollo. Anche lo ATC, il controllo centrale dei voli americano, assegnò subito il corridoio aereo, di solito intasatissimo fra le due coste americane a quell'ora. Alle 8,05 il 767 brillava nel sole d'oriente, già alto sulla sua coda. Un quarto d'ora più tardi, è Betty stessa a parlarci da un altro mondo. Ascoltiamola.

Sono le 08,16. Nell'ufficio di Nydia Gonzales, una dispatcher, controllore delle operazioni nella centrale operative della American Airlines, a Raleigh, Nord Carolina, squilla il telefono.

"Okay - sente dire una voce di donna attraverso l'Airphone, il telefono pubblico a pagamento installato su molti aerei in testa e in coda - mi chiamo Betty Ong e sono seduta nelle file in fondo all'aereo..... qualcuno è stato pugnalato in prima classe, ma non si vede niente e non si respira.... hanno spruzzato dello spray al pepe... non riusciamo a entrare nella cabina di pilotaggio.... ".

La risposta della dispatcher è calma, un po' scettica nel tono. Nella propria esperienza, non aveva mai dovuto affrontare una emergenza o un dirottamento.
In che volo siete? domanda Nydia del Centro operativo.

"Volo 12" risponde Betty, commettendo un errore che tradisce tutta la sua agitazione.

In che posto sei esattamente? Domanda Nydia per cercare di scoprire l'identità della chiamante, mentre studia la lista dei passeggeri e le assegnazioni dei posti che lo schermo del computer le stava disegnando davanti al occhi
"..."
Signora, è ancora lì? Un po' spazientita. In che posto è seduta, signora?
".... sì..."

In che posto, in che posto?
"... abbiamo appena lasciato Boston... siamo in rotta per Los Angeles... non riusciamo a contattare i piloti...".
In che poltrona è seduta?
".... la 3 R...".

Ah. La 3R non è un sedile per i passeggeri. E' il jump seat, il sedile pieghevole che gli assistenti di volo usano durante decolli, atterraggi e turbolenze gravi.

Lei è un'assistente di volo?
"... hello?. .. hello? Non la sento... parli più forte...".

Come si chiama?
"... sono Betty Ong... il comandante non risponde... c'è... qualcuno è stato pugnalato in prima classe... aspetti... c'è... qualcuno sta venendo dalla prima classe.. aspetti..."
Ok
"... non lo so... ma credo che Karen e Barbara.... "

Chi?
"... le mie colleghe, Karen e Barbara... in business... in prima... siano state accoltellate... come dici?... sanguinano...".
Ok
"... sì.. accoltellate... ma non posso... è... è... è... non posso andare verso la prima classe non si respira... hanno provato a entrare nella cabina ma è chiusa... hanno accoltellato... ci sono passeggeri... la porta è sbarrata... mi sentite?".

Ti sentiamo Betty, ti sentiamo stiamo registrando tutto. Che volo è?
"American 12. No... no... aspetti... cosa dico... volo 11... ci siete ancora? Qualcuno mi sente?...".

Sì Betty, siamo qui, potete raggiungere la cabina di pilotaggio?
".... no... no... è bloccata... si sono chiusi dentro... "
Chi?
"..."

Interviene una voce maschile. Betty, qui è la centrale emergenze di American Airlines, sai dirci qualcosa dei signori... ehm... degli uomini entrati in cabina?
"... erano seduti al 2A e 2B... in prima".
La lista dei posti illumina subito i loro nomi: Mohammed Atta e Hani Hanjur. Torna la voce di Nydia, la dispatcher.

C'è un medico a bordo, per i feriti?
"... no, abbiamo chiesto... no"
Sta calma, tesoro, stai calma dolcezza, siamo qui con te. Mi senti? Che cosa vedi fuori dal finestrino?
"..."
Accanto a lei, sullo stesso aereo, da un altro Airphone, la sua collega Madelein Sweeney, sta telefonando alla madre. Ha interrotto le comunicazioni con il controllo di American Airlines dopo avere detto:
"... mio Dio come siamo bassi... troppo bassi... siamo troppo bassi. Addio mamma ora devo andare... "

Betty, tesoro, sei ancora lì? Che succede? Betty? Betty?
".... pregate per noi! Pregate per noi.... Signore prega per per noi.... non soltanto per me, per tutti noi.... Signore perdonaci per tutto quello che abbiamo fatto... pregate per noi.... "

Betty stiamo tutti pregando, il Signore sa che sei una persona buona e brava, Betty, non hai niente da farti perdonare, ma stiamo pregando per te. Betty?
"..."
Betty?
"..."
Mi sa che l'abbiamo perduta, chiude la voce della dispatcher dell'American Airlines. Erano le 8,49 dell'11 settembre 2001.

Scritto da Vittorio Zucconi   
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