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La deputata Pd che sfida i secessionisti veneti -
Lunedì 13 Settembre 2010 11:17
05 settembre 2010

“L’iniziativa di Tradate? È con amministratori di questo genere che viene messa a repentaglio sia la cultura europea che le radici cattoliche di questo Paese. Un documento di questo genere è puro esercizio propagandistico fatto sulla pelle dei bambini”. Chi parla è Simonetta Rubinato, onorevole Pd, sindaco da sei anni a Roncade, in provincia di Treviso. È lei che ha affrontato la piazza facendosi valere di fronte a chi, come nel caso dell’assessore regionale Roberto Ciambetti,  alla domanda “sei italiano o veneto” risponde orgogliosamente “Io sono veneto”. Ma, nonostante questo, le primarie del Pd si possono vincere pure una sera di fine estate a Cittadella, in provincia di Padova, nel profondo Nord. La parte d’Italia che più richiama la definizione di Paolo Segatti: “ Paese di compaesani”.

Dove siamo? Al primo appuntamento della tre giorni della festa dei veneti dell’associazione “Raixe Venete” (radici venete) impregnata da spinte autonomiste e indipendentiste. Piazza Luigi Pierobon (partigiano cattolico medaglia d’oro). Un palco con dietro un pannello raffigurante un leone di San Marco che morde le catene che lo tengono imbrigliato ed una scritta che non lascia dubbi: “150 anni de cosa?”.  L’onorevole Simonetta Rubinato sale sul palco si prende i fischi già solo quando proferisce la parola Costituzione. Le urlano dalla piazza ammonendola di parlare veneto e non italiano. Ma lei, veneta, con calma e fermezza continua a parlare la “lingua” italiana. Solo dopo attacca il discorso in “lingua veneta”. Interrotta e contestata, la Rubinato non si fa intimorire e continua il suo discorso. “ Quando vado nelle scuole del mio comune ai bambini porto le bandiere di San Marco,  della Regione, dell’Italia e dell’Europa. Perché noi siamo all’interno di una comunità. Ne facciamo parte. Questo dobbiamo insegnare alle generazioni future. Non la divisione ma l’unità”. La parola “unità d’Italia”, nessuno lo nega, qui dà fastidio.  Sul palco dell’incontro pubblico in cui si parla veneto c’il vice sindaco di Cittadella, Giuseppe Pan, che ammonisce la piazza assicurando “che sta per arrivare l’ora della liberazione”.

Cittadella: ventimila abitanti un tempo democristiani. Oggi? Leghisti? Dipende, se serve. Sicuramente veneti. Niente verde padano qui però. L’unico verde è quello dell’acqua che scorre lungo le fosse che circondano le antiche mura della città. “La Padania non esiste, la Serenissima sì” acclamano dal palco e via con gli applausi scroscianti. Il governatore regionale Luca Zaia viene citato quasi per sbaglio.

Anche se la gente del posto, tra una “ciacola e l’altra”, racconta come Davide Guiotto, organizzatore della tre giorni (ufficialmente apartitica), si sia sistemato con buone consulenze proprio grazie alla Lega che pesa; che il suo studio di design annoveri tra i clienti la Camera di commercio di Treviso, la Regione Veneto, un collegio professionale di Venezia e da maggio (dopo l’elezione di Luca Zaia) è stato inserito nella commissione regionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio linguistico veneto.

Non manca niente neppure al sindaco onorevole Massimo Bitonci. Sono i cittadellesi a raccontare come, grazie a Roberto Maroni, abbia ottenuto la vice presidenza nazionale dell’Anci, un posto in commissione bilancio e che ora punti ad altro: dicono lo scranno di sindaco a Padova. Ma la festa dei veneti è altra roba. Parlano del plebiscito per l’annessione all’Italia del 1866 (“anno funesto”, la definizione del vice sindaco Pan). “I veneti come gli ebrei obbligati alla diaspora per evitare l’annessione. Ma arriverà il giorno della liberazione”. Un passato vissuto come unica carta per il futuro. Discorsi monotematici che piacciono tanto alla gente, meno ai “forestieri”.

Ecco che la deputata (avvocato) rompe l’anacronismo di discorsi che però appassionano la gente di questa terra. Infinita periferia italiana dove si rivendica il diritto di fare un referendum sull’autodeterminazione (citano la Catalogna) per creare una nazione nella nazione. La Costituzione vissuta come principale, dicono unico, vincolo per affermare il proprio indipendentismo e autonomismo.
Sulle rive, lungo le fosse in cui scorre l’acqua verdissima, l’abbraccio stretto delle antiche mura di Cittadella, sul lato opposto pannelli elettronici con il leone di Venezia e l’annuncio della festa dei veneti.

In piazza sventolano gli stendardi della Serenissima. Il passeggio lento del sabato mattina di questa, come tante, province del profondo nord “dove si vive bene”; laboriosa ma afflitta da una forte crisi che crea tanta paura. Più che in altre zone d’Italia. La paura ti porta ad arroccarti. Molti borghi si stanno svuotando e le piccole città si trasformano nei grandi supermarket. E intanto suona l’inno veneto. Tutti in piedi con la mano sul cuore.

 

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pubblicata il 05 settembre 2010
Scritto da Elisabetta Reguitti   
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