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Al Ministro per l'ambiente, tutela del territorio e del mare
Venerdì 19 Novembre 2010 17:08

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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri

Al Ministro per l'ambiente, tutela del territorio e del mare

Per sapere; premesso che:

la tragedia del Vajont, avvenuta in un indimenticabile 9 ottobre del 1963, rappresenta, senza ombra di dubbio, una delle pagine più drammatiche e funeste della storia dell'Italia repubblicana: è la storia di una montagna, di una valle e dei paesi ma soprattutto delle persone che l'abitavano, è la storia di una diga e della società che l'aveva costruita;

nella catena di monti che, in provincia di Belluno, fanno da confine naturale tra il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, c'era il monte Toc, che nel dialetto locale significa proprio marcio, friabile;

la sera del 9 ottobre 1963 il monte Toc precipitava dentro il lago sollevando un'ondata d'acqua di dimensioni bibliche, fino a superare il bordo della diga, che si rigettava a valle schiantandosi su Longarone e cancellandolo letteralmente dal suolo su cui poggiava fino a pochi istanti prima;

in tutto si conteranno 2.100 morti a Longarone, Erto e Casso e in altre piccole frazioni del bellunese;

la tragedia del Vajont ci ha consegnato una lezione di storia per la quale si è reso evidente che non si possono stravolgere gli equilibri del territorio. Gli abusi contro la natura sono stati pagati dai cittadini innocenti che hanno perso la vita;

il Vajont ha ottenuto nel 2008 (Anno internazionale del Pianeta Terra) un riconoscimento significativo dall'Onu: quello di essere stata la più grande tragedia al mondo che si poteva evitare, provocata dall'incuria umana, cioè dall'uomo e non dalla natura, esempio negativo del fallimento di ingegneri e geologi, entrando così al primo posto di una graduatoria mondiale che, per quanto "negativa", lancia un monito a lavorare tutti per evitare che tragedie simili si ripetano;

a distanza di quarantasette anni dal disastro del Vajont del 9 ottobre 1963, si sta nuovamente decidendo di sfruttare il torrente che sgorga a valle della diga per mezzo di una centralina idroelettrica, aggirando la gigantesca frana finita nell'invaso;

da quello che ci risulta un accordo, seppure preliminare, ci sarebbe già, e coinvolgerebbe alcune società private, la società En&En, la ditta zoldano-friulana Martini e Franchi con i Comuni di Longarone, Castellavazzo ed Erto e Casso;

pare che la Regione Friuli-Venezia Giulia abbia già concesso alle due società private l'autorizzazione allo sfruttamento delle acque, e non ci sarebbe neanche bisogno del consenso delle amministrazioni comunali (anche se un evidente aspetto morale nei confronti della popolazione del territorio lo impone);

dalla stampa apprendiamo inoltre che le giunte dei tre Comuni coinvolti avrebbero già deliberato di essere pronte a una partecipazione all'opera, attraverso la Bim Gestione servizi pubblici, la società che gestisce il Servizio idrico integrato, ma, riferiscono, non prima di avere sentito che cosa ne pensano gli abitanti nati prima di quel terribile 9 ottobre 1963;

la questione dello sfruttamento delle acque del Vajont e dell'installazione di una centralina idrolettrica proprio nei luoghi della tragedia solleva, evidentemente, questioni di estrema delicatezza che vanno ovviamente al di là della semplice costruzione di un impianto che, peraltro, non potrà non notarsi, visto che il necessario salto dell'acqua si potrà scorgere esattamente davanti alla diga, a quell'imponente muraglia grigia, simbolo di morte e distruzione;

la storia del Vajont ha lasciato a tutto il paese un'inesauribile testimonianza, quella di chi ha denunciato gli scempi perpetrati nei confronti del territorio sia prima che dopo la tragedia, e non è pensabile non tenerne conto nelle gestione odierna dello stesso territorio;

tale vicenda pone, evidentemente, oltre a problemi di tipo "morale" relativi all'enorme impatto sulla popolazione di un'operazione del genere, anche seri problemi di impatto ambientale, e, non ultimi, quelli legati alla sicurezza degli impianti in questione.

Se il Governo non ritenga di doversi attivare al fine di dover valutare in via preventiva e monitorare il progetto suddetto in tutte le sue fasi, un progetto la cui realizzazione non può, evidentemente, essere lasciata in toto nelle mani dei privati, e se non ritengano necessario tutelare con tutti i mezzi a loro disposizione la memoria di un territorio che ha subito, e che ancora subisce, l'impatto di una immane tragedia ambientale causata dall'uomo, nonché la sua sicurezza e tutela ambientale.

ROSSA

BRESSA

Scritto da On. Rossa e Bressa   
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