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Roma, la parentopoli di Alemanno Duemila assunti nelle municipalizzate
Giovedì 09 Dicembre 2010 08:12

Alemanno_

Alemanno sindaco di Roma

di FRANCESCO MERLO

Lascia il caposcorta di Alemanno Il sindaco: "Basta speculazioni"

FORSE, tra tutti gli 854 parenti raccomandati, il poliziotto Giancarlo Marinelli non è il più innocente. È però sicuramente il più elegante questo caposcorta di Alemanno che si è dimesso perché il sindaco gli ha sistemato due figli nelle municipalizzate. Ma davvero è il papà di Giorgio e di Ilaria che deve pagare? Deve dimettersi il padre o il padrino (politico) del più famelico familismo della nostra storia?

Un padre è sicuramente vulnerabile, ed è comprensibile la ricerca di protezione per i figli, ma è al contrario inaccettabile la pratica clientelare che ha trasformato l'amministrazione della capitale d'Italia in un ufficio di collocamento per parenti. Non sono, insomma, una novità sconvolgente le pulsioni di papà e mamma, anche perché l'angoscia del subalterno è da sempre l'altra faccia del clientelismo, quella che ce lo rende meno odioso. È invece repellente la sistematica maestria nepotista dentro cui queste ovvie debolezze familiari hanno trovato una scientifica legittimazione a Roma.

Come abbiamo detto, qui non si tratta infatti di un caso eccezionale ma di almeno 854 "casi umani" (così li chiama il ministro Bondi) che sono un'enormità mai vista, la popolazione di un quartiere sovraffollato, un seggio al Comune, un battaglione di famiglie numerose, considerando che per ogni assunto sono coinvolti e mobilitati almeno quattro persone: i genitori, i fratelli e le sorelle, i mariti... È il caso, per esempio, della moglie del senatore De Lillo, la signora Claudia Cavazzuti la quale, oltre al marito medico che ha fatto parte di ogni genere di commissione parlamentare di controllo, ha anche un cognato assessore, Fabio appunto De Lillo. Anche la compagna del deputato Marco Marsilio, la signora Stefania Fois, ha una cognata assessora in Campidoglio, Laura appunto Marsilio. E così il genero e la segretaria dell'amministratore delegato uscente, il valoroso Adalberto Bertucci che si è persino concesso, oltre allo stipendio, una superpagata (219mila euro) consulenza a se stesso, e ha lasciato l'azienda Atac sull'orlo del fallimento. C'è coinvolta pure la fidanzata dell'assessore alla Mobilità, Sergio Marchi, trasferita per... amore. Marchi ha anche elargito consulenze a suo cognato e alla moglie del suo capostaff e ha fatto assumere la segretaria e la figlia della segretaria. E ancora, forse per stare all'altezza della venustà d'eccellenza del governo nazionale, c'è anche la bella Giulia Pellegrino, la quale ci tiene a far sapere di non essere una ex cubista ma una ex hostess: il video impazza su YouTube. Ecco: non è uno scherzo, non è un film comico, non è satira. È vera indecenza, è improntitudine, è certezza di impunità.

E infatti Alemanno fa finta di essersi distratto, familista a sua insaputa, indignato come Scajola e come Bertolaso e come tutti gli altri postdemocristiani, berlusconiani, che persino osano spacciare i pesanti, mortali tagli ai bilanci delle università come una lotta al familismo.

Invece, davvero, non c'è nella storia dei comuni italiani un esempio di scandalo nepotista così grande come quello di cui è protagonista e beneficiaria l'amministrazione Alemanno a Roma. Da due anni, vale a dire da quando è stato eletto l'attuale sindaco, nell'azienda dei trasporti, l'Atac, sono state assunte sorelle, figli, nuore, segretarie, mogli, nipoti e fidanzate di assessori, di senatori e di deputati del Pdl, di sindacalisti della stessa Atac e di dirigenti di un'azienda che ha ora 120 milioni di debiti. Lo scandalo che è nato - lo diciamo senza spavalderia, ma con malinconica modestia - dalle denunzie del nostro giornalismo di inchiesta, è ora nelle mani della Procura della Repubblica e della Corte dei Conti che accerteranno le responsabilità penali e contabili, ma certo dal punto di vista del costume politico è una bruciante e forse irrimediabile sconfitta della destra italiana, della sua storia, del suo decoro, del suo ipermoralismo ostentato.

È innanzitutto una miseria del paese certo, ma qui è stata sprecata la prima grande prova di governo di un ex fascista. Il giovane Alemanno che si batteva per Dio, Patria e (sic) Famiglia ha fatto di Roma, retoricamente intesa come caput mundi, la cloaca mundi. Ai tempi del fascismo militante di Alemanno la sinistra on the road voleva 'distruggere la famiglia', cantava, con Jim Morrison, "Father, I want to kill you / Mother, I want to fuck you". Ecco: noi abbiamo cambiato idea e abbiamo recuperato, riscoperto e ripristinato la famiglia come valore: noi l'abbiamo valorizzata come un bene di pregio e i vari Alemanno l'hanno svalorizzata come un intrallazzo.

Eppure nell'iconografia dell'Alemanno della destra sociale, insieme a Mussolini con l'elmetto c'era anche la silhouette dell'orgoglioso e solitario, il protagonista del bellissimo e celebre quadro di Caspar, il viandante sul mare di nebbia che, di spalle, sulla vetta di una montagna sovrasta il mondo. Altro che atmosfere rarefatte! Altro che orgogliosa solitudine dell'eroe solitario. Il postfascista Alemanno guida i topi e i topastri nel formaggio familista. Povero Alemanno, tiene 854 famiglie.

Scritto da Quotidiano La Repubblica   
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