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Lo scempio dell'ipocrisia
Venerdì 31 Dicembre 2010 09:04

benedetta_tobagi

di BENEDETTA TOBAGI Attendiamo oggi, con preoccupazione, l'ultimo atto del presidente uscente Lula, che deve decidere se negare (secondo il parere già espresso dall'avvocatura di Stato brasiliana) l'estradizione del terrorista pluriomicida Cesare Battisti, un criminale comune "politicizzatosi" in carcere, dopo l'incontro col militante dei Pac Arrigo Cavallina, e condannato in contumacia con una sentenza la cui correttezza - con buona pace di Fred Vargas - è stata riconosciuta anche dal Tribunale supremo federale del Brasile.

Il pensiero corre ai famigliari dei quattro uomini per i cui omicidi Battisti è stato condannato: il maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, 52 anni, del poliziotto 25enne Andrea Campagna, il gioielliere Torregiani, 43 anni, il macellaio Lino Sabbadin, 46 anni, assassinati tra il '78 e il '79. La concessione dell'asilo politico a Battisti sarebbe l'ennesima ferita, per loro e per la giustizia italiana.

Nell'attesa, profondo è lo sconcerto per le cronache e i retroscena politici emersi negli ultimi giorni. La pagina nera della gestione vergognosa di questa vicenda di estradizione va ad aggiungersi alle gaffes collezionate dal premier Silvio Berlusconi all'estero, oggetto di scherno (per gli stranieri) e profondo imbarazzo (per buona parte dei cittadini italiani), che negli anni hanno degradato l'immagine dell'Italia e della sua diplomazia. E sì che la vicenda è antica, e si sa quanto sia delicata, su molteplici fronti. Nel campo dei rapporti bilaterali, la legittima

domanda della giustizia italiana si scontra con la Realpolitik, nutrita dai fortissimi interessi economici che legano Italia e Brasile: basti ricordare che Lula l'altroieri stava inaugurando un nuovo stabilimento Fiat in Brasile, oppure Telecom, che considera il Brasile "una seconda patria", o l'accordo di partnership militare, 5 miliardi di forniture militari da Finmeccanica e Fincantieri (che imporrebbe al ministro della Difesa La Russa un imbarazzato silenzio, anziché dichiarazioni ammiccanti a un generico boicottaggio). Sul fronte interno del Brasile, dove si profila una frattura tra il Tribunale supremo federale e il presidente con i lobbisti pro-Battisti del Partito dos Trabalhadores, legati da vecchie amicizie e interessi più o meno inconfessabili. In Italia, non si tocca solo una ferita aperta: il no di Lula significherebbe essere bollati davanti all'opinione pubblica internazionale dal leader di un partner strategico nonché decima potenza economica del mondo come una specie di dittatura fascista con tribunali inaffidabili e carceri stile Guantanamo, dove l'"eroico combattente politico" redento rischierebbe la vita. La mancata estradizione sarebbe un oltraggio allo stato di diritto in Italia.

Tempo ce n'era, gli incontri non sono mancati. Il Parlamento aveva dato nel novembre 2009 una rara prova di serio impegno bipartisan, a dimostrazione dell'importanza politica del caso Battisti. Invece si è lasciato esplodere il bubbone. Ora i politici di centrodestra si affannano a ostentare atteggiamenti intransigenti e stracciarsi pubblicamente le vesti - almeno sulla scena - ma cos'hanno fatto, nella sostanza, per cercare di gestire, politicamente, diplomaticamente, una crisi che si trascina da anni? Proprio la classe di governo che non perde occasione di agitare in maniera intimidatoria e falsificante lo spettro di un ritorno degli "anni di piombo" (risuona ancora l'eco delle "parole in libertà" di Gasparri che disserta di "7 aprile" senza sapere di cosa si tratti, e sbagliando persino l'anno), ha dimostrato di essersi mossa in modo goffo e ipocrita in una questione concreta, una ferita aperta lasciata dalla stagione dei terrorismi italiani. Abbiamo appreso, peggio!, di rassicurazioni e "garanzie" offerte in privato da Berlusconi che il no all'estradizione non avrebbe creato problemi. Se si può dubitare della buona fede del senatore brasiliano Eduardo Suplicy, fiero sponsor di Battisti, altrettanto triste scetticismo suscitano le smentite da Palazzo Chigi da parte di un premier che è uso invalidare dichiarazioni battute dalle agenzie e riprese dalle telecamere. Sarà stato "frainteso" ancora una volta?

È la Realpolitik, il diritto che si scontra con la ragion di Stato. Ma i cittadini hanno diritto di pretendere che venga risparmiato loro lo scempio dell'ipocrisia, il disprezzo esibito per la giustizia. Questo teatrino è sale sulle ferite aperte nella carne della verità storica, continuamente sfregiata, dalla visione fantapolitica dei brasiliani, dalle ricostruzioni sentimentali di Carla Bruni Sarkozy, che come ex modella e cantante non pare persona titolata a offrire ricostruzioni perspicue sul terrorismo diffuso di fine anni Settanta.

Dopo il no dell'avvocatura ci sono poche speranze. Vedremo cosa farà, concretamente, il governo, per dar seguito alle dichiarazioni di sdegno della notte scorsa. Intanto, ancora una volta, la sua condotta sciatta nella gestione del caso Battisti torna a ricordarci quanto poco la legge sia uguale per tutti, e sempre vacilli davanti agli interessi economici. Sarebbe davvero un brutto modo di chiudere il 2010.

Scritto da Quotidiano La Repubblica   
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