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Inquinamento ambientale e se lo chiamassimo crimine?
Sabato 05 Marzo 2011 08:34

ecomafia

Il male può essere commesso senza che vi sia al centro della scena un attore visibile. Si possono compiere i peggiori crimini verso l'umanità, diceva Hannah Arendt, semplicemente rimanendo nella mediocrità. La banalità del male ha l'aspetto di un sistema impersonale - una sorta di burocrazia che agisce lungo una catena differita di effetti, senza bisogno che intervenga una responsabilità specifica. In qualche modo è così che appaiono oggi i disastri ambientali, eventi globali che accadono senza un artefice umano. Proprio sul tema dei crimini contro l'ambiente si è tenuto a Torino l'incontro conclusivo delle Settimane della politica, una rassegna ideata da Angelo d'Orsi (via Verdi 25, ore 9,30). Tra gli ospiti, Guido Viale, saggista ed economista.

Il problema è che spesso i disastri ambientali, specie quelli globali, appaiono processi impersonali, non riconducibili a responsabilità specifiche. O no?

I crimini sonocomportamenti non sanzionati dalla legge che però comportano un danno per la collettività e, nella fattispecie, per l'ambiente. Per quel che riguarda i reati ogni anno Legambiente pubblica un rapporto sulla criminalità ambientale spaventoso. Si indicano i reati denunciati oppure oggetto di procedimento penale oppure già sanzionati con una condanna. I settori principali sono la gestione dei rifiuti, l'inquinamento dell'ambiente e l'edilizia abusiva. La quantità di comportamenti illeciti che avvengono in Italia, in questi ambiti, è impressionante. Quelli censiti da Legambiente riguardano la piccola parte di reati denunciati. Ce ne sono tanti altri che non vengono neppure individuati le cui conseguenze affiorano ad anni di distanza quando non si è più in grado di risalire all'origine. C'è anche una carenza legislativa in Italia, nel senso che i reati ambientali non sono inseriti nel codice penale. E' in corso da tempo una battaglia del mondo ambientalista perché ciò avvenga. Non permuovere una critica alla Costituzione che va benissimo com'è - è stata scritta in un periodo in cui la questione ambientale non era all'ordine del giorno - ma bisogna dire che la tutela dell'ambiente non figura mai. Si nomina solo il paesaggio, cioè l'aspetto visivo e pittoresco. Ma al di là dei reati definiti dalla legge c'è un universo di crimini lesivi dell'ambiente - e della convivenza umana in generale - che è molto più ampio. Si tratta di comportamenti che hanno conseguenze così estese da rendere difficile risalire alle cause. L'inquinamento degli oceani e dei fiumi, l'emissione dei gas serra, la deforestazione sono processi planetari talmente globali e macroscopici che è arduo ricondurli a comportamenti di singoli individui. Ci troviamo in presenza di una crescita delle violazioni delle leggi, dovuto in parte anche a un cinismo delle classi dirigenti e di governo che invita apertamente a trasgredirle. Eppure, ciononostante, è cresciuta una coscienza civile in campo ambientaleche comincia a considerare comportamenti lesivi della società e del futuro dell'umanità una serie di comportamenti che non contemplati come reati da nessuna legislazione del mondo. L'emissione dei gas serra e i processi di combustione hanno raggiunto livelli che, in assenza di limiti, mettono ormai in forse l'avvenire del nostro pianeta. La novità in campo culturale e giuridico è rappresentata dalle Costituzioni dell'Ecuador e della Bolivia che sono state riscritte negli ultimi anni e che hanno incluso tra i principi fondamentali il reato contro la natura - quella che chiamano madre terra, pachamama in lingua quechua. Nella conferenza di Cochabamba dell'aprile dell'anno scorso è stato chiesto all'Onu una serie di sanzioni nei confronti dell'emissione di gas serra oltre i limiti fissati da un programma di rientro entro il 2050, oltre che l'istituzione di un tribunale internazionale per la persecuzione dei reati ambientali a livello planetario. Ma ci vorrebbe il consenso di un numeromaggiore di Stati, altrimenti non si vede come si possa passare dalla denuncia generica dei rischi di questo modello di produzione e di consumo alla imposizione di limiti per legge. Siamo lontani, ma è una strada che comunque va perseguita, a maggior ragione in un contesto internazionale di grandi sconvolgimenti, sia in campo economico sia in campo geopolitico. Bisogna pensare e agire alla grande.

In certi casi è complicato immaginare strumenti legislativi, soprattutto nei riguardi di crimini ambientali che hanno dimensione planetaria. Non sarebbe meglio aggiornare le prerogative delle nostre democrazie e pensare a forme di controllo su come si produce e come si consuma?

Questo è il tema della conversione produttiva e della conversione ecologica, cioè di una green economy effettivamente percorribile. Ma è un problema politico così vasto che, a mio parere, conviene separarlo dal problema del crimine ambientale di carattere globale. L'istituzione di un tribunaleinternazionale, ad esempio, se avesse l'avallo dell'Onu, potrebbe cominciare a funzionare anche in mancanza di leggi statuali a cui riferirsi. Un precedente c'è, e anche molto importante, il tribunale di Norimberga, che ha perseguito una serie di individui - non di Stati - per delitti contro l'umanità in mancanza di una legislazione positiva internazionale. La creazione di un tribunale analogo per la persecuzione dei delitti ambientali non dovrebbe necessariamente venire dopo l'adozione di politiche concrete di riconversione produttiva. Sarebbe un'iniziativa da promuovere indipendentemente dai progressi effettivi nel cambiamento degli assetti produttivi.

Un altro fenomeno macroscopico riguarda la gestione dei rifiuti, intorno alla quale si forma un intreccio tra malaffare, economia criminale e devastazione ambientale.

E' fondamentale, forse è il maggiore scandalo politico in Italia, è il campo nel quale il reato ambientale è più frequente. Ma se si va allaradice delle cose ci si rende conto che è solo un aspetto di una questione più generale: la gestione delle risorse. Se si consumano meno risorse e le si valorizza di più, automaticamente si producono meno rifiuti. La politica più strategica di trattamento dei rifiuti nel lungo periodo è sicuramente quella sintetizzata dalla formula "rifiuti zero" o "riciclo totale". Magari sarà un ideale asintotico, un dover essere, però ci si può avvicinare sempre di più. Non c'è altro modo. Si tratta di valorizzare tutte le risorse fisiche che estraiamo dalla terra senza sprecarne nessuna, senza destinare al non uso e all'inquinamento la componente principale di ciò che utilizziamo. Le prescrizioni dell'Unione Europea sono chiare: primo ridurre la produzione dei rifiuti; secondo, riciclare per ricavare più materia possibile dai prodotti scartati - potremmo anche non chiamarli rifiuti. Tonino Bucci

Scritto da Mario Arpaia   
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