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P2, Cicchitto nei diari di Tina Anselmi
Mercoledì 23 Marzo 2011 18:52

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Tina Anselmi

Si è presi da vertigine, senso di smarrimento, ma anche da un sentimento che assomiglia alla nostalgia – nostalgia di un Paese non ancora narcotizzato – a leggere i 773 appunti di Tina Anselmi scritti durante la sua presidenza della Commissione bicamerale inquirente sulla P2 di Licio Gelli dal dicembre 1981 al luglio 1984 e ora divenuti un libro di 550 pagine, da domani nelle librerie: La P2. Nei diari segreti di Tina Anselmi. A cura di Anna Vinci, edito da Chiarelettere. Esce nel trentennale della scoperta dell'elenco della loggia massonica (17 marzo 1981). Una ragnatela impressionante: 12 generali dei carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dell'Esercito, 4 generali dell'Aeronautica, 44 parlamentari, 2 ministri, un segretario di partito, giornalisti, faccendieri, magistrati, imprenditori. Oggi uno degli affiliati, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sta per approvare la sua 37esima legge ad personam: la prescrizione breve.

Dalle carte di Tina Anselmi: "30 ottobre 1981. Ore 17,15. Sono convocata dall'onorevole Iotti, e mi propone di assumere la presidenza della Commissione inquirente. Chiedo quindici minuti di riflessione. Sento per telefono Leopolodo Elia e mi consiglia di accettare. Mi telefona Piccoli. Mi fa gli auguri, m'incita ad andare avanti: con il partito non interferirà: è interessato a che si faccia luce".

Il 5 dicembre scrive: "I socialisti sono terrorizzati". È socialista Fabrizio Cicchitto. Verrà sentito il 10 giugno 1982: "Entrai nella massoneria per avere protezione, sicurezza. Era un momento difficile della mia vita personale e politica, lettere anonime che descrivevano nei particolari la mia giornata. Gelli dava l'impressione di un'intelligenza modesta". Gelli ha il suo quartier generale all'Hotel Excelsior, nel cuore della Roma del potere, dove riceve Maurizio Costanzo che gli farà un'incredibile intervista per il Corriere della Sera, segno che la P2 aveva infestato anche il maggior quotidiano italiano. "Valuto Gelli un abile uomo d'affari, che mescolava piccole verità a millanterie" dirà Costanzo alla commissione il 2 febbraio 1982.

L'anno scorso, Giorgio Stracquadanio, uno dei pretoriani del Pdl, definì la P2 "il primo brand politico-giudiziario, nulla di pericoloso".

Ma c'è da avere paura. "Ho avuto segnalazioni preoccupate per il pericolo in cui sarei. Avvertimenti anche di stampo mafioso" scrive Tina Anselmi il 20 ottobre 1982.

All'epoca ha 54 anni. Famiglia cattolica del Veneto bianco. Da ragazza ha fatto la staffetta partigiana, poi la laurea in Lettere alla Cattolica, quindi l'approdo nella Democrazia cristiana. Deputata nel 1968, primo ministro donna in Italia nel 1976. E' un Paese sfibrato dagli anni di piombo – Mario Moretti, il capo delle Br, sarà arrestato in quei giorni a Milano, l'inizio della fine – ma le sezioni dei partiti sono ancora piene, la forza della Costituzione viva, "è difficile a distanza di anni rendere l'idea del clamore che quello scandalo suscitò", scrive Giovanni Di Ciommo, il segretario della Commissione sulla P2.

Tina Anselmi deve sentirsi molto sola a volte. Sfila davanti a lei il gotha del Paese. Fa impressione l'audizione di Giulio Andreotti, l'11 novembre 1982. Non ricorda nulla. "Interferenze o preferenze organizzate da parte della massoneria non ne ho colte. La massoneria è piuttosto impalbabile". Bettino Craxi minimizza: "Della P2 non sapevo nulla, al di là di qualche battuta scherzosa. Con i giudici poi faremo i conti...". Evita la convocazione invece Berlusconi, all'epoca ritenuto una figura di secondo piano. Il Cavaliere s'è iscritto nel 1978, tessera 1816.

Ritiratasi nella sua casa di Castelfranco Veneto, Tina Anselmi ha custodito per anni il suo diario, note vergate con grafia minuta, affidandole infine ad Anna Vinci, scrittrice, regista. Spaccati di sconcerto: "Com'è possibile che Piccoli, Berlinguer e Andreotti non sapessero della P2 prima del 1981?" annota il 26 gennaio del 1984 dopo un incontro con Marco Pannella.

Tutto a volte sembra tornare in questo Paese: Flavio Bisignani è al centro dell'ultima inchiesta di Napoli, e Flavio Carboni (il cui nome compare negli appunti 50 volte) s'è appena fatto sei mesi di galera per la P3. Scrive Anna Vinci: "E' impressionante notare come, in questi trent'anni, si siano rafforzate le ossessioni che erano di Gelli, quelle per il controllo della magistratura e dei mezzi di comunicazione".

Scritto da Quotidiano La Repubblica   
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