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Il diritto e la rabbia delle vittime
Domenica 24 Aprile 2011 15:55

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Battersi per la giustizia rifiutando la vendetta. Un'ovvietà se a proclamarlo è un giurista di uno Stato di diritto qual è il nostro, molto meno se a chiederlo è la vittima innocente di un abominio chiamato terrorismo.

Pierluigi Concutelli è un ex terrorista degli anni settanta di matrice neofascista, condannato a tre ergastoli dopo trentadue anni di reclusione è tornato in libertà: pena sospesa fino al 2 marzo 2013 per motivi di salute. Concutelli, colpito da un ictus è incapace di parlare e di alimentarsi regolarmente.

L'estremista di destra, autore di diversi omicidi, è ricordato principalmente per l'assassinio del sostituto procuratore Vittorio Occorso reo di aver indagato sul terrorismo nero.

"La giustizia borghese si ferma all'ergastolo, la giustizia rivoluzionaria va oltre. Un tribunale speciale del M.P.O.N. ha giudicato Vittorio Occorsio e lo ha ritenuto colpevole di avere, per opportunismo carrieristico, servito la dittatura democratica, perseguitando i militanti di Ordine Nuovo, le idee di cui questi sono portatori" E' quanto si legge nel farneticante volantino che seguì l'esecuzione.

«Gli avrei dato la pena di morte. Perché non indica i mandanti?» E' il commento di Vittorio, nipote ventitreenne del giudice Occorsio alla notizia della scarcerazione dell'assassino di suo nonno.

«Non dimenticare caro Vittorio ma abbandona odio e vendetta» sono state invece le parole di suo padre Eugenio, che del giudice è figlio.

L'utopia di una società giusta scevra dal rancore ed il dolore incancellabile delle vittime, una dicotomia dinanzi a cui la mia coscienza non ha resistito.

Oltre a fare il giornalista avevo un altro grande sogno da realizzare: divenire un avvocato penalista. Anche il peggiore assassino - mi dicevo – merita di essere trattato con dignità.

occorsio

L'equilibrio del diritto ed il sacro rispetto delle sue forme, un mantra che ho venerato per tutti gli anni dei miei studi universitari fino a quando non mi sono imbattuto nello sguardo perso per sempre delle vittime.

E' stato allora che ho colto, rinunciando a quell'aspirazione così a lungo coltivata, l'assurdità necessaria in uno stato democratico di difendere in giudizio gli autori delle peggiori atrocità.

Ho imparato a non giudicare e soprattutto a rispettare il dolore di chi grida vendetta per un crimine che se non gli ha tolto la vita gli ha sottratto quanto meno la gioia dell'esistenza.

Caro Vittorio, hai tutto il diritto di proclamare il tuo strazio e la tua rabbia ma la più grande lezione di vita l'ho tratta da tuo padre Eugenio, vittima come te e forse ancor di più: "La liberazione dell'omicida non è inaccettabile, siamo di fronte ad un uomo a quanto pare plurinfartuato o qualcosa del genere, che si è fatto più di trent'anni di carcere. Cos'altro doveva accadere? La grandezza dello Stato, la tenuta delle istituzioni democratiche, si misura anche dalla capacità di non infierire inutilmente sui colpevoli".

Cordialmente

www.ondanomala.org

Scritto da Raffaele de Chiara   
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