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Sabato 10 Settembre 2011 15:02

torrigemelle

Università Popolare Como Auser

Associazione Memoria Condivisa Como Bari

Fiera del Libro Como

Domenica 11 settembre 2011 ore 16.30

Gerardo Monizza ha scritto

Non c'ero, ma ho pianto.

11 settembre e altre violenze

letto da Jasmine Monti

È successo, ma io non c'ero.

Tutto l'orrore delle bombe non l'ho visto.

Non sono una testimone.

Vivo nell'incertezza.

Sento come una sensazione

di fastidio e d'imbarazzo.

Non ero ancora al mondo che tutto stava scoppiando

da un pezzo:

guerre, bombe, banche, treni, stazioni, palazzi

e persone. Bambini.

Che roba da pazzi. Un rimbombo generale che ancora si sente

con un'eco che mai finisce

e che vi sta togliendo la voglia di vivere

- poveri adulti -

e a noi di crescere. Ma è normale?

Lo chiedo a voi che ci avete dato un mondo frantumato,

andato in schegge, malmesso e come minimo ammalato. Ma per chi ci avete presi?

Siamo qui da poco a respirare quest'aria triste e già abbiamo il sospetto che andrà a finire male;

ma sappiamo che dobbiamo reagire,

non accettare così quel che ci lasciate,

se vogliamo sopravvivere e subito non morire.

Ho rivisto le immagini mille volte:

ho visto un aereo volare dritto, poi un altro entrare in un palazzo come una lama nel burro; si capisce subito che non è pubblicità, uno spot, uno scherzo. Si vede chiaramente che non si tratta di un effetto speciale. Non c'è niente di digitale. È tutto vero; è tutto fatto per fare veramente del male.

Quella vicenda delle Torri non è un film, non è televisione. Non è – come voi dite – una finzione.

Sono rimasta senza parole, turbata e smarrita. Ho pensato: ma sarà questa la vita?

La vita, quella vera, la vita in diretta. La vita perfetta moderna e sociale, allegra spassosa ricca e normale?

Ho capito finalmente

che il dramma

può comparire d'un tratto evidentissimo, totale, detonante nella sua disumana violenza.

Ero lontana nel tempo, ma

ho capito che il dolore può colpirti a distanza.

Non ero ancora nata quando una bomba

- improvvisa feroce cattiva brutale assassina - è scoppiata

a Milano in piazza Fontana.

Mille e novecento sessantanove.

Ho guardato le foto e si vede dappertutto una polvere bianca che copre, morbida come ovatta, ma non pulisce l'orrore. È come una nebbia leggera sparsa su ogni cosa rotta, tra le carte sparpagliate, sulle sedie azzoppate, stesa sui vetri rotti. Piccole cose sulle pareti sopravvissute: un calendario sul muro ha i numeri rossi grandi; un orologio è fermo sulle sedici e trentasette.

È pomeriggio. Ma sembra una notte buia di terrore.

Sangue nero tra i detriti. Ho contato:

diciassette i morti, ottantotto i feriti.

Non ho capito perché l'han messa lì quella bomba, quasi di fianco al Duomo, proprio a Milano, un pomeriggio di dicembre; venerdì, dodici mi pare.

È segnato sul calendario appeso al muro; il foglietto non si è staccato. Non è neanche volato.

Una storia agghiacciante

e nera come l'inchiostro con cui son state scritte milioni di parole per raccontare le vittime scomparse, i carnefici mai trovati; parole che non ho letto. Che non leggerò mai. Che non risolvono niente; che non mi dicono niente

e non spiegano perché è morta tanta gente.

In una piazza di Brescia, una mattina

pioveva e il cielo era grigio.

Era il 28 maggio Mille novecento settanta quattro:

un martedì. In diecimila erano radunati: operai, studenti, insegnanti, giovani e vecchi, uomini e donne. Ragazzi e ancora bambini. Gente di ogni genere e tutti a manifestare contro il terrorismo neofascista.

Dicevano basta violenza. Gridavano basta aggressioni. Urlavano basta esplosioni.

Alle dieci e dodici minuti

scoppia un cestino portarifiuti.

Un oggetto comune banale mortale.

Otto i morti, centodue i feriti, tutti sono rimasti colpiti dal massacro in quella piazza

della Loggia, si chiamava.

Pioveva e in cielo le nubi erano gonfie di tristezza.

Poi subito hanno coperto...

hanno coperto i morti con le bandiere e gli striscioni

con i pali han fatto delle croci;

con gli ombrelli mettevano le protezioni

...per non far vedere.

Poi, per quarant'anni, è rimasto coperto tutto. Ancora.

Quanti anni sono passati, da quei mille attentati;

uno al giorno – si può dire – e tutti vili e insensati.

L'elenco che avete lasciato sulla carne è infinito, lungo e doloroso come le pagine del mio libro di storia: ogni foglio ha un fatto triste da raccontare; ogni riga un lutto da ricordare; ogni parola una vita da cancellare.

Ogni luogo è una strage da segnare:

Portella della Ginestra - mitragliata sulla folla, Reggio Emilia – fuoco sugli scioperanti, Milano - banca che salta, Gioia Tauro - rotaie sconquassate, Peteano - auto che scoppia, Roma Primavalle - casa incendiata, Milano Questura – bomba sui passanti, Roma Fiumicino – esplosivo sull'aereo. A Brescia – una piazza violentata, a Padova – una sede di partito a fuoco, a San Benedetto Val di Sambro – l'Italicus, un treno che salta in aria, a Roma via Fani – la scorta decimata, nel cielo di Ustica – un aereo che scoppia in volo colpito

da chissà chi...

Volete che vi dica il totale dei morti.

Se avete pazienza vi conto i feriti.

Se volete ascoltarmi con calma l'elenco continua e nel calendario delle stragi si mischiano politica malata, mafia violenta, servizi segreti deviati, terrorismo internazionale, brigatisti criminali, stragisti malvagi, mitomani, comuni assassini, giovani illusi, cattivi maestri. Non so chi siano. Non li conosco. Che caos.

Come posso capire quello che è successo?

Sono storie terribili di bombe messe a caso, di vittime inconsapevoli, di carnefici impuniti.

Ho ascoltato con attenzione i vostri racconti;

ho visto qualche film in televisione.

Che confusione.

Gente impotente con lo sguardo vuoto, le braccia tese, la bocca semiaperta, la voce strozzata.

Incapaci di gridare e di piangere.

M'è venuto un nodo alla gola.

Non ho subito pianto,

ma sento un dolore lontano

che sale dentro il cuore,

e mi fa male pensare a tutto quel dolore

che la cattiveria umana ha creato

in questi anni bui.

E a tutto l'orrore e l'angoscia e la paura,

di storie e racconti e vite a noi vicini

di uomini e donne morti,

contro il tempo e la natura.

Non ero ancora nata

quando una bomba è saltata

alla stazione del treno di Bologna.

Un sabato mattina.

Il mese era agosto,

due era il giorno,

l'anno era Ottanta

del sanguinoso Millenovecento.

Sono nata in quel secolo, proprio alla fine; speravo in quello nuovo di vedere meno lutti e di non sentire continui pianti, di non vedere funerali ufficiali trasmessi dalle televisioni nazionali, di non udire lamenti. Ma la televisione dà solo notizie di attentati, di uomini e donne scoppiati in ogni parte del mondo perché la storia di continuo si ripete. Questa lunga angoscia avrà mai fine?

Tanti anni sono gli anni - dal 2 agosto 1980 - passati.

Da allora sono milioni le parole spese per cercare di descrivere lo strazio e la sofferenza di quei momenti e per dare un senso alla perdita dei vostri cari. Per altre centinaia di famiglie è la stessa tortura, per migliaia di amici è la stessa amarezza.

Avete riflettuto - in questi lungo tempo – perché tanta brutalità. Riuscite a spiegarmelo?

Avete – lo so - incontrato testimoni; avete – ne sono certa - ascoltato voci discordi; avete – infine - cercato il silenzio. Meglio il silenzio.

Non avete ottenuto risposte certe; anzi non avete risposte.

Ma le domande erano giuste?

Un tempo amaro,

il Millenovecento: ventesimo secolo.

Un secolo di lutti

di morte, di sgomento e di compianto

per uomini e donne, tanti

e troppi anche i bambini che vivono

precari e incapaci di decidere da soli

i loro incerti destini.

Tutti morti quasi dimenticati perché la loro vita era fatta di niente. Non erano eroi e non hanno una storia importante tranne quella scritta il giorno della loro morte. Sono vite durate un lampo, esistenze brevi come il viaggio del treno sul quale sono saliti – per un accidente del destino – e non sono più discesi.

Non l'ho ancora letto, ma ci sarà certamente,

nei miei libri di storia, della paura delle gente, del panico per le strade, del coprifuoco come in guerra, dei controlli continui, delle leggi speciali, delle carceri strapiene, dei processi infiniti, degli assassini impuniti.

Rimane una paura generale.

Io paura non ho.

Guardo ad occhi aperti

e vedo che il mondo cambia lentamente.

Troppo.

Ero appena nata.

Ho visto un film,

una mattina di settembre,

parlava solo di dolore.

Ero piccola.

Avrei voluto sentire tenerezza

e ascoltare – invece -

parole d'amore.

Spiegatemi. Sento una musica stonata. Che rovina a tutti la giornata, che a molti toglie la vita. Non ci dovrebbe essere armonia di suoni e di idee? Mi avete parlato di tolleranza quando voi praticate la violenza. Sento che la differenza è un'arma non un valore. Gli altri, i diversi vi fanno solo terrore.

C'ero, la mattina dell'11 settembre, un martedì

- sono certa - del Duemila e uno.

Ero piccola.

Vedevo e non capivo. Guardavo cadere figure nere dal cielo, tra le nuvole e il fumo. Non era una favola; non era un cartone. Era un pezzo di vita che andava sparendo. Quasi tremila esistenze volate dal cielo alla terra. Sono morte tutte scivolando all'ingiù. Pensavo che per andarsene si dovesse salire in cielo all'insù.

Così lievemente nel fumo sono sparite. Non sono salite.

Avranno trovato spazio in paradiso?

Dalle Torri alte di acciaio e cristallo rovente sono precipitate persone, non ombre.

Esseri umani senza colpa

che andavano al lavoro come ogni giorno e che volevano una vita normale.

Erano uomini e donne di novanta paesi. Così è stato colpito il mondo.

Un lutto di massa che ancora non ha trovato serenità e che si trascina in azioni sempre violente e in soprusi infiniti. La mano assassina ha ottenuto altro sangue innocente. La sua lotta criminale continua.

Sono immagini forti che ho visto mille volte.

Come voi del resto.

Lo spettacolo dell'incendio e delle implosioni delle Torri superbe ha avuto riflessi immediati sull'animo di tutti, anche dei più cinici. Persino i più distratti sono stati catturati dall'impatto potente che hanno trasmesso quelle scene sconquassanti. Tutti, osservando le riprese trasmesse e poi ripetute all'infinito dalle televisioni del mondo, le hanno ritenute – in un primo momento – incredibili.

Le cronache erano agghiaccianti:

Discesa lenta di corpi che agitano le braccia e le gambe;

grida inudibili che si possono solo immaginare;

vite che scompaiono in dissolvenza sul fondo incendiato;

morti senza pudore, oscene. Davanti al mondo eccitato.

Poi la visione diventava reale e, nel breve tempo in cui la tragedia si compiva, spontanea sorgeva una domanda: perché? e chi ha immaginato un gesto così tremendo?

Non subito (non quella mattina dell'11 settembre a New York) e nemmeno dopo

(quando le due Torri erano diventate solo macerie da spostare

e i corpi solo cenere da pulire) una risposta "esatta" è stata possibile e questo disagio avrebbe alimentato reazioni a catena e altro terrore, altre guerre.

Di fronte a tanta sconsiderata violenza,

si cominciò – tuttavia – a pensare all'attimo

in cui tutto era iniziato. Scorrendo all'indietro le sequenze di morte si voleva ritrovare l'esatto momento del principio. Per capire com'era successo. Bisognava finalmente ragionare.

E non smettevate mai di parlare

altrimenti il terrore non vi passava dalla mente

e mentre la televisione annunciava e scandiva,

il numero dei morti continuamente,

qualcosa o qualcuno in terra o in cielo scompariva.

Oggi. Mai potremo dimenticare

la nausea che ci fate provare

guardando dietro le vostre vite

dolenti, amare.

Nessuno potrà neanche scusare la rimozione dei fatti avvenuti in quegli anni. Possiamo credere che appena un velo d'oblio si stenderà sulle cattive cose, che troppo riempiono la vita, il vento della verità lo soffierà via e il disordine della memoria riapparirà in tutta la sua dannata crudezza e volgarità.

Morti, tragedie, sangue, bombe, scoppi, massacri, prima che comparissero sui televisori nelle case,

ben sparati nel colore del digitale - immagini

fissate con crudezza nell'alta definizione -

erano già avvenuti. Si erano già visti, li avevate vissuti e molti in prima persona. Quanti edifici erano esplosi, quanti treni saltati per aria, quanti aerei abbattuti e così tanti che neanche li avete contati. La dura realtà delle cose cattive di oggi sembrava farvi dimenticare l'origine antica di ogni crudeltà.

Senza ritornare indietro di millenni basta ricordare quella manciata di anni che vi siete lasciati alle spalle: appena un secolo.

Guerre, invasioni, sopraffazioni d'ogni genere attivate dall'instancabile mano dell'uomo violento, una specie tanto diffusa sulla terra.

L'attacco ai treni di Madrid, al sistema dei trasporti di Londra, alle Torri Gemelle, i camion lanciati contro le ambasciate, contro le caserme, i turisti massacrati, i bambini usati come proiettili, i civili ignari, la Croce Rossa, le forze di pace, gli ostaggi sequestrati. Non c'è tipologia di edificio né categoria umana che non siano stati presi di mira dalla violenza omicida del terrorismo internazionale.

Mentre tutto il mondo esplodeva avreste voluto scordare il recente passato ben segnato di orrori e di lutti. Troppi gli uccisi in nome di non si sa quale giustizia o idea o ideologia o magari anche fede. Burattinai e burattini sporchi di sangue hanno mostrato raramente il loro ghignoso ceffo e la giustizia – spesso – non ha saputo condannarli.

Mani sporche di sangue, strade coperte di sangue.

Tutta questa materia non può essere lavata

tutto questo dolore non può essere levato.

Ma la memoria dei popoli non può essere cancellata.

Qualcuno riesce a perdonare?

Quanti si dovranno ancora sacrificare perché gli uomini e le donne comprendano la necessità di trasformare in energia positiva tutto il loro livore, tutta la cattiveria, tutto il sangue nero di cui sono composti i corpi che popolano questo vostro dannato mondo?

Avete spostato gli obbiettivi, cambiato i metodi, affinato le strategie, ma non è diminuito il sangue versato. Sia per un nobile scopo che per un niente. E sempre il sangue chiama sangue e la morte chiama violenza.

Quante saranno le lacrime seminate; quante saranno in Italia e nel mondo le vittime della brutalità, dei terrorismi, delle guerre?

Voi non siete cambiati.

Non avete visto che il mondo è trasformato?

Noi l'abbiamo capito.

voi siete in grado di cambiare?

Troppi sono quelli che mettono i loro interessi prima del bene comune.

Allora non c'è speranza?

Forse la soluzione è ingenua, ma noi crediamo nella tolleranza

tra i popoli, nell'accettazione

delle diversità, nello scambio delle idee

condivise, nell'accordo tra le tante fedi;

tutti insieme in una grande e saggia umanità.

Vi manca il coraggio di gridare che il terrorismo è il passato.

Gridatelo!

La speranza è il presente.

La libertà dei popoli è il futuro.

La nonviolenza è la parola che unisce tutti

quelli che non vogliono il male.

Abbiate il coraggio di ascoltare che

questo vostro tempo è stato di distruzione

il nostro tempo sarà di riparazione:

dei sentimenti veri, dei contatti umani,

della voglia di vivere senza violenza,

in pace, il domani.

In questa vostra brutta storia io non c'ero.

Non c'ero, ma ho pianto.

Scritto da Gerardo Monizza Associazione Memoria condivisa - Como   
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