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RIPRENDIAMOCI LA RAI UNO SLOGAN PER TUTTI
Domenica 25 Settembre 2011 15:23

Cavallo

Ma la forza d' urto di Berlusconi non sta nel megafono che le sue televisioni gli assicurano. Sta nella conoscenza di quegli italiani individualisti senza Italia che le sue televisioni hanno maturato nel quindicennio precedente. (da "La mutazione individualista" di Giovanni Gozzini - Laterza, 2011 - pag. XII) Con l' inammissibile attacco al presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza, Sergio Zavoli, accusato dal direttore (uscente) del Tg Uno di essere un uomo di parte, la crisi della Rai è arrivata all' ultimo stadio: quello istituzionale. E la paralisi dell' azienda, rappresentata scenograficamente dai consiglieri della maggioranza con la decisione di far mancare il numero legale nell' ultima seduta per bloccare le nomine proposte dal direttore generale, ha raggiunto il punto di non ritorno. Siamo ormai a un passo dall' autodistruzione. La "direttora di latta", già clamorosamente smentita dal suo stesso consiglio d' amministrazione sul contratto con Serena Dandini per la trasmissione "Parla con me", ha dovuto subire così un nuovo colpo alla propria immagine e credibilità. Questa volta il suo pacchetto di nomine nonè stato neppure respinto, ma semplicemente congelato, rinviato, accantonato. E così la Terza rete, orfana di Paolo Ruffini passato nel frattempo a La 7, resta ancora priva di guida in attesa dell' insediamento di un professionista esperto e collaudato come Antonio Di Bella; mentre al Tg Due il direttore "ad interim", Marcello Masi, si accinge legittimamente a sostituire d' ufficio il dimissionario Mario Orfeo dopo una "vacatio" di oltre tre mesi. Ha un bel dire allora il presidente Paolo Garimberti che "la Rai è paralizzata dai giochi di potere". O il direttore generale, Lorenza Lei, che si rifugia nell' alibi del "vorrei ma non posso". Entrambi hanno il dovere morale di trarne le conseguenze, per impedire il disastro e favorire una svolta nella gestione fallimentare dell' azienda: altrimenti, rischiano di diventare oggettivamente complici di un crac. A questo punto, l' unica chance in mano al "presidente di garanzia" eletto da una maggioranza trasversale e ai consiglieri nominati dall' opposizione è quella di autosospendersi dal loro incarico: cioè di non partecipare più al consiglio di amministrazione, provocando magari un soprassalto di responsabilità da parte degli altri. Se i rappresentanti del centrodestra ricorrono addirittura al "filibustering", in senso parlamentare, cioè all' ostruzionismo che provoca appunto la mancanza del numero legale, che cosa ci stanno a fare ancora i consiglieri di minoranza? La guardia al bidone? I convitati di pietra? C' è a ben vedere un collegamento diretto tra lo stallo di palazzo Chigi e quello di viale Mazzini. È l' istinto di sopravvivenza e di autoconservazione che accomuna un gruppo di potere allo sbando. Un atteggiamento di arroganza e allo stesso tempo di paura e disperazione, da parte di una maggioranza che non c' è più. La Rai, si sa, è sempre stata nella sua storia il megafono del governo in carica. Ma ormai è diventata - per così dire - la "cinghia di trasmissione" tra il regime televisivo arroccato nel suo isolamento e il popolo italiano sempre più disorientato e sgomento. E come a palazzo Chigi, anche a viale Mazzini occorrerebbe un "governo di salute pubblica", un commissariamento, un direttorio, per uscire da un' impasse che mette a repentaglio il futuro del Paese e dell' azienda di Stato. "Riprendiamoci la Rai", esorta lo slogan con cui è scattata la mobilitazione dell' Usigrai, il sindaco dei giornalisti interni, in preparazione di uno sciopero di due giorni. Ed è giusto che lo dicano i dipendenti dell' azienda, a cominciare dagli oltre mille professionisti che - nonostante tutto - continuano quotidianamente a fare informazione o cercano di farla. Ma "Riprendiamoci la Rai" dovremmo ripeterlo tutti noi cittadini, telespettatori e abbonati, espropriati del servizio pubblico radiotelevisivo, vittime di una disinformazione di massa, tenuti a pagare un canone che non corrisponde al disservizio fornito. Alla mobilitazione aziendale, deve affiancarsi perciò una mobilitazione esterna, civile, popolare. Già qualche mese fa avevamo proposto qui una "class action" dei consumatori contro la Rai e contro i dirigenti infedeli che favoriscono la concorrenza. L' idea è sempre valida. Ma tante altre azioni si possono mettere in atto per esercitare una pressione sul vertice dell' azienda: dalla disdetta del canone al boicottaggio organizzato dei prodotti pubblicizzati negli spot sulle reti del servizio pubblico. Dobbiamo riprenderci la Rai per sottrarla alle grinfie di un premier "a tempo perso" che è anche il suo principale concorrente; alle mani di un potere ottuso e moribondo; alle brame di una partitocrazia che finora l' ha considerata terreno di scorribande politiche e clientelari. Oggi la televisione italiana è, purtroppo, lo specchio del Paese. Domani l' Italia potrà essere migliore, se sarà migliore la sua televisione. ( Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. ) - GIOVANNI VALENTINI

Scritto da Quotidiano La Repubblica   
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