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Semplicismo di piazza
Lunedì 10 Ottobre 2011 07:09

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Assolti per non aver commesso il fatto. Amanda Knox e Raffaele Sollecito non sono gli assassini di Merendith Kercher la ragazza uccisa a Perugia il due novembre del 2007 dopo un tentativo di violenza sessuale. E' il verdetto emesso dalla corte di Assise di Appello di Perugia lo scorso tre ottobre. I due in primo grado erano stati ritenuti gli autori del delitto assieme a Rudy Guedè. Quest'ultimo nel dicembre 2010 era già stato condannato in via definitiva a trent'anni di carcere. L'ivoriano avendo scelto il rito abbreviato sta scontando soltanto sedici anni di pena.

Una folla imbestialita al grido di vergogna, vergogna, ha assalito gli avvocati degli imputati ed i giudici che avevano appena emesso la sentenza al termine dell'udienza.

Scricchiolii, continui, insistenti, assordanti nella loro breve ripetitività, poi un tonfo, sordo. A Barletta sono morte così cinque persone, una ragazza di quattordici anni e quattro operaie del tessile che lavoravano in nero per quattro euro l'ora. Il crollo pare sia stato causato da alcuni interventi di ristrutturazione mal eseguiti nelle costruzioni vicine. Gli abitanti della zona più volte avevano segnalato crepe e strani rumori ma nessuna delle istituzioni competenti aveva emesso alcun provvedimento. Ai funerali il dolore si è mescolato ancora alla rabbia.

Due piazze così diverse eppure così uguali: difendevano la legalità ma sotto una spessa coltre di semplicismo.

Verità processuale e verità fattuale sono termini distinti e speculari, talvolta totalmente antitetici. E' lo stesso concetto di civiltà ad imporlo ma nessuno dei presenti fuori il tribunale di Perugia se n'è ricordato. Un gancetto del reggiseno contaminato e un coltello che da arma del delitto certa diviene probabile così come dimostrato dai periti nominati dai giudici, una serie di indizi che riletti in un ottica diversa regalano altre verità, sono gli elementi che hanno portato all'assoluzione degli imputati. Prove, quelle raccolte dagli inquirenti inesistenti ai fini di una condanna che non vuol dire innocenza fattuale di Knox e Sollecito. È la tesi più volte ribadita anche da Claudio Pratillo Hellman il presidente della Corte che li ha giudicati.

Meglio due colpevoli in libertà che un innocente in carcere ma la folla inviperita è assetata di vendetta vuole altro: la conclusione di un macabro reality che senza colpevoli è come un film giallo senza il finale; inaccettabile.

Lavorare in nero per meno di quattro euro all'ora, possibile, anzi una "fortuna" per chi ha la sventura di vivere al sud, ciò che indigna di più è il crollo di una palazzina sulle cui cause, sebbene già sussistano fondati sospetti, è ancora tutto in via di accertamento. Un evento contingente, un palazzo accartocciatosi su se stesso, che si sostituisce ad un fenomeno endemico, il lavoro nero ma di cui ormai nessuno si duole più. A morire sono state quattro donne che non dovevano essere lì a lavorare in quelle condizioni, prima che la palazzina crollata ad ucciderle è stato quello che solitamente chiamasi progresso e ricchezza ma alla folla non interessa la colpa è di chi ha fatto venir giù il palazzo.

Un Paese tronfio di giustizialismo e saturo di indifferenza per la tutela vera della dignità umana è l'ultimo portato di una società il cui futuro è già segnato: ostinarsi a scrutare l'orizzonte mentre a pochi centimetri dai propri piedi si apre l'abisso della barbarie.

Raffaele de Chiara

www.ondanomala.org

Scritto da Raffaele de Chiara   
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