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Il Futuro è la Pace
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La ballata del Michè
Venerdì 06 Gennaio 2012 17:32

carceri_italiane

Fabrizio de André

Quando hanno aperto la cella
era già tardi perché
con una corda al collo
freddo pendeva Michè
tutte le volte che un gallo
sento cantar penserò
a quella notte in prigione
quando Michè s'impiccò
stanotte Michè
s'è impiccato a un chiodo perché
non voleva restare vent'anni in prigione
lontano da te
nel buio Michè se n'è andato sapendo che a te
non poteva mai dire che aveva ammazzato
soltanto per te
io so che Michè
ha voluto morire perché
ti restasse il ricordo del bene profondo
che aveva per te
vent'anni gli avevano dato
la corte decise così
perché un giorno aveva ammazzato
chi voleva rubargli Marì
l'avevan perciò condannato
vent'anni in prigione a marcir
però adesso che lui s'è impiccato
la porta gli devono aprir
se pure Michè
non ti ha scritto spiegando perché
se n'è andato dal mondo tu sai che l' ha fatto
soltanto per te
domani alle tre
nella fossa comune sarà
senza il prete e la messa perché d'un suicida
non hanno pietà
domani Michè
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà
e qualcuno una croce col nome e la data
su lui pianterà.

Il gesto estremo,  togliersi la vita in cambio della libertà... uscire finalmente dall' inferno nel quale si è precipitati, darsi la morte per fuggire dagli incubi, darsi la morte come il male minore. In uno Stato di diritto è possibile riddurre le carceri peggio dei lager? Morire in carcere significa morire due volte.

M.Arpaia

Si è vero,
ma devo trovare la forza, perchè anche la mia dolcezza e umanità è importante in un luogo di sofferenza.
Speriamo che possano approvare presto altre misure tese a sfollare gli istituti penitenziari per ridare dignità a chi soffre la detenzione e a quanti, poliziotti, operatori sanitari ed educatori, lavorano in carcere.
E' una grande scommesssa che dobbiamo vincere.
intanto io posso offrire tanto coraggio e umanità a chi soffre, cercando di puntare a tutto ciò che può rendere questa esperienza meno dura.
Verranno tempi migliori, caro Mario. Ora dobbiamo essere forti. Già il nuovo Ministro ha mostrato sensibilità a questi problemi, e non è poco. Andiamo avanti.
Una operatrice carceraria

E' un vero e proprio stato d'emergenza quello delle carceri italiane. Non è la prima volta che il problema viene sollevato, non è la prima volta che entra nelle nostre case, ed è sempre lui Marco Pannella, leader dei Radicali, ad attirare l'attenzione con i suoi scioperi della fame e della sete. Il problema dovrebbe "indignare" tutti: giacché siamo in tempi d'indignazione generale, si potrebbe includere anche questo tra tutti i gravi disagi che gli italiani si trovano già a vivere.

di Federica Scorpo

I numeri testimoniano che chiamarlo disagio è un eufemismo: forse siamo più vicini ad una tragedia semi-quotidiana. In Italia sono presenti 206 carceri e 44mila posti branda contro 68mila detenuti. Ogni giorno avvengono almeno 20 tentativi di suicidio e dall'inizio dell'anno si sono uccisi 26 detenuti. Suidici che forse nascondono la disperazione non solo per la libertà privata, ma soprattutto per le condizioni delle carceri. Quasi il 40% dei detenuti soggiornano inoltre nelle carceri in attesa di giudizio, senza dunque sapere se sono o meno colpevoli.

Nel nostro paese, dal 2000 a oggi sono morti 1.800 detenuti di cui ben 650 per suicidio; e non sono solo i detenuti a pagarne le spese: nello stesso periodo di tempo si sono uccisi anche 87 agenti di polizia penitenziaria. Nel 2010, almeno 1.137 detenuti hanno tentato di togliersi la vita e gli atti di auto-lesionismo sono stati 5.703, contro i 3.039 ferimenti. La situazione diventa ancora più grave se si fa riferimento alle carceri-manicomio, alle condizioni igieniche e sanitarie, agli stranieri. La lista è lunga e complessa, le carceri sono quasi diventate un luogo dove depositare "detenuti", la cui dignità invece dovrebbe valere quanto un qualunque essere umano.

Così le associazioni a tutela dei diritti dei detenuti hanno annunciato tre giorni di mobilitazione dentro e fuori le carceri il 24, 25 e 26 giugno, in occasione della Giornata internazionale Onu contro la tortura. In tutta Italia prosegue l'iniziativa non violenta, in atto da settimane, che sta coinvolgendo oltre diecimila persone: detenuti e loro familiari, direttori delle carceri, agenti di polizia penitenziaria, avvocati, psicologi, volontari e semplici cittadini. Attraverso lo sciopero della fame, insieme al leader radicale Marco Pannella, si chiede un provvedimento di amnistia per i reati più leggeri, in modo da diminuire anche l'affollamento delle carceri. Una mobilitazione che ha come scopo principale ridare dignità ai detenuti.

Stamattina il Presidente della Repubblica Napolitano ha scritto una lettera a Marco Pannella, in sciopero da aprile, in cui chiede al leader dei Radicali di desistere, preoccupato della sua salute: "In nome non solo dell'antica amicizia ma dell'interesse generale, ti chiedo di desistere da forme estreme di protesta di cui colgo il senso di urgenza, ma che possono oggi mettere gravemente a repentaglio la tua salute e integrità fisica". Napolitano rassicura Pannella: "Le tue più recenti battaglie perché siano affrontate con forza le questioni del sovraffollamento delle carceri, della condizione dei detenuti e di una giustizia amministrata con scrupolosa attenzione per tutti i valori in giuoco, con serenità e sobrietà di comportamenti mi trovano particolarmente sensibile. Posso assicurarti che continuerò - come ho più volte fatto nel corso del mio mandato - a richiamare, e ne sento più che mai oggi l'urgenza, su tali questioni l'attenzione di tutti i soggetti istituzionali responsabili sollecitandoli ad adottare le indispensabili misure amministrative, organizzative e legislative"(dal Secolo XIX). Con la speranza che s'intervenga velocemente, al fine di evitare che all'interno delle carceri italiane si sfiori ogni secondo una nuova tragedia.

Il pasticcio del braccialetto elettronico Da Bulgari avremmo speso meno

ROMA - Anche il braccialetto elettronico può diventare una metafora del "mal d' Italia": com' è possibile che all' estero funzioni e da noi no? Il racconto dello stato dell' arte, fatto in presa diretta sia dai detenuti, sia da chi deve controllarli, è - purtroppo per i vari ministri e primi ministri - convergente: «Questi braccialetti, che poi sono delle cavigliere, sono delle baracche pazzesche. Non funzionano, i falsi allarmi non si contano, sono un problema nel problema», ci si sente dire. Con detenuti svegliati nella notte insieme con le famiglie, perché sembrava fossero in fuga. E con altri detenuti che se la sono svignata senza ostacoli, senza che nessuno che se ne accorgesse. Con pattuglie che corrono di qua e di là, inutilmente. Un catanese, poco più che trentenne, che dopo quelli che definì «tre mesi d' inferno», afferrò un coltello da cucina e spaccò il congegno, dichiarando: «Meglio il carcere, almeno potrò dormire». A Milano, nelle casette minime della periferia est, i passanti venivano spaventati da chi, affacciato alla finestra, poteva apostrofarli così: «Lo vedi che mi hanno messo il collare, sono malato di Aids, non ho da mangiare, non mi puoi aiutare. Vai al bar e portami una bottiglia, non ho niente da perdere...». Il governo Berlusconi, che si è contrabbandato come il "governo del fare", aveva approvato nel 2003 un accordo con Telecom, leggi Marco Tronchetti Provera non ancora travolto dall' inchiesta sui dossier illegali e sulle spie, che ci è costato ben 11 milioni di euro l' anno. «Avremmo speso meno da Bulgari», ha ironizzato ieri il vicecapo della polizia Francesco Cirillo. Il contratto è appena scaduto, per fortuna. Risultati ottenuti? Zero. Infatti, l' ex ministro degli Interni, Angiolino Alfano, per risolvere il problema del sovraffollamento nelle carceri aveva via via garantito la costruzione di otto nuovi istituti: mai successo. Annunciato di tagliare le spese sistemando almeno il buco delle casse dello Stato con le società d' intercettazione telefonica: altro bluff colossale, non risulta. E, ovviamente, di rilanciare l' uso del braccialetto: nonostante l' intervento di Niccolò Ghedini, che minacciava punizioni esemplari per chi se la fosse squagliata, tutte chiacchiere. Nel frattempo, gli esseri umani italiani che hanno avuto a che fare con questi sistemi di controllo elettronico, più metafisico che reale, tutti, e cioè poliziotti, carabinieri, detenuti, magistrati, hanno finito per scegliere senza eccezioni la sfiducia nella cavigliera Telecom. E l' hanno boicottata. La voglia di sicurezza delle città, legittima e sacrosanta, grazie a una "politica della paura" usata spesso dal centrodestra, ma non contrastata a sufficienza dal centrosinistra, ha avuto il risultato di riempire le carceri-è cronaca- soprattutto di poveracci. Dall' Unità d' Italia a oggi, nei 171 anni di storia italiana, non ci sono mai stati così tanti immigrati clandestini e tossici. E non si sono mai registrati così tanti detenuti per reati "senza vittima", dove cioè non esiste una persona danneggiata. La quota 68mila detenuti - quando i posti disponibili sono 44mila - è regolarmente superata. In cento posti-branda sono ammassate - per statistica - 152 persone, mentre la media europea è di 107 detenuti ogni cento posti. Nel periodo di Tangentopoli, tra il ' 92 e il ' 93, quando alcuni politici, imprenditori e finanzieri, entrarono in carcere, provarono quello stile di vita e ci furono alcuni suicidi, si disse in Parlamento: mai più, bisogna cambiare. Finita quella che era un' emergenza per i colletti bianchi, le carceri sono tornate un pianeta lontano, oscuro, sempre più oscurato, svuotato con indulti e amnistie, dove i suicidi si contano a decine. Oggi il nuovo Guardasigilli, Paola Severino, ha avuto l' idea di sospendere l' aiuto finanziario ai Beni culturali e dirottare 57 milioni dell' 8 per mille allo Stato su questa emergenza. In qualunque modo saranno spesi questi euro, ora che il contratto precedente è scaduto, una domanda è lecita: ma com' è possibile che, nell' epoca dell' Ipad, di Internet, delle mappe satellitari, dei sofisticati antifurto per auto, dei microchip, non si riesca in Italia a trovare un sistema efficace per sapere se una persona, più che identificata, resta o no nel raggio di 200 metri quadrati? - PIERO COLAPRICO

Scritto da Federica Scorpo e Piero Colaprico dal Quotidiano La Repubblica   
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