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Le responsabilità altrui
Lunedì 23 Gennaio 2012 07:43

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Superomismo e viltà, sono la forbice esistenziale che da sempre accompagna l'agire dell'uomo. L'incidente della nave da crociera "Concordia", l'ammiraglia di La Costa, avvenuta la scorsa settimana in prossimità dell'isola del Giglio ne è l'ennesima conferma.

Oltre quattromila person in balìa di un capitano, Francesco Schettino, che dapprima ha pilotato la nave come se fosse un gozzo avvicinandosi talmente tanto agli scogli da prenderne uno in pieno e poi è stato tra i primi a mettersi in salvo abbandonando l'imbarcazione e i suoi sventurati al loro destino.

Il bilancio ancora provvisorio parla di 11 morti e oltre 20 dispersi.

Le indagini sono ancora in corso e la magistratura accerterà le eventuali responsabilità penali di Schettino e dell'armatore. L'opinione pubblica intanto, unanime, ha già crocifisso il capro espiatorio: il comandante della nave.

Che il comportamento di quest'ultimo sia stato eticamente deplorevole non vi è dubbio. Chiunque sieda alla tolda di comando di una nave è obbligato ad abbandonare l'imbarcazione per ultimo come è altrettanto ovvio perfino a chi non è mai andato per mare che avvinarsi eccessivamente agli scogli costituisce un azzardo che è sempre bene evitare. Tutti però evitano di soffermarsi su un altro aspetto: chi ha concesso a Schettino di pilotare navi? Chi sono stati coloro che nel corso degli anni hanno favorito la sua ascesa e spianato la strada alla sua brillante carriera? Nessun intento polemico, la buona fede di tutti gli esaminatori che nel corso del tempo si sono imbattuti nel simpatico scugnizzo di Meta di Sorrento è fuori discussione, ma quanto pesano i morti di oggi sulla loro coscienza?

Leggo le testimonianze degli scampati, guardo i fotogrammi del relitto e quelle del capitano, dapprima felice e sorridente e poi stordito ed impaurito.

Alla rabbia però da subito si sostituisce il ricordo di una vecchio aforisma.

Si racconta che durante uno spettacolo teatrale dal loggione un disturbatore non smetteva di insultare l'attore in scena impedendogli di recitare. Ad un tratto il maestrò si fermò e rivolgendosi a lui disse: "Non me la prendo con te, sei troppo stolto per capire ma con chi ti siede accanto, ti avrebbe già dovuto buttare di sotto". Ecco, il mio sdegno non è tanto per chi in preda ad un irrefrenabile megalomania dapprima sfida la natura e poi sconfitto fugge via come un codardo ma è soprattutto rivolto a tutti coloro che nel corso degli anni, pur potendo, non hanno impedito che la vita di quattromila persone potesse finire in mano ad un inetto.

Raffaele de Chiara

www.ondanomala.org

Scritto da Raffaele de Chiara   
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