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Diritto all'oblio?
Domenica 05 Febbraio 2012 07:38

LeviRicorda

Shema'

[Ascolta]

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case

Voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo,

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per mezzo pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi:

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi, 10 gennaio 1946

Chiunque reclami il proprio "diritto all'oblio", la questione posta, intrigante sul piano della filosofia giuridica, sottende quest'altra: "è possibile cancellare il ricordo di un soggetto collegato a eventi che via via formano il trascendente mosaico di conoscenza-memoria che si compone nella "coscienza collettiva dell'umanità"? Dove passerebbe il limite, quasi di "summum ius summa iniuria", tra la volontà comprensibile del singolo a voler essere cancellato da ciò a cui egli ha in qualche modo contribuito e quella insondabile della collettività a conoscere/non dimenticare? Quale "autorità" potrebbe fissarlo in una norma, magari transnazionale? Come si coniugherebbe con pretese diverse, magari opposte di chi non vuole essere dimenticato, magari per rivendicazione o esibita notorietà, di compartecipi, correi, vittime, se non di studiosi, ricercatori, chiunque voglioso di verità...? Una studiata, magari costosa, pretesa del "diritto all'oblio" non potrebbe sottendere proprio a lunghi strumentali contenziosi di visibilità? E la sommatoria del "diritto all'oblio" di tanti singoli non aprirebbe sentieri di un "diritto di oblio di gruppo", magari verso sottili revisionismi? Arduo suggerire qualcosa! Forse due riflessioni. La prima: il reclamante dichiara, si è letto, di essersi affermato malgrado il suo menzionato passato. Ciò significa che la società gli ha dato opportunità e mezzi perché avvenisse, senza l'oblio che pretende! Non è la dimostrazione che tutto si inquadra nella "coscienza collettiva" con la saggezza del tempo? Perché non fare della sua esperienza un "valore aggiunto" che contribuisca alla crescita del convivere sociale? Che forza pedagogica se rivendicasse: a ciascuno, come a me, è sempre data la possibilità di superare ogni passato, qualsiasi esso sia! La seconda: pensi ai tanti Caduti per la legalità, la verità, la giustizia e la democrazia di questo Paese che non potranno mai reclamare alcun "diritto all'oblio". Né lo potranno le vedove e i figli per cui più che ogni pretesa di oblio vale l'esortazione per tutti, magari senza la maledizione, di Primo Levi: "meditate, che questo è stato".

www.enniodifrancesco.it

Scritto da Ennio Di Francesco   
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