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La lunga notte della Repubblica
Domenica 24 Giugno 2012 08:16

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Contattare il Quirinale per sollecitare un coordinamento tra diverse procure della Repubblica che indagano sulla famigerata trattativa Stato-mafia degli anni 92/93 . Protagonista della vicenda Nicola Mancino, attualmente indagato nella medesima inchiesta per falsa testimonianza e uomini vicinissimi al capo dello stato Giorgio Napolitano. Secondo le intercettazioni pubblicate sui mass-media, l'ex ministro dell'Interno e vicepresidente del Csm, dopo alcune sue audizioni in veste di testimone presso i magistrati che indagano sul presunto patto tra Cosa nostra ed apparati dello Stato, avrebbe sollecitato Loris D'Ambrosio affinchè intercedesse presso Napolitano per far sì che vi fosse una maggior uniformità di azione tra i giudici delle varie procure.

Stigmatizzare l'ignobile azione di uomini delle istituzioni è esercizio blasfemo nella nostra sgangherata democrazia ecco quindi che la levata di scudi da parte di uomini politici e intellettuali è stata tutta a favore del Colle e di Mancini.

"E' inaccettabile attaccare l'ultimo baluardo posto a difesa della costituzione" è stato lo slogan più o meno condiviso dietro le cui vestigia si sono riparati il segretario del Pdl Angelino Alfano, il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, il leader del Pd Gianluigi Bersani e quello dell'Udc Pierferdinando Casini.

Unica voce dissonante quella del solito Di Pietro che attacca il colle sottolineando come la legge in Italia in fondo sia ancora uguale per tutti.

Al di là dei soliti sofismi con cui si tenta come al solito di sminuire la reale portata degli eventi, è giusto tentare di analizzare i fatti in maniera semplice e comparativa.

Cosa sarebbe successo se al posto della telefonata di Mancino fosse giunta al colle la chiamata di un di un signor nessuno ascolta to come testimone. Il dottor D'Ambrosio sarebbe stato ugualmente così disponibile e prodigo di consigli? Davvero il Quirinale nell'esercizio delle sue funzioni, come sottolineato con foga da Scalfari in questi giorni, è così disponibile ed aperto al dialogo con tutti i cittadini che tentano di contattarlo?

Se c'è una cosa che non capisco degli italiani è come essi amino l'ipocrisia.

Al di là della presunta rilevanza penale del comportamento di Mancino e del Colle tutta da accertare nelle opportune sedi giudiziarie, ce n'è una, politica, dinanzi alla quale nessuno può tacere.

Se un ex uomo delle istituzioni nella sua veste di privato cittadino può arrogarsi il diritto di chiamare la più alta carica dello Stato e dolersi del malfunzionamento della giustizia, non siamo più dinanzi ad una dialettica fisiologica tra potenti bensì all'ennesima conferma della patologia che affligge la nostra democrazia: il machiavellico fine che giustifica i mezzi.

Evidentemente per quei pochi che ancora credono nella giustizia e nell'onestà la notte della nostra repubblica è ancora di là da passare.

Raffaele de Chiara

www.ondanomala.org

Scritto da dott. Raffaele de Chiara giornalista   
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