Iscriviti alla Newsletter:
Il Futuro è la Pace
Home Notizie Addio a Shlomo, raccontò la Shoah ai ragazzi
Addio a Shlomo, raccontò la Shoah ai ragazzi
Mercoledì 03 Ottobre 2012 16:45

 

shlomo-venezia

PAOLO G. BRERA

È morto a 88 anni Venezia, sopravvissuto ad Auschwitz: i nazisti lo

costrinsero a lavorare in uno dei forni crematori

ROMA Lui cera. Shlomo Venezia, ebreo catturato a Salonicco nel 44 e trasportato ad

Auschwitz con tutta la famiglia, se nè andato via per sempre ieri mattina, a 88 anni: era

scampato allo sterminio «per caso», ma portava sullanima un peso che piegherebbe le

gambe a chiunque. Appena arrivati sul treno galera alla Judenrampe, la banchina su cui

venivano fatti scendere gli ebrei, «mi attardai per aiutare mia madre a scendere e un soldato

mi colpì due volte, allontanandomi. Fu lultima volta che vidi lei e le mie due sorelline, Marika

e Marta». Quasi tutti vennero spediti direttamente alla camera a gas, Shlomo si salvò perché

aveva 20 anni, era forte e i nazisti lo reclutarono nel Sonderkommando: addetto al

Krematorium 2, il grande forno in cui «facevamo i turni dalle 8 alle 20, o dalle 20 alle 8, e

cremavamo tra 550 e 600 ebrei al giorno».

È stato uno dei pochissimi al mondo a sopravvivere al Sonderkommando, perché i nazisti

non lasciavano testimoni. Ma per tanti anni non era riuscito neppure a raccontarla, la sua

storia terribile: tagliava i capelli alle donne davanti alle camere a gas, poi raccoglieva i corpi e

li portava alla pira nel grande forno crematorio. «Attraverso listituzione del Sonderkommando

si tentava di spostare sulle vittime il peso della colpa, talché, a loro sollievo, non rimanesse

neppure la consapevolezza di essere innocenti », scrisse Primo Levi che però non fu tenero

con i «corvi neri del crematorio», come chiamò quegli uomini costretti a collaborare coi

nazisti.

«Qualunque cosa faccia, qualunque cosa veda, il mio spirito torna sempre nello stesso

posto... Non si esce mai, per davvero, dal Crematorio», raccontò

Shlomo in Sonderkommando Auschwitz, il libro verità del 2007 tradotto in 24 lingue. Il

dramma del nazismo sulla sua pelle. Non gli piaceva esibire il dolore, e con pudore mostrava

il 182.727 tatuato sullavambraccio. A fine guerra era solo e malato, distrutto nel fisico e

nellio. Per anni non riuscì a dire una parola sul suo dramma: «Poi, un giorno, ho trovato il

coraggio, perché tutti sappiano». Era il 92: sui negozi sotto casa a Roma qualcuno aveva

scritto giudei al forno. Era troppo. Da allora aprì la sua anima a migliaia di ragazzi delle

scuole, accompagnandoli nei Viaggi della memoria per esorcizzare il ritorno del male

assoluto. E Benigni lo scelse come consulente per La vita è bella.

1 / 1

Scritto da Quotidiano la Repubblica   
PDF
Stampa
E-mail
 

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna