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Questa è la storia di Biagio:né morto, né vivo, né sano
Lunedì 10 Dicembre 2012 10:28

candela

Il carcere di Padova l'abbiamo conosciuto si fa per dire per l'ottimo dolce natalizio, il famoso Panettone, un regalo di mio genero, lo si può prenotare in largo anticipo presso il famosissimo Bar Predrocchi. Artisti dolciari reclusi, lo realizzano con i migliori prodotti per pasticceria in commercio. La confezione elegante, il profumo quello di una volta, delicato, il burro, l'uva passa, la frutta candita è tutta un'altra cosa. Noi adulti ne mangiamo una piccolissima porzione, lo lasciamo a bambini, ai nipotini che nulla sanno  cosa sia un carcere in Italia, nulla sanno di Badu Carros, il lager per eccellenza delle Case  Circondariali. L'Italia sta vivendo da anni una crisi economica, sociale morale che non ha uguali in Europa. Immaginate solo per qualche minuto l'esistenza in un carcere e, rapportatela alle immagini, alle tutele, ai privilegi di una Casta intoccabile e autoreferenziale. Ci chiediamo con angoscia cosa possiamo fare in concreto, di immediato per loro, quale aiuto possiamo dare. Ci sentiamo smarriti, impotenti spettatori di una tragedia. Aiutateci ad aiutarvi, non riusciamo a pensare ad altro.

Pensate ai miei spasimi e sul piatto mettete la mia cancrena. Peseranno più che le sabbie di tutti i mari. Perciò barcollano le mie parole. <GIOBBE>

Carcere

Il dirittto di avere diritti

Un innegabile bisogno di diritti, e di diritto, si manifesta ovunque, sfida ogni forma di repressione, innerva la stessa politica. E così, con l'azione quotidiana, soggetti diversi mettono in scena una ininterrotta dichiarazione di diritti, che trae la sua forza non da una qualche formalizzazione o da un riconoscimento dall'alto, ma dalla convinzione profonda di donne e uomini che solo così possono trovare riconoscimento e rispetto per la loro dignità e per la stessa loro umanità. Siamo di fronte a una inedita connessione tra l'astrazione dei diritti e la concretezza dei bisogni, che mette all'opera soggetti reali.( Stefano Rodotà è professore emerito di Diritto Civile all'ì Università la sapienza di Roma).

Mi viene da sorridere quando sento parlare di convegni sulla sanità in carcere, è un sorriso ironico e benevolo al tempo; per vivere e per stare bene c'è bisogno di amare e di libertà.

(Alessandro Bruni)

Biagio Campailla, è un giovane "Uomo Ombra" arrestato in giovane età e condannato all'ergastolo ostativo.

È arrivato da poco tempo dalla Sardegna, dal lager di Badu Carros, e abbiamo fatto presto amicizia.

Tutte le mattine appena ci aprono i cancelli viene a trovarmi nella mia cella, gli faccio il caffè, lo ascolto e provo a confortarlo.

Biagio sta male, soffre di una malattia genetica come la sorella che per questa malattia è scomparsa da pochi anni.

Soffre di numerosi linfonodi latero-cervicali, di cervicobrachialgia, di ipoastenia sinistra e dell'arteria mammaria interna sinistra che incrocia e impronta il vaso venoso succlavio, che da 15mmm passa a 6mm con conseguenze possibile situazione clinica di sindrome dello stretto toracico superiore.

Sulle sue spalle pesano due gravi condanne, tutte e due mortali, ma, bizzarria della sorte, una condanna può far finire l'altra.

Dagli uomini è stato condannato alla "Pena di Morte Viva" (così chiamiamo l'ergastolo ostativo, quello senza possibilità di liberazione), dal destino invece è stato condannato a questa rara malattia.

Biagio s'è sposato giovane, appena quattordicenne, come accadde ancora nel meridione, ha quattro figli e a quarantadue anni ha cinque nipoti.

Ha una famiglia che resiede in Belgio da tanti anni: dolce, colorita, solare e affettuosa, con una madre malata ma combattiva che lo segue con affetto da quattordici anni, l'ho conosciuta nella sala colloqui.

Biagio mi parla spesso dei suoi figli e dei suoi nipotini e mi confida che gli dispiace che a causa della malattia non potrà vederli crescere.

L'altro giorno mi ha confidato che non ha neppure più l'energia per stare male, che quello che lo terrorizza di più è spegnersi lentamente fra sbarre e cemento.

Penso che abbia ragione perché quello che fa più paura ad un uomo ombra malato è morire prigioniero, lontano dai propri familiari. Invece quello che terrorizza un uomo ombra sano è continuare a vivere senza neppure un calendario in cella per segnare i giorni che mancano al suo fine pena.

Questa è la storia di Biagio: né morto, né vivo, né sano, che si sta spegnendo lentamente come una candela senza luce e al buio in una prigione dei buoni.

Carmelo Musumeci

Padova, Dicembre 2012

www.carmelomusumeci.com

Scritto da Carmelo Musumeci Padova, Dicembre 2012 www.carmelomusumeci.com   
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