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Foggia assediata dai rifiuti:
Venerdì 28 Dicembre 2012 09:47

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Foggia assediata dai rifiuti:

FOGGIA - Per avere un'emergenza basta crearla. E così - promuovendo tutti gli spazzini, infiltrando e condannando al fallimento l'azienda municipalizzata - che la mafia ha scritto la storia di Natale più puzzolente d'Italia, quella di Foggia, la nuova città dei rifiuti. Dal 16 dicembre la città è sommersa di immondizia: cassonetti pieni davanti alle case del centro, rifiuti all'ingresso delle fabbriche, sacchetti davanti allo stadio Zaccheria (quello del Foggia di Zeman, una specie di monumento della città) immondizia tra gli addobbi di Natale. «Manca soltanto che finiscano nel presepe e nei disegni dei bambini, magari così qualcuno si accorge di noi come è successo a Napoli e a Palermo» dicono in città, lamentandosi della scarsa attenzione che i media stanno dando a questa storia.

Ma perché nessuno raccoglie i rifiuti di Foggia? Non ci sono più spazzini. Quelli che c'erano hanno fatto tutti carriera. La vecchia azienda municipalizzata (l'Amica) è infatti fallita da qualche mese, dopo essere stata al centro di un'inchiesta condotta dalla Direzione nazionale antimafia di Bari. Come racconta bene la polizia, in un rapporto dello Sco e della Mobile di Foggia, l'azienda era nelle mani del clan locale che ne disponeva come fosse cosa propria. Anche per questo i conti sono saltati. E in attesa di riorganizzare il servizio, il sindaco Gianni Mongelli (centrosinistra, ex Confindustria) ha chiesto aiuto alla municipalizzata della vicina Bari.

«L'accordo era di assorbire la forza lavoro dell'Amica ma quando siamo arrivati ci siamo messi le mani nei capelli» spiega Gianfranco Grandaliano, presidente dell'Amiu di Bari. Perché? «Il personale costava quanto quello di un ministero: su 350 dipendenti l'Amica non aveva nemmeno uno spazzino. Ma solo dirigenti.

Zero dipendenti di primo livello, una settantina di secondo, tutti gli altri quadri. Anche chi raccoglieva le siringhe per strada era un quarto livello». Come era potuto accadere? Per avere una risposta, è utile leggere il rapporto della polizia che nei mesi scorsi ha scoperchiato il vaso dell'Amica arrestando una decina di persone. La mala locale già alcuni anni fa aveva deciso di entrare nel business dei rifiuti (il figlio del boss Trisciuoglio era un dipendente dell'Amica: 5mila euro al mese senza mai farsi vedere in azienda). E così, oltre alla gestione del personale, aveva creato una coop che si doveva occupare della raccolta rifiuti: la cooperativa Fiore. L'Amica aveva però già gli spazzini in organico, non c'era bisogno di esternalizzare il servizio. Come fare? L'intuizione si deve all'allora presidente della municipalizzata, Elio Aimola. Fu lui a promuovere con una firma sola tutti (quasi un centinaio) gli addetti allo spazzamento che aveva, e così l'azienda in una notte si ritrovò senza spazzini. E dunque in emergenza. A quel punto, "costretti" dal tempo e dal rischio sanitario, l'Amica chiese aiuto all'esterno affidando senza gara d'appalto il servizio alla cooperativa Fiore, giustappunto. «In cambio il presidente - dicono i giudici, che lo accusano di corruzione senza l'aggravante della mafiosità però - ricevette dai fratelli Iammarino le spese del funerale del padre, la riparazione di auto e moto, un uomo della Fiore che gli dipingesse casa».

Il castello dopo un po' è crollato: è arrivata la Procura, l'Amica è fallita. Ma i rifiuti sono rimasti, e ora qualcuno deve toglierli dalle strade. «I dipendenti li assorbiamo - spiega ora Grandaliano - ma demansionati: non ci possono non essere spazzini in una società che raccoglie rifiuti». Un'ipotesi questa che non è piaciuta ai lavoratori, gli stessi che in questi anni più volte - sobillati dai clan - avevano scatenato l'emergenza. E così la storia di questi giorni racconta di roghi notturni dei cassonetti (nella notte di Natale sono stati più di 60 gli interventi dei Vigili del fuoco) e i vecchi dipendenti dell'Amica che cercano in tutte le maniere di evitare che i rifiuti vengano tolti dalla strada, preoccupati per il posto di lavoro. Ora il sindaco ha chiesto e ottenuto l'aiuto delle aziende municipalizzate dei comuni vicini, per lo meno per affrontare l'emergenza: e così dalle 4 alle 24 di ieri, per 20 ore, sono al lavoro 42 mezzi e un centinaio di persone.

«Andando avanti così - dice il sindaco Mongelli - il rischio igienico-ambientale è scongiurato, ma servono alcuni giorni per la normalità». Oggi ci sarà un vertice d'emergenza in Regione. «Io sono preoccupato» dice Grandaliano. A proposito: i camion che arrivano dalle altre città lavorano scortati dalle forze di polizia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

DAL NOSTRO INVIATO GIULIANO FOSCHINI

Scritto da Quotidiano la Repubblica   
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