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Il "caffè" del Tribunale di Napoli
Sabato 19 Gennaio 2013 17:08

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Il tribunale come ultimo avamposto di legalità. In uno Stato civile il luogo per antonomasia dove si comminano pene e si amministra la giustizia dovrebbe essere l'ultimo luogo dove ricorrere per far valere i propri diritti. Dovrebbe; purtroppo.

A Napoli nella capitale dell'illecito e dell'inciviltà elevata a modus vivendi quotidiano, il palazzo di giustizia è la prima scolta dell'illegalità.

Per accorgersene basta leggere le cronache di questi giorni; diversi cancellieri e funzionari della struttura napoletana risultano indagati a vario titolo per aver manomesso fascicoli processuali in cambio di piccole somme di denaro.

Storia antica quella del "caffè" offerto dalla maggior parte degli avvocati ai dipendenti, un "caffè" che a Napoli può costare anche 50 euro. In cambio oltre ad una pacca sulla spalla si ricevono copie di sentenze in anticipo, notizie più o meno riservate, utilità di vario genere.

Qualcuno dirà, perché mai un professionista serio e stimato che per una causa importante intasca anche 40 o 50 mila euro si abbassa a simili mezzucci per raggiungere i propri obiettivi?

La risposta la si trova accedendo all'interno del Tribunale.

All'entrata chi dovrebbe controllare l'accesso nei varchi riservati, si limita ad un continuo e ripetuto ammiccamento, che siano dipendenti, avvocati o semplici accompagnatric i di quest'ultimi poco importa, la verifica dei tesserini è rimessa all'umore del piantone.

Giunti nei vari uffici la storia se possibile peggiora ancora. La prima domanda che qualunque operatore rivolge ai presenti, prima ancora del buongiorno è "Fila fisica o per numeri?" intendendo per questa stramba prerifrasi se il proprio turno lo si dovrà aspettare seduti con in mano il numerino come all'ufficio postale o stando in piedi.

Non va meglio in udienza, dove magistrati dal volto burbero ed inaciditi da decenni di croniche inadempienze amministrano la giustizia come i macellai trattano la propria merce, distribuendo colpi di coltellacci tra un'imprecazione ed una risata goliardica.

Tutt'intorno una folla variopinta di traffichini di ogni risma contratta come sulla scena di una bazar a cielo aperto. Capannelli di uscieri, cancellieri, aiutanti, imputati ed avvocati arrancano, discutono, si accordano sul prezzo del "caffè".

Perché? Perché tutto ciò avviene nel luogo che forse più di ogni altro avrebbe bisogno di legalità?

"Bisogna adeguarsi al contesto, altrimenti non si sopravvive" è il primo insegnamento che i principi del foro danno a chiunque si avvii alla pratica forense nel primo avamposto dell'illegalità.

Ubi maior minor cessat.

Raffaele de Chiara

www.ondanonamla.org

Scritto da Raffaele de Chiara   
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