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Fabrizio Barca e il documento per il nuovo Pd
Venerdì 12 Aprile 2013 07:51

Barca-Pd

Fabrizio Barca e il documento per il nuovo Pd

12/04/2013 - Sulla Stampa l'anticipazione della suo programma: il ministro punta sulla separazione tra Stato e partiti, sia in termini di finanziamenti che di nomine

di Alberto Sofia

Da tempo viene indicato come il futuro candidato anti-Renzi tra le fila del Pd. Fabrizio Barca, il ministro per la Coesione, ha spiegato ieri - ospite di Lilli Gruber a 'Otto e Mezzo', su La7 - di essersi tesserato al partito di Pierluigi Bersani. Dopo le dichiarazioni che annunciavano la sua volontà di "dare una scossa ai democratici", la Stampa ha pubblicato con un'anticipazione il suo testo-programma, con il progetto che ha in mente per rinnovare i democratici: dai minori finanziamenti, al radicamento sul territorio, allo stop del "partito delle tessere". Senza però rifuggire nelle tentazioni del "partito liquido", già evocato dal sindaco di Firenze.

FABRIZIO BARCA E LA SEPARAZIONE DALLO STATO – Barca vorrebbe un partito che guarda allo "sperimentalismo", scrive Festuccia. Ovvero, un "progetto nuovo per un buon governo", prendendo spunto dal documento. Barca ha spiegato come "non bastino alcuni anni di militanza giovanile in un partito e poi i lavori di tecnico, amministratore, ministro" per proporre in modo solitario il programma politico di un partito nuovo". Punta alla collegialità, ma pretende un partito che sia nettamente separato dallo Stato. Sia in tema finanziario, attraverso la riduzione del finanziamento pubblico, che tra i quadri. Questo prevede una divisione tra funzionari e dirigenti del partito rispetto a chi viene nominato negli organi di governo. Per questo punta a stabilire norme e ad aumentare i controlli, per allontanare l'influenza del partito dalle nomine degli enti. Una cattiva abitudine che ha causato non pochi problemi ai partiti italiani, compreso il Pd.

CONTROLLI E RADICAMENTO – Basta con il partito delle tessere e con i suoi "controllori". Per il ministro per la Coesione il Pd deve aprirsi effettivamente ai contribuiti di militanti e associazioni. "Serve un partito di sinistra, saldamente radicato nel territorio che, essendo animato dalla partecipazione e dal volontariato e traendo da ciò la propria legittimazione e dagli iscritti e simpatizzanti una parte determinante del proprio finanziamento, sia capace di promuovere la ricerca di soluzioni per l'uso efficace e giusto del denaro pubblico". Qualcosa di profondamente diverso dal partito della nomenklatura, così come è stata vista per troppo tempo la casa dei democratici, almeno prima della "campagna rottamatrice" di Renzi, che ha spinto comunque al rinnovamento della classe dirigente, e alle primarie per scegliere i parlamentari realizzate prima del voto elettorale (seppur con qualche ombra). Sulla Stampa si riportano alcuni stralci della sua "memoria":

"Non è il partito di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee. Non è il partito liquido, quello della crisi della politica, vetrina dove sono in mostra manichini e prodotti "dell'offerta politica"(...) È un partito palestra che offre lo spazio per la mobilitazione cognitiva (...) che rappresenta il metodo nuovo per promuovere, riempire di contenuti gli strumenti dello sperimentalismo democratico e, al tempo, di scegliere i quadri del partito non solo sulla base dell'adesione ma della capacità di andare per strada, incontrare, scoprire, esprimere dubbi".

FABRIZIO BARCA E LA QUESTIONE FINANZIAMENTO – Si spiega come gli ingenti finanziamenti pubblici, nonostante avessero lo scopo di liberare i partiti dal condizionamento privato e dai fondi neri, abbiano in realtà legato gli stessi in modo stabile allo Stato. E si aggiunge come anche la legge elettorale abbia influito a suggellare lo status quo, permettendo la creazione di "una filiera gerarchica perversa che vede i "capicordata" concordare con il leader del partito i singoli eletti". Non ha timore ad affrontare il tema delle primarie: Barca le interpreta come una risorsa per il partito, ma spiega come non bastino per risolvere i problemi: "Quanto al ricorso alle primarie per l'elezione del leader del partito o del candidato premier, esso assicura condizioni minime di "democrazia elettiva" rispetto a ogni forma di auto-proclamazione, ma non tocca in sé la deriva descritta". Il documento riporto dalla Stampa tocca anche il tema della sfiducia crescente verso la classe politica e la sua capacità di trovare soluzioni utili per il paese: "La macchina dello Stato è complessivamente estranea agli strumenti della democrazia deliberativa, che si vanno affinando nel mondo contemporaneo. A tenerla in queste condizioni sono la coazione a ripetere e l'intenzionalità di un élite estrattiva, oltre ai partiti Stato-centrici che anziché trarre legittimazione e risorse finanziarie dai propri iscritti nel territorio le traggono dal rapporto con lo Stato". Per questo insiste nella separazione: "Per avere avere un buon governo bisogna rompere la fratellanza siamese tra Stato arcaico e partiti stato centrici". Una rivoluzione.

RETE E IDEE – Ma per Barca è necessario un partito con forte radicamento sociale, "capace di indicare le priorità e le grandi scelte in termini di uso del denaro pubblico". Boccia la teoria salvifica della Rete, su cui si fonda il M5S di Beppe Grillo: "Può dare ai partiti uno straordinario slancio nel giocare la partita dello sperimentalismo, consentendo e costringendo il processo deliberativo a essere aperto: ma non può sostituirsi ai partiti". Punta invece sulle idee: "possono rompere l'equilibrio perverso di élite estrattive", conclude.

Scritto da Quotidiano La Stampa   
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