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Gomorra dimentica l'eroe della Terra dei Fuochi
Domenica 11 Maggio 2014 16:38

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I migliori vanno via sempre in punta di piedi, senza clamore, in silenzio. Roberto Mancini era uno di questi. Ha combattuto il volto peggiore della camorra, quello che uccide in silenzio interrando veleni destinati a massacrare i propri stessi figli. Mancini, il poliziotto che da 15 anni si batteva perché la Terra dei Fuochi tornasse ad essere semplicemente Terra di Lavoro, è morto lo scorso 30 aprile. Uomo integerrimo delle istituzioni è stato ucciso da un tumore provocato dagli stessi veleni inspirati per anni sui terreni che egli stesso aveva individuato come discariche abusive.

I funerali, tenutesi il 3 maggio a Roma, sono stati celebrati in forma solenne. Negati quelli di Stato, secondo il ministro dell'interno Angelino Alfano, non vi erano i presupposti. Mancini è stato risarcito dalle istituzioni con soli 5 mila euro.

Poca quanto nulla l'eco mediatica suscitata dalla vicenda. Pochissimi i titoli di giornali e tv, pressochè nulla la mobilitazione popolare in Terra di Lavoro. Quello stesso popolo che nell'ottobre scorso era sceso in piazza per ribellarsi contro le istituzioni, colpevoli di non tutelare questa terra dall'aggressione della criminalità organizzata, ha deciso di tacere. Non si sono registrati cortei, denunce eclatanti, sit-in. Nulla che in qualche modo potesse attirare l'attenzione e sensibilizzare sul sacrificio di un uomo che in nome della giustizia aveva sacrificato la propria stessa vita.

Semplice dimenticanza? Niente affatto; il male peggiore che uccide questa terra, come d'altronde più volte denunciato, è l'atavica indifferenza dei tanti che vi abitano.

Quanti delle migliaia di persone che affollavano le strade cittadine della Terra dei Fuochi conoscevano Mancini ed il suo operato? Quanti di quelli che inveivano contro lo Stato, contro le istituzioni, contro il sistema, contro tutto e tutti hanno ricordato con la stessa veemenza e partecipazione mostrate nei mesi addietro il sacrificio di quest'uomo? Qui, nelle stesse strade dove egli ha combattuto ed è morto, non a Roma durante i suoi funerali che hanno comunque registrato una nutrita partecipazione.

Ecco che ancora una volta torna più che mai in auge il vizio atavico di questa terra: il folclore della napoletanità che si impasta con l'irresponsabilità di chi crede che le colpe siano sempre degli altri e mai le proprie.

Vorrei tanto augurarmi che la morte di questo eroe, perché di tale si tratta, andato via per sempre lontano dal clamore mediatico e dalla finta indignazione dei tanti abitanti di questa terra maledetta, possa servire davvero a cambiare qualcosa.

A lanciare un messaggio di speranza, a dare un monito ai tanti giovani che ancora vivono qui e credono in un possibile cambiamento. Ma proprio non si può.

Molte strade continuano ad essere invase da rifiuti, l'inciviltà regna ugualmente sovrana, la mentalità camorrista è ormai talmente incuneata nell'animo delle persone che vivono qui da non riuscire più a distinguersi dove finiscono le leggi della convivenza civile e dove iniziano quelle della criminalità organizzata.

Gomorra non la cambi perché in fondo, nonostante il sacrificio di coloro che hanno dato la vita in nome del cambiamento, Gomorra siamo noi.

Raffaele de Chiara

www.ondanomala.org

Scritto da Raffaele de Chiara   
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