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L’Asinara: l’isola degli ergastolani senza scampo
Mercoledì 21 Settembre 2016 15:09

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La colonia penale da dove è evaso un solo ergastolano

La visita all'Asinara lascia il segno per tanti motivi, il primo naturalmente è il penitenziario e cosa è stata la sezione Fornelli, ci sono i segni di quanti sono passati per espiarre parte della condanna, il mio amico Carmelo c'è stato per cinque anni e 18 mesi di isolamento. Abbiamo visto la cella dove, in molti sarebbero impazziti, abbiamo saputo di quando i brigatisti riempirono le caffettiere di tritolo e fecero il botto...Abbiamo avuto la conferma di uno Stato il più delle volte vendicativo e feroce ,anche quando non era necessario. Vi chiediamo e ci chiediamo quanto può valere un anno di carcere all' Asinara? Noi non crediamo che valga lo stesso in un carcere diciamo normale. Carmelo fino ad oggi ha trascorso nelle patrie galere 26 anni, circa la metà di una vita, forse era meglio la morte, una bella scossa e via. No! Siamo da sempre contro la pena di morte, a favore del recupero del reo, Carmelo in carcere ha conseguito tre lauree, il motivo per il quale non è impazzito. Spesso dalla Tv vengono trasmesse le immagini delle carceri del Nord Europa, possibile che le nostre in confronto sono dei lager. Siamo una nazione come ha scritto Scalfari di atei credenti, sarà per questo motivo che le cose non sono mai cambiate. I reclusi piangono Marco Pannella, hanno scritto che si sentono più soli, è venuto a mancare la speranza di una carcerazione che, ha come obbiettivo il sincero recupero di chi, per mille motivi ha sbagliato.

Conosciamo alla Tv La 7 Giancarlo Feliziani, ha scritto un importante libro sullo stragismo, abbiamo incontrato a Foggia in occasione della presentazione dell' ultimo libro sulla storia il dott. Paolo Mieli, ci rivolgiamo alla redazione di otto e mezzo alla dott.ssa Gruber, alla redazione de Idiecicomandamenti, al dott. Floris a dimartedì.
Noi siamo andati all'Asinara per vedere e sentire, il Parco naturalistico è una favola, ma che non lascia indifferenti chi ha chi visitato la sezione FORNELLI, dell' isola una volta definita del Diavolo!

Inviamo la nostra esperienza agli oltre 2000 contatti, con la speranza di sensibilizzare e coinvolgere a proseguire sula strada intrapresa quanta più gente possibile, la libertà non ha prezzo e per questo che ci battiamo e ci batteremo sempre!
Il nostro impegno è legato indissolubilmente a Nadia Bizzoto della Comunità Papa Giovanni 23° e lei che ha adottato ...Carmelo e ce lo ha fatto conoscere. Nadia è diversamente abile, siede su una sedia a rotelle a causa di un tamponamento, instancabile, visita le carceri e ci conforta tutti. la sua e-mail Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
 

IL FILMATO DELLA VISITA

https://www.youtube.com/watch?v=VK_1dxolg1s

Carissimi, avrei voluto commentare le foto che ho realizzato all'Asinara questa estate con Carmelo, purtroppo non è stato possibile ottenere il permesso, le foto non rendono giustizia a quanti sono passati per l'inferno della Sezione Fornelli con sulle spalle il 41/Bis. Espiare è giusto, umiliare è disumano. Un paese civile ha carceri civili.

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LE FOTO DELLA VISITA ALL'ASINARA CON IL COMMENTO DI CARMELO MUSUMECI PER CINQUE ANNI AL 41 BIS, DAL 92 AL 97 E 18 MESI DI COMPLETO ISOLAMENTO

https://www.flickr.com/photos/22523260@N04/albums/72157671988985836

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Carissimo Mario,

                             riprovo a fare l’istanza di richiesta colloquio, perché mi piacerebbe tanto vederti e abbracciarti, ma qui è cambiato il direttore e non c’è più nulla di certo.

Purtroppo non sono ancora riuscito a vedere le foto che hai fatto all’Asinara, come sai ho un uso molto limitato di internet.

Ti mando intanto questi due documenti:

“L’Asinara: l’isola degli ergastolani senza scampo” e

“La ballata degli uomini ombra”

 

puoi inserirci tra le foto e scegliere tu le frasi che ritieni più opportune.

Ti voglio bene.

Un affettuoso abbraccio.

Carmelo.

Padova, Settembre 2016

 

L’Asinara: l’isola degli ergastolani senza scampo

 

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La mensola per scrivere è saldata al muro

Lo scorrere del tempo viaggia senza di me, destinato a essere per sempre fuori dalla vita.

(Frase scritta sulla parete di una cella dell’Asinara)

In questi venticinque anni di carcere, tra un mese entrerò nel ventiseiesimo, ho scritto molto.

Probabilmente perché ho sempre pensato che di me non rimarrà nulla, a parte quello che scrivo. Dopo la condanna alla “Pena di Morte Viva” decisi di affrontare l’Assassino dei Sogni (come chiamo il carcere) con gli occhi aperti e la penna in mano. Anche per questo, per un quarto di secolo, la scrittura è sempre stata il solo modo per sentirmi vivo. Dei miei lunghi cinque anni nell’isola dell’Asinara (di cui un anno e sei mesi in totale isolamento) vissuti nel regime di tortura del carcere duro del 41 bis, ho raccontato molto. Forse, però, non abbastanza. E ho pensato di scrivere ancora qualcosa.

In quegli anni avevo più paura del futuro che del presente perché un prigioniero, per vivere, ha bisogno di sapere quando finisce la sua pena. Ed io non lo sapevo. O, meglio, lo sapevo bene perché nel mio certificato di detenzione c’era scritto, in rosso, “fine pena mai”.

Adesso, invece, l’amministrazione penitenziaria scrive: “fine pena anno 9.999”. L’Asinara è sempre stata un’isola carcere. Ed è sempre stata considerata la Guantanàmo del mar Mediterraneo.

Nel 1992, a seguito delle gravissime stragi mafiose avvenute nel nostro paese, fu riaperta la diramazione Fornelli. Vi furono deportati molti ergastolani. E così l’Asinara divenne l’isola degli ergastolani senza scampo. Io fui uno dei primi ad arrivarci pur non appartenendo alla categoria dei “mafiosi” e per reati completamente estranei alle stragi di quegli anni.

I muri piangono di dolore/ Impregnati di anime senza pace e speranze/ Di chi è passato ed ha lasciato tanto/ E chi ha dato tutto/ Ascolto i loro lamenti/ Che mi penetrano/ Mi lacerano/ Mi distruggono.

Dopo tre anni e mezzo in quell’inferno, mi venne applicato l’isolamento totale previsto per gli ergastolani. Rumori di chiavi/ Urla metalliche/ Arrivano i lupi/ Camminano sul mio cuore/ Cado dalla speranza/ Eppure Carmelo è vivo. Un giorno le guardie mi vennero a prendere e mi portarono nel reparto isolamento.

E il mio mondo divenne la mia cella. Nell’amarezza sconfinata del mio cuore affronto e lotto con me stesso/ Fra le pieghe del dolore/ Corro dietro ai sogni/ Nonostante tutto vivo/ Non per scelta ma per amore.

Incominciai a sentirmi l’uomo più triste e malinconico del mondo. Forse dell’universo. Nell’angolo del mio mondo guardo la mia anima/ Nella disperazione osservo la vita/ I ricordi affiorano nella memoria/ Muoio ogni giorno. Di giorno trascorrevo le ore sdraiato sulla branda a fissare il soffitto. Di notte scrutavo il mio cuore rivivendo i momenti più belli della mia vita che avevo passato insieme alla mia compagna.

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La rete elettrosaldata della cella d'isolamento

Tutto intorno è Buio/ Silenzio/ Desolazione/ Tristezza/ Rimpianti/ Ma nella mia anima ci sono tanti ricordi di te/ Mi vedo dentro i tuoi occhi/ Dove vedo la mia vita accanto alla tua/ Mi trovo lontano, ma ti sento così vicina che sento il tuo cuore battere accanto al mio/ Non sono con te, ma sono dentro di te/ Dove mi sento libero e felice d’amarti.

Il ricordodei miei due figli mi teneva in vita. La mia famiglia fuori continuava ad aspettarmi pur sapendo che di me avrebbe avuto solo il cadavere. Questa loro attesa era un po’ la mia salvezza ma, nello stesso tempo, la mia maledizione. Bella dolorosa malinconia/ In te trovo la vita e la morte/ Non c’è nessuno intorno a me/ Mi sembra ormai di poter afferrare le persone che amo/ Invece l’alba del mattino li fa allontanare/ Non sono però stato abbandonato/ Sono io che sto abbandonando loro.

I giorni passavano senza che accadesse nulla. Col passare dei mesi mi abituai a guardare la cella in cui vivevo come un pianeta lontano che non aveva più nulla a che fare con me. Vedevo le guardie solo quando mi portavano nella gabbia a cielo aperto per trascorrere l’ora d’aria o quando mi aprivano lo spioncino per passarmi da mangiare. Non mi parlavano. E io non parlavo loro. La mia era diventata una vita di silenzio. Mi sentivo disperato, infelice e tagliato fuori dall’umanità. Urla che toccano i deboli/ Ma non smuovono i forti/ Un’ombra viva/ Nessuna speranza/ Tutto è ormai perduto/ Soltanto il tempo è qui con me. Quello che mi mancava di più era scambiare due chiacchiere con un essere umano. Caddi in depressione. Iniziai a conversare con i miei stessi pensieri. E il mio cuore iniziò a ragionare con me.

 

 

 

 

Nel mio cuore c’è troppa libertà che non può più avere /E ormai non c’è nessuna via/ L’unica via è dentro di me. Camminavo di giorno e di notte. Su e giù per la cella. Come sanno fare solo i morti che camminano. Le tenebre del dolore entrano dentro di me/ Svaniscono i sogni/ Scompaiono le speranze. In quel periodo non vedevo nessuna possibilità di sopravvivere. Tutti i miei pensieri erano rivolti ai miei figli e alla mia compagna. Soprattutto per loro non volevo rinunciare alla speranza, ma sapevo anche che questa poteva essere un veleno che avrebbe potuto far ammalare il mio cuore e la mia mente. Sapevo che la speranza era la droga dei deboli per convincerli a non fare nulla. La misi da parte. E iniziai a nutrirmi solo dell’amore che avevo ancora nel cuore.

In certi giorni e in certe notti me la prendevo anche con Dio che aveva creato gli umani così cattivi. Ti parlo sconosciuto Dio/ Ma non credo/ Quindi non puoi sentirmi/ Anche se forse mi ascolti/ Solo così posso pensarti/ Capirti/ E perdonarti-

 

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Perdete ogni speranza...

 

Via via che il tempo passava, i ricordi si affievolirono. Si dileguarono finché non scomparvero del tutto dalla mia mente. Per un certo periodo smisi persino di pensare e di sentire. E iniziai a desiderare che venisse presto la morte a liberarmi. Pensavo che da morto non mi potesse capitare nulla di peggio. E avrei messo fine a tutti i miei guai in una volta sola. Sostenni molte lotte con me stesso per decidere se vivere da morto o morire da vivo. Alla fine decisi di usare la fantasia e la pazzia per continuare ad esistere. Spero nella morte/ Continuo però a cercare la vita/ E continuo a morire per vivere/ Avverto il gelo della solitudine/ Maledico il giorno che deve venire/ Lego il lenzuolo alla sbarre/ Parto per l’aldilà/ Ritorno deluso/ Penso che un uomo, finché non è libero di morire, non può morire/ E slego il lenzuolo.

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Dopo quella terribile esperienza, non riesco più a vedere le cose come prima. In quei cinque anni passata nell’isola degli ergastolani senza scampo, con la condanna alla “Pena di Morte Viva” sulla testa e sul cuore, torturato fisicamente e psicologicamente e trattato peggio di una bestia, capii che chi lotta contro il male usando un altro male non potrà, purtroppo, che farlo aumentare.

 

Carcere di Padova settembre 2016

www.carmelomusumeci.com

 

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La ballata degli uomini ombra

Giorni senza domani.

Notti di ombre.

Sangue nell’anima.

Lacrime nei ricordi.

Sguardi spenti.

Occhi bui.

Silenzi vuoti.

Giorni senza vita.

Notti prive di speranza.

Sorrisi opachi rivestiti di ghiaccio.

Silenzi interminabili.

Sogni di tornare a Itaca.

Voglia di baciare Penelope.

Desiderio di sentire la sabbia sotto i piedi.

Giorni senza amore.

Notti prive di stelle.

Tempo che va su e giù

Fra la vita e la morte

Tra i sogni e gli incubi.

Giorni senza umanità.

Notti prive di luna.

Anni di morte.

Buio nel cuore.

Freddo nell’anima.

Silenzio doloroso.

Ombre velate.

Silenzio immortale.

Eterno.

Un abisso nel cuore.

Vuoto nero.

È l’ora del buio.

Sogni persi.

Solo.

È l’ora del dolore.

Afferro le sbarre con le mani.

Le stringo con tutta la mia forza.

E urlo al mio cuore di smettere di battere.

Carmelo Musumeci

Scritto da Carmelo Musumeci   
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