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LA GUERRA DI LIBERAZIONE: il secondo Risorgimento italiano
Domenica 23 Aprile 2017 07:08

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Le quattro giornate di Napoli

Gentilissime/i,

la guerra di liberazione contro i nazi-fascisti ha inizio con le quattro giornate di Napoli, una pagina memorabile del secondo Risorgimento italiano. L’Italia stremata dalla guerra e dalla fame, scende nelle piazze per combattere gli invasori tedeschi e i repubblichini di Salò. La guerra di Liberazione fu un bagno di sangue, ebbe termine a Milano il 25 aprile del 1945. L’Italia tutta divenne Repubblica democratica nata dalla Resistenza. La foto di seguito ritrae un gruppo di Partigiani, le donne dettero un grande contributo, femministe ante litteram, le donne non avevano diritto di voto. Non guardate i fucili che imbracciano ma, i loro volti, orgogliose di essersi schierate e combattuto dalla parte giusta.

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La storia delle 4 giornate di Napoli. “ADESSO VI FACCIAMO VEDERE NOI CHI SONO I NAPOLETANI”

Il 27 Settembre 1943 iniziavano le 4 giornate di Napoli. Un episodio eroico, unico nella storia italiana, che è stato tramandato con il nome di “quattro giornate di Napoli”: infatti per quattro giorni, dal 27 al 30 settembre 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, i Napoletani insorsero contro i tedeschi e riuscirono da soli a liberare la loro città dall’occupazione nazista.

Da soli, senza esercito. Da soli, combattendo per le strade non soltanto con armi, trovate con espedienti, ma anche con mobili, materassi, vasche da bagno che

venivano gettati dai balconi e dalle finestre per sbarrare la strada alle truppe tedesche. Da soli, uomini, donne, bambini, studenti, negozianti, tassisti.

Le quattro giornate valsero alla città di Napoli il conferimento della medaglia d’oro al valore militare.
Una medaglia assegnata a tutti i protagonisti e alle loro storie.

E tra le storie c’è quella di un piccolo eroe divenuto il simbolo dell’insurrezione: Gennaro Capuozzo. Gennarino non aveva neppure 12 anni quando si unì a quell’esercito improvvisato e le sue azioni eroiche in quei quattro giorni colpirono il cuore dei napoletani convincendoli a reagire e a ribellarsi all’oppressione dei soldati nazisti, anche quelli che avevano preferito restare chiusi nelle case. Gennarino Capuozzo era uno scugnizzo come tanti ragazzini di Napoli che la fame e la guerra avevano reso sfrontato e ribelle, così come lo sono ancora oggi tanti ragazzini di Napoli che sin da bambini devono confrontarsi con la realtà della città. Gennarino era un bel ragazzino, con i capelli nero pece e gli occhi vivaci. Era nato nel 1932 in una casa umida e buia dei vicoli del centro storico e imparò presto a vivere più per strada che nei pochi metri quadrati che divideva con i genitori e i 3 fratelli. Sua madre si chiamava Concetta e dopo di lui aveva infatti messo al mondo altri 3 figli. Quando suo padre, nel 1941, partì per combattere in una guerra che mai fu dei napoletani, si trovò improvvisamente a fare il capofamiglia. Quell’impresa galvanizzò a tal punto Gennarino decise di non fermarsi. andò in via Santa Teresa dove decine di napoletani avevano alzate le barricate, con i mobili che la popolazione aveva buttato giù da finestre e balconi, per respingere i tedeschi. Prese il mitragliere di un soldato morto, si riempì le tasche con le bombe a mano e corse impavido verso un carro armato tedesco . “Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani“, urlò. “Vedrete chi è Gennarino Capuozzo”. Ma mentre stava togliendo dalla bomba la sicura, una granata del nemico lo centrò in pieno.

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Bologna Piazza Maggiore con le foto dei Partigiani uccisi ( foto arpaiamario )

Scritto da Mario Arpaia   
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