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Casale, qui non abita più nessuno
Venerdì 17 Aprile 2009 08:59

Fresco di Stampa Novembre 2008 Casale, qui non abita più nessuno E’ l’impressione che si ricava quando parliamo di camorra: <<Non siamo di qui>>, <<Non abbiamo nulla da dire>>. L’omertà regna sovrana, eppure i casalesi soffrono l’assedio mediatico più di quello militare: <<Veniamo considerati come indiani!>>

Poco più di cinque mesi, centosessanta giorni sfregiati dal terrore delle minacce ed infilzati dalla scure della morte hanno annichilito le coscienze sino a mitridatizzarle con un unico mantra: omertà.

L’ultima volta che abbiamo fatto tappa a Casal di Principe era metà Maggio l’escalation di omicidi iniziata nei primi giorni di quel mese con l’uccisione del padre del pentito Bidognetti e culminata pochi giorni orsono con l’uccisione di Stanislao Cantelli di domenica mattina ed in pieno centro, era solo all’inizio. Nel mezzo, la mattanza. Tra le tante, le morti del testimone di giustizia Michele Orsi, dell’ imprenditore ribelle al pizzo Michele Noviello, di Antonio Celiento e dei sei africani di Castel Volturno. Ancora una volta siamo partiti da  Piazza Vittorio Emanuele. <<Dovete andare da un’altra parte, non siamo di qui>> ci intima schiumando di rabbia e con accento casalese un attempato signore mentre chiacchiera con un gruppo di pensionati con cui tentavamo un approccio di dialogo. Non va meglio nella vicina sede del patronato <<Non sono io il responsabile, torni nel pomeriggio>> Esordisce un uomo di mezza età alla nostra richiesta di dichiarazioni in merito alle ultime vicende di camorra. Scusi ma lei è un cittadino casalese? Lo sguardo si abbassa nervosamente, le mani sono attraversato da un fremito leggero, la voce si incrina <<Sono solo un collaboratore, le ho detto di tornare nel pomeriggio>> è la sua chiosa finale. Ci muoviamo tra le strette strade del centro, assalite da fuori serie ed ammassi circolanti di lamiere, giungiamo in un salone da barbiere. Il titolare Bruno Natale tra i pochissimi ad accettare, sebbene l’iniziale riluttanza, di dare il proprio nome, è alle prese con forbici e pettine, sulla poltrona un signore distinto. <<Non abbiamo nulla da dire>> affermano in un coro unanime il barbiere ed il cliente. Guardi che è nostra intenzione paralare della Casale normale non di quella criminale incalziamo noi <<Appunto allora perché venite ora? Tornate domattina alle cinque e vedrete quanti lavoratori che troverete - risponde piccato Natale per poi proseguire in un malcelato crescendo di rabbia ed orgoglio - io lavoro da trentun’anni e ne ho solo quarantaquattro, ma quando vado da qualche parte e dico che sono di Casale la gente mi guarda sempre in malo modo. Perché?! A Casale senza offesa c’è gente che sa comportarsi e come parlare ed è pure inteligente, cos’è che abbiamo di meno rispetto agli altri?>> Da cosa dipende allora tutto questo ostracismo nei vostri confronti? - rispondiamo noi - La colpa è dei giornali, ci dipingono sempre come se fossimo degli “indiani“>>.  Ma  Come vivono le persone per bene a Casale? <<E se gliela facessi io a lei questa domanda cosa mi risponderebbe? - ribatte serafico un enigamatico signore sulla sessantina accomodato su di una sedia sullo spiazzo di un circolo sportivo.Beh crediamo male affermiamo noi - ecco si è risposto da solo>> Capelli brizzolati di media lunghezza e baffi curati, preso com’è nel fumacchiare sornione la sua sigaretta, sembrerebbe non molto interessato all’argomento, ma invece così non è. Cosa ne pensa della militarizzazione del territorio è d’accordo con l’invio dell’esercito? <<Lo Stato non ha mai fatto lo Stato qui al sud - qualche istante e riprende - dal 48 ad oggi non ha mai prodotto l’ordinario ed ora invece vorrebbe fare anche lo straordinario>> Cosa intende?  << Se io oggi sono un ladro di galline e non vengo mai preso, domani passo al maiale, e dopodomani alle rapine. Il segreto - è la conclusione del ragionamento -  sta nel fare solo l’ordinario, ma sempre.>> Poche parole ma di grande emblematicità, possiamo sapere il suo nome? << Mi chiede troppo, ma la prego di scrivere questo: ora quelle che soffrono veramente sono le mamme casalesi. Anche le mamme dei capi sono delle donne straordinarie ma neanche loro pon’ fa nient (ndr posson far nulla)>> Decisamente più diretto Giuseppe Pagano, l’assedio militare? <<E’ solo una sconfitta, lo Stato anche in questo caso fa solo finta di interessarsi; da un lato invia l’esercito mentre dall’altro permette l’installazione degli inceneritori che tanto piacciono alla camorra>> Qual è il messaggio da dare alle generazioni future? <<Personalmente consiglierei a chiunque di andar via sebbene io non me la senta, sono troppo orgoglioso e poi qui non c’è solo la camorra ma anche tanta gente perbene>> Quali le cause di questo scempio? <<In primis l’assenza dello Stato e poi anche il malgoverno locale, ho letteralmente ribrezzo di tutti quei politici di queste zone che continuano ad affermare che qui la camorra non c’è>>. Imbocchiamo la via del ritorno inoltrandoci nelle stradine del paese tra monoliti di cemento, bettole adibite ad abitazioni e ville sontuose, giungiamo nei pressi della superstrada Nola-Villa Literno. Una camionetta dei soldati è ferma ad un posto di blocco dedita ai controlli a campione delle auto, tutto intorno un’umanità viva ma stuprata nell’anima ostenta indifferenza. Proseguiamo lasciandoci alle spalle un vecchio cartello trivellato da una selva di proiettili: “Benvenuti a Casal di Principe”. Nella nostra mente risuona un vecchio monito di Paolo Borsellino “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola>>. 

Scritto da Raffaele de Chiara   
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