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Carmelo Musumeci: "Le rivolte nelle carceri? Perché le blindano come scatole di tonno"
Martedì 10 Marzo 2020 16:41

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L'ex-ergastolano, voce dei carcerati italiani, commenta i gravissimi fatti accaduti nelle 27 case di pena in questi giorni, dopo lo stop imposto ai colloqui dei familiari, e denuncia: "Quanto accaduto era prevedibile. I detenuti si sentono abbandonati dallo Stato". I messaggi dei reclusi.

E’ triste cronaca di questi giorni: dopo lo stop ai colloqui per l’ emergenza coronavirus, in ben 27 istituti di pena italiani è scoppiata la rivolta che ha avuto anche conseguenze tragiche, come a Modena,  dove sono morti sette detenuti.  Sommosse, proteste, evasioni, roghi: il mondo carcerario italiano è in fiamme, come da anni non accadeva. “Ma non era, forse, evitabile tutto ciò? Non era davvero prevedibile che la pentola a  pressione non sarebbe scoppiata?”:  a

chiederselo amaramente e a dare una dura, ma meditata risposta è Carmelo Musumeci, ex ergastolano, dal 2018 in libertà vigilata presso la Comunità Papa Giovanni XXIII,  dopo 27 anni di detenzione, scrittore, una delle “voci storiche” dei detenuti italiani, nonché primo sostenitore della battaglia per l’ abolizione dell’ ergastolo. 

Su quanto sta accadendo nelle carceri italiane e la decisione di cancellare i colloqui dei familiari Musumeci afferma: “Ho sempre sostenuto che in Italia il carcere non è la medicina, ma bensì è la malattia, e dopo i provvedimenti ristrettivi del governo per combattere il rischio da contagio del coronavirus, che hanno buttato benzina sul fuoco, la malattia è diventata pandemia”.  

Ma cosa chiedono i detenuti?

“Basterebbe poco ai prigionieri: per aiutarli a lottare contro la paura dell’ isolamento e del coronavirus servirebbero solo un po' di attenzione, sensibilità e affetto sociale. Molti di loro si sono sentiti abbandonati dallo Stato e dalla società e hanno cercato, in modo sbagliato, di attirare l’ attenzione. Fuori però sono troppo impegnati per interessarsi dei detenuti e, abbandonati a se stessi, i prigionieri stanno esprimendo tutta la loro frustrazione. Molti carceri a causa del sovraffollamento stanno diventando dei buchi neri, i prigionieri vengono risucchiati, macinati, tritati dalla negazione dei più elementari diritti umani. E molti di loro vivono in condizioni di promiscuità e ora anche con la paura di essere contagiati dal coronavirus”. 

Forse sarebbe bastato pensare a qualche modalità alternativa per alleviare l’ effetto delle restrizioni straordinarie dovute all’ emergenza. Giusto?

“Condivido la rabbia dei prigionieri per le limitazioni dei contatti con i familiari senza dare nulla in cambio, se non una misera telefonata o una video chiamata (ma alcuni familiari non sanno neppure come si faccia, o non sanno usare un computer). E poi, non sarebbe forse più saggio, per evitare la diffusione del coronavirus nelle prigioni, perché non pensare a un provvedimento di amnistia o di indulto prima che accada il peggio? Fare uscire, insomma, più detenuti possibili? O almeno quelli che devono scontare una pena fino a 5 anni? E la sospensione della pena per quelli più a rischio?”.

Allude alla soluzione adottata dell’ Iran per esempio? 

“Certo, in Iran, dove in fatto di diritti umani hanno poco da insegnare,  per evitare il contagio dentro le carceri hanno liberato 70.000 detenuti trasferendoli ai domiciliari. L’ Italia invece le blinda come delle scatole di tonno”.

In questi giorni a Musumeci sono arrivate alcune lettere da dentro il carcereEcco alcuni dei messaggi ricevuti:

“Ciao Carmelo, il carcere di Padova ha sospeso i colloqui con le nostre famiglie, possiamo solo utilizzare Skype per metterci in contatto con loro, ma ci sono solo due postazioni per 800 detenuti. Comunque, ci sono strani trasferimenti di alcuni detenuti e gira voce fra le sezioni che il virus è già scoppiato e tengono la cosa segreta per evitare rivolte”.

“Caro Carmelo, come te la passi? Qui sempre peggio. Sono arrivati altri detenuti dal continente e non sanno dove metterli… Per fortuna la mia cella è così piccola che non ci sto neppure io e posso continuare a stare da solo. Nel cortile del passeggio non si parla altro che di questo coronavirus”.

“Caro Amico, non accendo più neppure la televisione, non fanno altro che parlare del coronavirus. E qui hanno messo la seconda branda a quasi tutte le celle e da un paio di giorni hanno messo le brande nelle salette della socialità, per i nuovi giunti, perché nessuno li vuole in cella per paura che siano contagiati. A me personalmente non fa paura questo di virus perché prima muoio e prima esco dal carcere, ma vedrai che sfortunato come sono non lo prenderò”.

“Se qui prima era un cimitero, adesso lo è ancora di più: persino i volontari, insieme al personale civile, sono spariti. Dicono che lo fanno per proteggerci. Quello stronzo dell’ avvocato ha detto alla mia famiglia che non mi è venuto a trovare per paura di essere contagiato, ma a noi nessuno pensa?"

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Scritto da Carmelo Musumeci   
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