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La forza di Agitu Ideo Gudeta
Giovedì 31 Dicembre 2020 08:31

La forza di Agitu Ideo Gudeta, "coraggiosa in ogni passaggio della sua vita"

Il ricordo di Caterina Amicucci, attivista amica dell'imprenditrice etiope abusata e uccisa nella Valle dei Mòcheni da un dipendente della sua azienda agricola. Domani avrebbe compiuto 43 anni

 
 
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La forza di Agitu Ideo Gudeta, "coraggiosa in ogni passaggio della sua vita"

Il ricordo di Caterina Amicucci, attivista amica dell'imprenditrice etiope abusata e uccisa nella Valle dei Mòcheni da un dipendente della sua azienda agricola. Domani avrebbe compiuto 43 anni

facebook La Capra FeliceAgitu Ideo Gudeta

Il sorriso, la forza, l’amore incondizionato per le sue capre. Nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di conoscere Agitu Ideo Gudeta questi tre elementi non mancano mai. L’energia e il dinamismo dell’imprenditrice di origini etiopi, rifugiata da dieci anni in Trentino e fondatrice dell’azienda biologica La Capra Felice, sono uno stile di vita e un modello di business sostenibile che andrebbe studiato nelle scuole

e nelle università. Agitu era consapevole dell’eccezionalità del suo percorso, originato dalle lotte al fianco dei contadini e degli allevatori etiopi e trasmutato nei terreni recuperati dall’abbandono nelle montagne trentine. Non perdeva l’occasione per raccontare la sua storia, e chissà dove sarebbe arrivata, se solo la sua luce non fosse stata spenta brutalmente da un uomo. Il responsabile dell’omicidio, reo confesso, è Adams Suleimani, 32 anni, ghanese, collaboratore dell’azienda agricola che agli inquirenti ha parlato di uno stipendio non corrisposto: l’avrebbe uccisa colpendola con un martello alla testa, per poi abusare sessualmente di lei mentre era agonizzante a terra. 

Agitu avrebbe compiuto 43 anni domani tra quelle montagne che dal 2010 erano diventate la sua casa a Frassilongo, minuscolo comune in provincia di Trento. Aveva lasciato l’Etiopia dopo aver ricevuto minacce da parte del governo per la sua attività di contrasto al land grabbing, l’accaparramento dei terreni a favore delle multinazionali, un problema che affligge molti Paesi africani. Il padre, un professore, aveva trasferito la famiglia negli Stati Uniti quando la situazione politica era diventata oppressiva. Ma lei, dopo gli studi all’Università di Trento, era tornata appositamente in Etiopia, dove abitava con la nonna, per lottare.

Agitu Ideo GudetaAgitu Ideo Gudeta

“Era scappata dal suo Paese perché minacciata: era un’attivista che si batteva contro il land grabbing, molti dei suoi compagni erano stati uccisi, lei è riuscita a scappare miracolosamente perché avvertita da un funzionario pubblico”, racconta ad HuffPost Caterina Amicucci, attivista per i diritti umani, ambientalista e amica di Gudeta. “Quando l’esercito è andato a prenderla non l’ha trovata, era fuggita quella notte stessa. È riuscita ad arrivare in Italia in aereo e non su un barcone perché aveva studiato a Trento e aveva ancora un permesso di studio”.

Da rifugiata, Agitu aveva trovato nella Valle dei Mòcheni il luogo in cui portare avanti la sua visione e la sua sfida: vivere in armonia con la natura e recuperare dall’estinzione la bellissima capra che vive nella Valle. Il suo gregge, inizialmente composto da 15 animali, conta oggi più di 180 capre di razza pezzata mòchena e camosciata delle Alpi. Grazie alla passione e alle conoscenze apprese dai pastori al fianco dei quali lottava, Agitu allevava personalmente le capre e trasformava il formaggio con metodi tradizionali. Il centro di tutto era la sede della sua azienda - il Maso Villata, circondato da 11 ettari di pascolo incontaminato – unito ai punti vendita di Trento e Bolzano. Il suo banco era un’istituzione al Mercato dell’Economia solidale di Piazza Santa Maria Maggiore a Trento, e le sue consegne a domicilio un appuntamento ormai insostituibile per molti, da Bolzano a Rovereto. Formaggi, yogurt, uova, ma anche ortaggi e cosmetici bio: negli anni, La Capra Felice è diventata un marchio famoso anche fuori dal Trentino.

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“Ci siamo conosciute a Trento durante l’Oltreconomia Festival, eravamo state invitate entrambe a un seminario come relatrici”, ricorda Amicucci, autrice della videointervista qui sotto. “Per tanti anni mi sono occupata di una campagna contro una diga sul fiume Omo, in Etiopia, ma senza mai poter avere contatti con attivisti locali. Quando ho incontrato lei, un’attivista etiope che si era battuta sugli stessi temi, è stata una specie di rivelazione. Appena è finito l’incontro le sono corsa dietro perché volevo intervistarla: mi ha invitato ad andare da lei e così è nata la nostra amicizia. Sono rimasta diversi giorni nella malga dove all’epoca teneva le capre in estate, tra schizzi di latte, taglieri di formaggi squisiti, risate, gente che andava e veniva. Sono tornata altre volte a trovarla e siamo sempre rimaste in contatto durante questi anni”.

Descritta come un modello di integrazione, Agitu si era scontrata con episodi di razzismo e discriminazione. Circa due anni fa, aveva ricevuto minacce e subito un’aggressione a sfondo razziale da parte di un suo vicino - “Sporca negra te ne devi andare”, secondo quanto riportato dalla stampa locale. L’uomo era stato condannato a 9 mesi per lesioni, ma assolto dall’accusa di stalking aggravato dall’odio razziale.

Questa storia l’aveva amareggiata ma la sua forza era inarrestabile, racconta ancora Amicucci. “Se dovessi scegliere una parola per descriverla, sceglierei forza. Sia per quello che faceva in Etiopia, dove ha avuto il coraggio di confrontarsi con un sistema così repressivo perdendo amici e compagni, sia per la sua attività in Trentino, dove è riuscita a inserirsi in una comunità di montagna sviluppando una realtà imprenditoriale di grande successo e in armonia con l’ambiente. Era una donna indipendente e aveva costruito attorno a sé una rete di amicizie e persone che la sostenevano. Era una persona iper socievole, allegra, che non si scoraggiava mai, sempre con il sorriso”.

Il 7 marzo del 2017 la senatrice Emma Bonino la volle al suo fianco in un’iniziativa di sensibilizzazione sul ruolo delle donne immigrate e rifugiate in Italia. “L’obiettivo – ricorda la senatrice - era far conoscere la sua storia che rappresenta uno straordinario esempio per tutte le donne rifugiate nel nostro Paese. Dalle sue parole, quel giorno, siamo riusciti a cogliere tutta la sua forza, determinazione, passione politica: la sua scomparsa tragica lascia un grande vuoto”.

Il 4 ottobre sul suo profilo Facebook Agitu pubblicava una foto delle sue capre accompagnata da un vero e proprio messaggio d’amore: “Amore incondizionato, nulla conta di più di loro nella mia vita e nulla mi appaga come il loro amore puro incondizionato, sono la mia forza e il mio rifugio, sono in grado di rigenerarmi, mi trasmettono serenità, tranquillità. Sono grata a loro, esisto perché ci sono loro e sono la mia vita”. Aveva imparato a proteggere le sue capre dagli orsi. “Quando vedo impronte o segnali della presenza di un orso – raccontava sul sito - mi chiudo in auto con dei petardi. Basta fare un po’ di rumore e il mio ‘vicino’ sa che è meglio andare da qualche altra parte”.

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La scorsa estate Legambiente aveva riconosciuto il valore del progetto di Agitu assegnandole la Bandiera Verde. “Era stata molto contenta e orgogliosa del riconoscimento, la notizia della sua morte ci lascia sgomenti”, commenta ad HuffPost Andrea Pugliese, presidente di  Legambiente Trento. “Abbiamo premiato La Capra Felice con la Bandiera Verde per il suo doppio valore di recupero delle tradizioni pastorali ed esperienza imprenditoriale brillante. Ci sono diverse attività di questo tipo in provincia, ma l’unicità dell’esperienza di Gudeta – donna, attivista, rifugiata – ci ha spinto a scegliere lei come modello d’iniziativa capace di coniugare tradizione, qualità e sostenibilità economica, un’attività portata avanti con coraggio come imprenditrice”. 

Non aveva paura di niente, Agitu, e la sua mente era in continuo movimento, come la sua azienda. Malgrado le difficoltà imposte dal Covid, l’imprenditrice aveva grandi progetti per il futuro: aveva comprato un edificio dismesso dietro la sua abitazione per poter realizzare un agriturismo bio la prossima primavera. “Aveva un senso imprenditoriale e creativo molto forte, era capace di realizzare, oltre che di pensare”, conclude Amicucci. “Aveva in programma di aprire una foresteria con un piccolo bed and breakfast, aveva già chiesto i permessi per fare i lavori: eravamo tutti in attesa di andare a trovarla. Era una forza della natura, Agitu, la sua morte lascia un vuoto incolmabile”.

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Scritto da HUFFPOST   
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