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Caso Moro, il procuratore Lupacchini
Venerdì 26 Febbraio 2021 16:04

https://www.youtube.com/watch?v=6Uyz3QZuARo

Intervista a Roberto Saviano

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Caso Moro, il procuratore Lupacchini rievoca ad “Atlantide” l’interrogatorio a Cutolo del 1993

Ieri sera a La7, nel corso della puntata di “Atlantide” dedicata ai segreti del boss Raffaele Cutolo, il conduttore e autore del programma, Andrea Purgatori, ha intervistato il procuratore Otello Lupacchini, che nel 1993 aveva ascoltato Don Raffaele nell’ambito dell’istruttoria sulla “banda della Magliana”, il quale aveva fatto importantissime rivelazioni sul caso Moro. Un interrogatorio del quale già all’epoca si era discusso a lungo perché Cutolo aveva detto senza molte perifrasi che era stata individuata la “prigione del popolo” nella quale le Brigate Rosse trattenevano il presidente della Dc ma i poteri forti a partire dallo stesso partito decisero che non era il caso di liberarlo…

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GENTILISSIME/i,

non era il caso di liberarlo, si espresse così un ministro della Democrazia Cristiana. Avevano la verità a portata di mano e la strada per liberarlo e non  ne vollero sapere, cercarono i colpevoli..., la manovalanza e li   rinchiusero nel carcere di massima sicureza  dell' Asinara in Sardegna, nella famigerata sezione Fornelli, erano felicissimi,  Moro serviva più da morto che  vivo. Si servirono del Generale Dalla Chiesa, che per promozione lo Stato, la Democrazia Cristiana, lo mandarono al massacro in Sicilia.  E' la verità? Vecchi democristiani ancora vivi,se è così, peste vi colga.  Quelli di oggi cosa ne pensano? Il Presidete Mattarella che ha da poco ricordato Francesco Cossiga,  Franceschini, Gentiloni, Renzi, sono informati e cosa dicono della storia  che Moro tenuto e torturato psicologicamente nella prigione del popolo, da una banda di fanatici falliti, criminali infiltrati,  in via Montalcini, a due passi  dalle loro abitazioni, vecchi democristiani,dormivate e sognavate il funerale di Moro, dopo aver pregato e scritto  a Paolo Sesto. I disperati delle Br ancora blaterano e ricevono il sussidio dai servizi sociali. Volevano disarticolare lo Stato, il prezzo fu di centinaia di morti innocenti, famiglie i distrutte. Figli e figlie di famiglie benestanti, si organizzarono  , guidati dai cattivi maestri formatisi a Sociologia di Trento; pensavano di poter facilmente   instaurare la dittatura del proletariato, in una democrazia nata dalla Resistenza,e dalla  guerra di liberazione nazionale, dal nazi-fascismo. Volevano abbattere lo Stato, come con  Alliende in Cile, l'appoggio, l'incoraggiamento  e i finanziamenti degli americani, non mancavano.

Sei inchieste (di cui una ancora aperta) 23 sentenze, una serie di indagini ancora in corso. Si racchiude in queste cifre la vicenda giudiziaria del caso Moro apertasi il 16 marzo 1978 in via Fani con il sequestro dell’on. Aldo Moro e la strage dei cinque uomini della sua scorta. Non avrete pace, fino a quando morte vi sotterri.

Nel libro AGNESE MORO "UN UN UOMO COSI",  ci regala una piccola dedica: caro Mario e moglie, non perdiamoci di vista... L'arancia... è bello vedergliela sbucciare con calma. Prima un cerchio sopra, poi un cerchio sotto, poi i tagli in verticale tra un cerchio e l'altro. 

Non ha mai smesso di occuparsi dei suoi studenti. Anche da Presidente del Consiglio o da ministro degli Esteri ha sempre seguitato ad insegnare il diritto penale all'università. Gli piace molto insegnare, ascoltare i giovani, incontrarli, accompagnarli a scoprire pezzi del mondo. Li porta a visitare i carceri, manicomi giudiziari.

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(A.M.)

  Noi non vogliamo esserer gli uomini del passato, ma quelli dell' avvenire. Il domani non appartiene ai conservatori ed ai tiranni; è degli innovatori attenti e seri, senza retorica. E quel domani nella civile società appartiene, anche per questo, largamente , alla forza rivoluzionaria e salvatrice del cristianesimo. Lasciamo dunque che i morti seppelliscono i morti. Noi siamo diversi, noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e rari sostenitori di un mondo ormai superato

Aldo Moro

 

 

cutolo_1.jpg Cutolo 

L’ istruttoria sulla “banda della Magliana” oltre all’ omicidio di Mino Pecorelli e all’ uccisione di Roberto Calvi, dunque, si era estesa al caso Moro. L’11 dicembre del 1993, in una località segreta, il giudice istruttore Otello Lupacchini aveva interrogato Raffaele Cutolo in merito ad alcune sue dichiarazioni secondo le quali sarebbe stato a conoscenza del luogo in cui lo statista Dc era tenuto prigioniero, durante il sequestro. Ovvero il covo di via Montalcini.

Cutolo non aveva rifiutato di rispondere alle domande del magistrato, anzi, come ha ribadito ieri sera Lupacchini, ha raccontato particolari e fatto alcuni nomi di persone che si sarebbero interessate alla vicenda. Il boss della camorra aveva dichiarato alla televisione tedesca, nei mesi precedenti, che avrebbe potuto salvare Moro perché grazie a un membro della “banda della Magliana” era stata scoperta la cosiddetta “prigione del popolo”.

 

Ma ecco i particolari salienti che ha ricordato giudice Lupacchini. Durante una visita in carcere, l’ avvocato Francesco Gangemi avrebbe chiesto a Cutolo di interessarsi del caso Moro, dopo alcuni giorni dal sequestro, organizzato dalle Brigate rosse. La richiesta di un intervento di Cutolo sarebbe venuta da ambienti della Dc. Don Raffaele si attivò e dal carcere riuscì a contattare due esponenti della “banda della Magliana” che organizzarono la ricerca della prigione. Il covo di via Montalcini, secondo Cutolo, fu individuato da Nicolino Selis, un suo uomo di fiducia insieme a Franco Giuseppucci.

Selis, all’ epoca del sequestro Moro era un latitante e abitava, sotto falso nome, in un appartamento vicino a via Montalcini, non molto lontano dalla Magliana. Non appena Cutolo apprese la notizia della scoperta del covo brigatista convocò l’avvocato Gangemi e gli disse che era pronto a trattare la liberazione di Moro con un esponente della Dc. Secondo il racconto del boss, il legale nei giorni successivi, anziché sviluppare le trattative lo informò che non se ne faceva più nulla.

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Il magistrato Lupacchini

Cutolo avrebbe, anche, detto al magistrato che il suo luogotenente, Vincenzo Casillo, gli fece pervenire un messaggio: “Su Moro stai alla larga. Fatti gli affari tuoi”. In sostanza il racconto di Cutolo ribadisce un concetto già da lui espresso: Moro si poteva salvare ma la Dc lo impedì.

I particolari, forniti durante l’ interrogatorio di Cutolo del 1993, presentavano alcuni aspetti singolari. Nicolino Selis, Franco Giuseppucci e Vincenzo Casillo sono stati uccisi in diverse occasioni. Si è sempre parlato di regolamenti di conti tra la malavita. La morte di Casillo, invece, ha alimentato i sospetti di un omicidio organizzato dai servizi segreti. La sua auto saltò in aria, pochi mesi dopo che il luogotenente di Cutolo si era adoperato insieme ad agenti dei servizi segreti per la liberazione di Ciro Cirillo.

Ed è proprio il sequestro e la liberazione di Cirillo a rendere, in un certo senso, credibili le rivelazioni di Cutolo sul caso Moro. Perché la Dc si rivolse al boss della camorra per cercare di salvare Cirillo? Forse perché aveva già collaudato l’ efficienza dell’ organizzazione di Cutolo durante il sequestro dello statista dc?

C’ è da aggiungere che anche Buscetta ha affermato che fu contattato, mentre era in carcere, per tentare di salvare Moro ma, poi, la mafia gli fece sapere di non interessarsi più del caso, perché qualcuno voleva che Moro fosse ucciso.

Un fatto è certo. Indagando sull’ attività della “banda della Magliana”, il giudice Lupacchini è riuscito a scoprire un intreccio tra malavita romana, mafia, P2, servizi segreti. A questo proposito sembra che Cutolo, parlando del suo interessamento per il caso Moro abbia precisato che consigliò a Selis e Giuseppucci di non far parola con altri esponenti della “banda della Magliana”. Il boss della camorra avrebbe sostenuto che parte della malavita romana era in stretto rapporto con i servizi segreti e con esponenti della massoneria. In sostanza non c’ era da fidarsi di nessuno. Il giudice istruttore Lupacchini aveva raccolto, in quel periodo, numerose dichiarazioni da parte di pentiti che facevano parte della malavita romana e già allora si era trovato di fronte a scenari sconvolgenti.

Scritto da COSENZA SPOT-Mario Arpaia   
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