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EUTANASIA DI UN PARTITO CON RADICI PROFONDE
Giovedì 25 Marzo 2021 09:11

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MARIANNA MADIA

https://www.youtube.com/watch?v=htpUmV264Pg

TRATTO DAL QUOTIDIANO LA REPUBBLICA - foto e filmato

Pd, il j'accuse di Madia: "Nella partita del nuovo capogruppo una cooptazione mascherata di Serracchiani". Delrio: "Le stimo entrambe"

L'ex ministra scrive ai deputati dem e punta il dito contro Delrio per il suo sostegno a Serracchiani. "E' stato lui a propormi di mettermi in gioco, ma è diventato promotore di un altro nome. E' una forma di cooptazione mascherata". Delrio: "Mai proposto a nessuno di candidarsi, ho espresso la mia opinione".

“Care colleghe, cari colleghi, la verità rende liberi. E parlarci con chiarezza senza bizantinismi penso possa aiutare a riannodare il filo spezzato di una comunità democratica che è viva ed esigente con chi la rappresenta”. Marianna Madia, in gara per la guida del gruppo del Pd alla Camera, comincia così la lettera inviata ai compagni e amici dem. Un j’accuse al capogruppo uscente Graziano Delrio,  che sostiene l’altra candidata Debora Serracchiani su cui confluiscono i consensi anche della corrente di Base riformista, capeggiata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti.

Pd, Serracchiani verso il ruolo di capogruppo alla Camera. Ultimo nodo: la presidenza della commissione Lavoro

Una competizione tra due donne per la leadership che - è la denuncia di Madia - “è ripiombata nel gioco di accordi trasversali”. Aggiunge che di fatto l’elezione della capogruppo è diventata “una forma di cooptazione mascherata”. 

La sfida tra donne, voluta dal neo segretario Enrico Letta, in un ruolo cruciale quale è la guida del gruppo parlamentare, non avrebbe quindi portato aria nuova e vento fresco, bensì riproposto il gioco correntizio: è la denuncia. Scrive Madia: “È stato proprio Delrio a chiedermi di mettermi in gioco con la mia candidatura insieme a quella della mia amica stimata Debora Serracchiani”. Però “da arbitro di una competizione da lui proposta si è fatto promotore attivo di una delle due candidate, trasformando ai miei occhi un confronto libero e trasparente in una cooptazione mascherata”. Senza nulla togliere alla “autorevolezza di Serracchiani” per Madia appunto di “cooptazione mascherata” si tratta e questa distanza “tra forma e sostanza non è sana”.

 

Pd, Simona Malpezzi è la nuova capogruppo al Senato. E alla Camera vacilla l'ipotesi Serracchiani. Martedì il voto

Madia analizza la questione della leadership femminile: “La strada da fare è ancora lunga rispetto al rapporto tra donne e potere”, e ripercorre quanto  è accaduto nell’ultimo mese, ovvero la squadra di governo solo maschile, la questione delle donne nel partito e quello scontro di correnti che hanno poi portato alle dimissioni dell’ex segretario Nicola Zingaretti e infine all'elezione di Enrico Letta

Delrio chiamato in causa risponde: “Per me e Letta la competizione non era un problema. Non ho invitato nessuno a candidarsi e nessuno a non farlo, perché poco rispettoso della libertà. Ho espresso serenamente la mia opinione su cosa voterò a chi lo chiedeva dicendo comunque la stima per entrambe… e non ho fatto trattive di alcun genere anche perché direi di avere già fatto la mia parte”. 

Il clima è acceso e la tensione altissima nel Pd. Ieri sera, dopo la riunione di Base riformista, l’elezione di Serracchiani era data per scontata avendo l’asse Guerini-Franceschini-Delrio la maggioranza dei consensi tra i deputati: una sessantina su 93. Era altresì ritenuto (quasi) scontato che come vice capogruppo potesse essere indicato Piero De Luca, deputato vicino a Lotti, figlio del governatore campano Vincenzo

La lettera di Madia arrivata sulla posta dei deputati dem a metà pomeriggio scompiglia le carte. L’ex ministra conclude: “Non è un problema solo di questo passaggio, ma di come si fa politica: grazie al segretario Letta ne discutiamo proprio in questi giorni nei circoli…comunque vada sarà bello, siamo persone libere e da qui inizia una storia diversa”.

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Quando il 4 marzo scorso Nicola Zingaretti si è dimesso da segretario è sembrato che il Partito democratico, nato appena 13 anni fa, fosse sul punto di implodere. Già il 4 marzo di tre anni prima la sconfitta disastrosa alle Politiche del 2018, dopo una legislatura trascorsa tutta al governo, pareva aver aperto una crisi irreversibile. Di fatto, quasi non c'è stato un anno nella vita del Pd in cui non si sia presentato il sospetto o il timore del fallimento.

Cosa è un partito che diventa ingovernabile e cambia in 12 anni otto segretari, è una lotta per bande, qualunquisti, in piena pandemia. Il cinismo è il loro credo, autoreferenziali fino all’ossessione. Parlano della base del partito, quel che resta degli illusi come noi. Aveva ragione l’ avvocato Agnelli quando gli chiesero se era deluso dal governo, rispose immediatamente: nella mia vita non mi sono mai illuso, non conosco la parola delusione.

Enrico Letta a detta del filosofo Massimo Cacciari, fa politica fin da quando aveva i pantaloni corti. Formatosi con Prodi, alla casa editrice il Mulino, sotto la guida di Beniamino Andreatta, quel signore distinto che fumava la pipa. E' una persona colta, preparata politicamente che si deve misurare quotidianamente con un gruppo di incolti, pronti ad osteggiarlo. Sono politici senza nessun progetto, furbi fino all’eccesso, tutti sanno che la furbizia è una virtù servile.

Italia Viva, gli onorevoli e i senatori, sono stati eletti con i nostri voti, i voti dello zoccolo duro,i voti del vecchio PCI. Hanno buttato giù un governo che sapeva governare, per invidia, sarebbe interessante conoscere il pensiero di Graziano Delrio sull’a cacciata di Giuseppe Conte, fematelo con il cartellino rosso!. Cosa ha fatto per impedire che ciò accadesse e nascesse l’obbrobrio del governo delle larghe intese. La stampa e le televisioni hanno fiutato l’aria ed hanno chiesto in coro l’ uomo della provvidenza, pur di accontentare la Confindustria e i poteri forti.

Barbara Serracchiani, inventò la parola rottamazione, verso il ruolo di capogruppo alla Camera. Ultimo nodo: La vice presidente dem ora può contare sull'asse Delrio – Franceschini - Guerini. Base riformista, ieri, ha deciso nell'ultima riunione di appoggiarla con 60 deputati su 93. Martedì la votazione. La Serracchiani è la stessa di quando governava Renzi, ed era Presidente della Regione Friuli,(un disastro) vice di Renzi, tutte le sere al telegiornale, raccontava di un paese felice, dove tutto andava bene. Al governo ci siamo trovati i Cinque stelle e la Lega di Salvini. La spina nel fianco sono Renzi e Delrio, ancora una volta  condizionano Enrico Letta, sette anni trascorsi in Francia tra i giovani, ha imparato e vuole far vincere il Pd. I padroni  di ciò che resta del Partito democratico, non emozionano, non sono affidabili, Renzi li ha contagiati e resi poco simpatici. Delrio con il suo fare pretesco, ha reso Il Pd odioso e impraticabile.

Ci siamo fortemente impoveriti, quando cesserà la cassa integrazione, e le aziende potranno licenziare, saranno lacrime e sangue, le tensioni si riverseranno nelle piazze.

L’aria che si respira nel Pd è la stessa degli altri partiti, la giustizia, la verità,ce la possiamo sognare, Berlusconi che siede nel governo, ogni qualvolta deve presentarsi nei processi, come un semplice impiegato Statale, invia il certificato medico.

Il Covid sta facendo giustizia, non guarda in faccia a nessuno, non sappiamo fino a quando, i benestanti potrebbero acquistarlo privatamente, forse lo stanno già facendo. Il grosso dei vaccini non arriva, le persone a rischio dai 70 agli 80 apettano di essere chiamati.

Storicamente i poveri, diventano ogni giorno più poveri, i ricchi e le mafie prosperano.

Caro presidente, lei è una bravissima persona, ma arriva a tempo scaduto, per salvare il salvabile, la caduta di Zingaretti ha messo fine al sogno della rinascita. E' necessario come ha spiegato Bersani, inventarsi qualcosa che non sia più Partito Democratico, va rottamato...!

Di seguito una gran bella storia, con il futuro davanti e non come oggi il passato.

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Anno: 1963 Regia: Mario Monicelli

Cast: Marcello Mastroianni, Renato Salvatori, Annie Girardot, François Perier, Raffaella Carrà

Trama: Torino, fine Ottocento. Sono in migliaia a lavorare nell’industria tessile vicino a p.ta Susa, orari e condizioni di lavoro massacranti, quattordici ore ogni giorno ed una breve pausa di mezz’ora per mangiare quel poco per pranzo. A fine turno gli operai arrivano stremati, stanchi, assonnati per il lavoro alienante e ripetitivo così gli incidenti, gli infortuni sono all’ordine del giorno. Dopo l’ennesimo operaio che ci rimette una mano, i colleghi stremati e stanchi di accettare quelle condizioni decidono di presentare all’Ingegnere (Mario Pisu) le loro lagnanze. Ma ci vuole qualcosa di più clamoroso, eclatante ed efficace ma agli smarriti lavoratori manca una guida comune che indichi loro la via. Ed ecco che dal nulla compare il prof. Sinigaglia (Marcello Mastroianni) in fuga da Genova dove la Questura lo sta ancora cercando. Il professore arringa la folla di operai con oratoria convincente e persuasiva, spingendoli a scioperare ad oltranza per ottenere risultati concreti. La lotta è dura, i sacrifici enormi, ci si aiuta a vicenda improvvisando collette che ovviano alla mancanza di casse mutua o altri istituti assistenziali, la lotta operaia è solo all’inizio.

Analisi: E’ il 1963 quando Mario Monicelli dirige questo importante film sulle prime lotte operaie in Italia, un film basato su una sceneggiatura originale a cui lo stesso Monicelli collaborò insieme al solito duo delle meraviglie Age e Scarpelli. Un film che il maestro amava particolarmente tanto da preferirlo addirittura al ben più noto La grande guerra, girato solo l’anno prima. In Italia I compagni non ha un grandissimo successo di pubblico nonostante un Nastro d’argento ed una nomination agli Oscar del ’64 per la sceneggiatura originale.

In realtà il film è uno splendido affresco storico-sociale sull’Italia di fine Ottocento e sul mondo operaio in particolare. Un film in cui Monicelli lascia poco spazio alla commedia, la componente drammatica è indubbiamente predominante, forse come mai prima di allora da parte del grande regista toscano. Ma a differenza dei capolavori neo-realisti Monicelli racconta sempre con quel pizzico di ironia che è il suo tratto distintivo, la sua firma d’autore a cui non riesce, grazie al cielo, a rinunciare. Una ricostruzione scenica impeccabile, la fotografia diretta con la solita bravura da Giuseppe Rotunno ed un cast di attori noti e meno noti ma dove proprio i volti più sconosciuti, ma sorprendentemente credibili per il periodo storico in questione, sono quelli più convincenti. Mastroianni è comunque superbo nell’interpretare lo scalcinato intellettuale il quale è disposto a qualsiasi rinuncia pur di diffondere tra i lavoratori lo spirito e la consapevolezza di classe, e far conoscere così anche in Italia il concetto marxista di lotta proletaria. Lui rappresenta il volto politico della protesta, la guida ideologica di una classe sociale ancora orfana di leader e partiti guida ma che, in un Italia ormai industrializzata quanto le altre nazioni europee, non può più sopportare il cieco e intollerabile sfruttamento della classe padronale. I compagni è un film straordinario che permette ancora oggi di conoscere e capire in quali condizioni si viveva e lavorava in un Italia lontana e certo diversa da quella attuale, dove però condizioni di estrema povertà e indigenza stanno tornando drammaticamente all’onore delle cronache.

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I compagniè l’ennesimo dono lasciatoci in eredità da uno dei più grandi registi italiani di sempre, un preziosissimo esempio di cinema verità che solo di rado lascia campo alla retorica, raccontando con realismo, vividezza e ironia un capitolo di storia non particolarmente considerato dalla cinematografia nazionale. Un film che insegna, commuove, diverte e induce a riflettere perchè, in fondo, potremmo scoprire e sorprenderci di quanto sia attuale.

 

Scritto da Giovanna Casadio QUOTIDIANO LA REPUBBLICA-MARIO ARPAIA   
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