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Lunedì 12 Aprile 2021 17:39

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Zaki, messaggio dal carcere: "Sto resistendo, grazie per il supporto a tutti"

 
Il giovane egiziano studente a Bologna, in carcere da oltre un anno, ha ricevuto la visita della fidanzata
12 Aprile 2021 2 minuti di lettura
All' Ambasciatore del Cairo a Roma
All' Ambasciatore dell' Italia al Cairo
 
L'Italia sta facendo il possibile per concedere a Zaki la cittadinanza, al Cairo stanno facendo il possibile per trattenerlo in carcere il più possibile, un accanimanto che ha come controparte gli scambi commerciali tra le due nazioni sulla pelle di un povero Cristo , incarcerato innocentemente. La sua forzad'animo fa tenerezza, è un figlio di tutti gli italiani perbene, che credono nella democrazia, la peggiore è sempre meglio di una dittatura. Non ci stancheremo di sostenerlo, di comunicargli farzae pazienza, tanta pazienza. Sono passati cinque anni dall'uccisione di Giulio Regeni, diteci la verità .
 
E' confuso per l'ennesimo prolungamento della detenzione preventiva: altri 45 giorni, dopo più di un anno. Legge Marquez, lui che ama la letteratura ed è solo ad affrontare l'ingiusta prigionia: "Cent'anni di solitudine". E affida proprio a questo libro un messaggio scritto al suo interno per i suoi sostenitori e amici: "Sto resistendo". Sono gli attivisti che lottano per la sua liberazione a informare dell'incontro del giovane ricercatore egiziano iscritto all'Alma Mater con la sua fidanzata. Un resoconto che arriva alla vigilia della discussione in senato per chiedere che gli sia concessa la cittadinanza italiana.
 
"Sembrava stare bene in generale, ma era confuso su quanto accaduto nell'ultima udienza e ha detto che sapeva che la sua detenzione era stata rinnovata per altri 45 giorni, ma non era a conoscenza dello stato dell'appello presentato dai suoi avvocati per sostituire i giudici che si occupano del suo caso", si legge sulla pagina Facebook "Patrick Libero". La ragazza lo ha aggiornato sul fatto che la richiesta dei suoi avvocati è stata respinta.
 
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Patrick ha dato alla fidanzata una copia di 'Cento anni di solitudine' con una nota all'interno scritta in italiano: "Sto ancora resistendo, grazie a tutti per il vostro sostegno". Quando la ragazza ha cercato di consolarlo, Patrick "ha sorriso con sarcasmo dicendo che si sta provando ad adattare alla prigione, in un modo che faceva intendere che ha perso la speranza di essere liberato presto e che sta rimanendo forte per coloro che ama".
 
Patrick ha anche menzionato che, mentre stava lasciando la sua struttura di detenzione, prima della sua ultima sessione di udienza, il direttore della prigione "lo ha fermato e gli ha detto che non gli permetterà di entrare di nuovo finché non si sarà tagliato i capelli, mentre rideva con gli altri agenti di polizia intorno a lui". E gli attivisti, indignati, commentano: "Questo è a dir poco ingiusto, anche i piccoli dettagli sono controllati, il suo corpo e il suo aspetto sono soggetti alla loro opinione. Continuiamo ad aggrapparci alla speranza che sia presto libero".

La cittadinanza italiana a Patrick Zaki

Sono gli studenti universitari dei quattro atenei in Emilia-Romagna a scrivere ai presidenti di Camera e Senato per appoggiare la richiesta già contenuta nella mozione presentata dal Pd e che conta tra i firmatari anche la senatrice a vita Liliana Segre, alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle, Italia viva, +Europa, Lega e gruppo Misto. Il testo sarà presentato mercoledì a Palazzo Madama insieme alla mozione promossa dalla senatrice bolognese del M5S Michela Montevecchi per chiedere al Governo di attivare i canali della Convenzione Onu contro la tortura ratificata anche dall'Egitto. Una strada che consentirebbe di arrivare sino alla Corte di giustizia internazionale.

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Insomma, è pressing politico per la liberazione dello studente iscritto al master in Studi di genere dell'Alma Mater, da 14 mesi incarcerato a Tora, alla periferia del Cairo. La scorsa settimana è stata prolungata la detenzione cautelare per altri 45 giorni, "uno stillicidio che lo distrugge nella sua dimensione fisica e psichica. Noi continuiamo, ogni giorno, a pensare cosa possiamo fare nella nostra quotidianità per aiutarlo" scrivono i 17 presidenti degli organi accademici delle università di Bologna, Ferrara, Modena-Reggio e Parma, dei Conservatori e delle Accademie di Belle arti della regione. Di qui la richiesta "alle istituzioni di fare tutto il possibile, e anche l’impossibile, perché Patrick possa tornare a studiare con noi".

Senato, il Pd presenta una mozione per la cittadinanza italiana a Patrick Zaki. Tra i firmatari anche Segre, 5S, Leu, Lega e Iv

16 Marzo 2021

La mobilitazione non si ferma, anzi, "noi chiediamo un intervento più deciso" spiega Andrea Giua, 25 anni, presidente della consulta regionale degli studenti. La richiesta di cittadinanza è partita da una petizione online da 200mila firme del gruppo “Station to station”. È sostenuta dal governatore Bonaccini e dal sindaco Merola. "Noi rappresentiamo oltre 160.000 studentesse e studenti che hanno scelto di portare avanti i propri studi in Emilia-Romagna, esattamente come ha fatto Patrick – continua la lettera - Per questo abbiamo deciso di unire le nostre voci per richiedere che gli sia concessa la cittadinanza italiana ed europea: è uno strumento necessario per garantirgli maggiori tutele legali".

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Il 25 gennaio del 2016 veniva rapito e ucciso in Egitto lo studente italiano Giulio Regeni- di Refka Znai

Sono ormai passati cinque anni dalla morte di Giulio Regeni, cittadino italiano e studente di dottorato presso l’Università di Cambridge, nel Regno Unito.  Il giovane ricercatore stava conducendo una ricerca sui sindacati indipendenti in Egitto nel periodo successivo alla Primavera Araba, subito dopo la caduta della dittatura di Hosni Mubarak (2011).

Giulio si trovava al Cairo per svolgere la sua ricerca quando, il 25 gennaio 2016, venne rapito e ucciso. Il suo corpo, con evidenti segni di tortura, venne poi ritrovato nove giorni dopo, il 3 febbraio 2016, in un fosso ai bordi dell’autostrada Cairo-Alessandria. Dopo il ritrovamento del corpo, il caso Giulio Regeni divenne di dominio internazionale, coinvolgendo gli organi politici, giudiziari e diplomatici italiani ed egiziani. 

Verità per Giulio Regeni, è questa la Campagna lanciata da Amnesty International e sostenuta da migliaia di persone attivatesi per chiedere che sull’uccisione di Giulio Regeni venga accertata giudizialmente la verità e colpevoli e mandanti della sua sparizione, tortura nonché uccisione vengano assicurati alla giustizia. L’omicidio di un giovane ricercatore come Giulio non può essere lasciato cadere nell’oblio. La mobilitazione convolge associazioni, enti, amministrazioni pubbliche, sindacati, scuole, organi di stampa e giornalisti.

Ad oggi però nulla è ancora certo e la morte di Giulio resta avvolta nel “mistero”. L’ostilità nell’aprire un processo a riguardo, da parte della procura egiziana – che altro non fa che cercare scusanti - non garantisce di certo una svolta nella soluzione dell’omicidio del ricercatore italiano.

Purtroppo, però la morte di Giulio Regeni non è un evento isolato in quanto esso si colloca in un contesto di torture, morti in carcere e sparizioni forzate avvenute in tutto l’Egitto negli ultimi anni.

Basta infatti pensare all’incarcerazione di Patrick Zaky, attivista egiziano (presso l’iniziativa egiziana per i diritti personali, EIPR) e studente dell’università di Bologna. Incarcerato e torturato per aver osato esercitare un suo diritto fondamentale: libertà di espressione. L’attivista egiziano è stato arrestato il 7 febbraio 2019 all’aeroporto del Cairo mentre stava ritornando dall’Italia; dopo aver subìto un lungo interrogatorio è stato arrestato con l’accusa di “istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione”. Dal suo arresto Patrick si trova attualmente in detenzione preventiva fino a data da destinarsi. Pestaggi, torture, elottroshock. È questo quello che sta subendo attualmente il giovane  ventisettenne egiziano, ed è questo il destino di tutti quelli che come lui hanno coraggiosamente deciso di dedicare parte della loro vita all’attivismo politico all’interno della dittatura egiziana.

Già con il governo di Hosni Mubarek i diritti umani in questo Stato erano costantemente calpestati e violati dalle autorità, situazione che è andata peggiorando dopo lo scoppio della primavera araba e il susseguirsi dei diversi governi post rivoluzione fino ad arrivare all’attuale governo di Abdel Fattah al-Sisi. Le autorità egiziane nel corso degli anni hanno fatto ricorso a diverse misure repressive contro manifestanti, attivisti e qualsiasi dissenziente del governo e delle sue politiche repressive. Tra i diritti più calpestati in Egitto troviamo la libertà di espressione - sottoposta appunto a una radicale censura - la libertà di riunione pacifica e la libertà d’associazione. A denunciare l’efficace macchina di repressione creata dal governo di Al Sisi, contro ogni forma di dissenso, è il rapporto: “stato permanente di eccezione” elaborato da Amnesty International. Tale rapporto denuncia le gravi violazioni dei diritti umani motivati dall’allerta contro il terrorismo e dallo stato di emergenza (rinnovato ogni 3 mesi dal 2017, aggirando il limite costituzionale di 6 mesi); a pagare le spese di questa politica di repressione sono ovviamente attivisti, giornalisti, e anche semplici cittadini che rischiano di essere arrestati e detenuti arbitrariamente per mesi se non anni, senza che si giunga mai a un processo.

Refka Znaidi

 

Scritto da Ilaria Venturi   
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