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Terrorismo, arrestati a Parigi sette brigatisti rossi
Mercoledì 28 Aprile 2021 07:30

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Terrorismo, arrestati a Parigi sette brigatisti rossi. Tre sono sfuggiti alla cattura

Gentilissime/i,

da tempo che l'italia chiedeva alla Francia l'estradizione dei terroristi delle Br, sono passati 40 anni ed è come fosse ieri, non sappiamo se hanno da   aggiungere altro a quanto già sappiamo della mattanza di innocenti, poliziotti e carabinieri che facevano il loro dovere. Una banda per lo più di figli di papà, benestanti. Sono stati anni di terrore, l' uccisione di Calabresi, una vendetta terribile. Con Moro erano arrivati al cuore dello stato. Una ferita mai chiusa, tanto dolore, famiglie distrutte per la perdita del genitore, del marito, della guida dei figli,  disgregate. Vite straziate, carriere, nessuna giustificazione, un gioco mortale di pazzi furiosi.


Tra loro Pietrostefani, Cappelli e Petrella. Presi anche Calvitti, Alimonti, Tornaghi e Manenti

Sono stati arrestati tutti a Parigi i sette ex brigatisti fermati dalle autorità francesi su richiesta dell'Italia. L'operazione, secondo quanto si apprende da fonti italiane, è stata condotta dall'Antiterrorismo della polizia nazionale francese (Sdat) in collaborazione con il Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol e con l'Antiterrorismo della Polizia italiana e con l'esperto per la sicurezza della polizia italiana nella capitale francese.

Marc Lazar: "Scrittori francesi, studiate gli anni di piombo"

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  I brigatisti arrestati in Francia questa mattina sono in attesa di essere presentati al giudice per la comunicazione della richiesta di estradizione da parte dell'Italia. Secondo quanto apprende l'ANSA da fonti investigative francesi, si tratta di Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, tutti delle Brigate Rosse; di Giorgio Pietrostefani di Lotta Continua e di Narciso Manenti dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale.

Dossier anni di piombo. La Francia disponibile al rimpatrio di 11 terroristi

10 Aprile 2021

  Sono Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura gli ex br in fuga dopo l'operazione della polizia francese scattata questa mattina.

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Sarà crollata la dottrina Mitterand una volta per tutte? Forse questa è la volta buona dal 2002? Quella politica che ipocritamente riconosceva il diritto di asilo politico ai presunti “ex terroristi” italiani proclamata col suo annuncio al Palais del Sports di Rennes il 1 febbraio del 1985. Evasi o fuggiaschi che si rifugiarono in Francia dove hanno vissuto in contumacia sino ad oggi, diventando persino eroi da parte di quella sinistra internazionale che ha solidarizzato loro, cittadini protetti.

Un atteggiamento che ha persino portato in passato molti intellettuali e scrittori della sinistra francese a scendere in piazza per manifestare solidarietà agli ex terroristi e che hanno persino favorito la fuga di Battisti in Brasile, ormai reso alla giustizia italiana dal 2019!

Eroi vigliacchi di una lotta armata che non hanno scontato la loro pena e si sono fatti beffa della giustizia italiana e del dolore dei famigliari delle vittime del terrorismo.

Che giustizia sia fatta, se si può dire ormai così a distanza di anni, ma che non sia concepita come vendetta. Non è questo che le vittime del terrorismo cercano a mio avviso!

Mi auguro solo che, al rientro degli assassini, non sorgerà in Italia un movimento o un comitato di solidarietà per la loro scarcerazione. Non si possono ignorare le tragedie che hanno provocato senza mai essersi pentiti. Esempi di storia di viltà per avere teso agguati a cittadini indifesi e per essere scappati vigliaccamente per non affrontare il carcere.

Non dimentichiamo che oggi molti ex terroristi, specie attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, ma non solo, giustificano ancora i delitti commessi adducendo motivazioni assolutamente deliranti e lugubri sul piano ideologico, politico e umano. È questa una forma di terrorismo culturale e psicologico, che non usa la P38 o la Beretta, ma il potere della parola e dell’informazione che agisce con discrezione e i cui effetti non si vedono immediatamente, ma rischiano di dilatarsi nel tempo con il rischio di insinuarsi nelle coscienze dei giovani.

Ecco perché bisogna utilizzare eventi come quelli di oggi non per una gioia effimera, ma per ricordare quegli anni e trasmettere la memoria di quegli eventi come strumento per costruire nuove generazioni in cui si insinuino invece i valori di giustizia, legalità e rispetto della vita umana, con il ripudio della violenza come metodo di lotta politica. Per un ideale non si ammazzano altri esseri umani.

 

Christian Iosa

 

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Christian Iosa
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La dottrina prende il nome del presidente socialista francese François Mitterrand ed era diretta a non concedere l'estradizione a persone imputate o condannate, in particolare italiani[1], ricercati per «atti di natura violenta ma d'ispirazione politica», contro qualunque Stato, purché non diretti contro lo Stato francese, qualora i loro autori avessero rinunciato a ogni forma di violenza politica, concedendo di fatto un diritto d'asilo a ricercati stranieri che in quel periodo si rifugiarono in Francia.

Sostanzialmente, il consiglio dei ministri francese il 10 novembre 1982, aveva già adottato un'analoga linea di prassi, prima dell'enunciazione della dottrina Mitterrand del 1985: «Non sarà tenuto conto della natura politica dell'infrazione, l'estradizione sarà concessa in linea di principio nei casi in cui siano stati commessi [...] «atti criminali (rapimento di ostaggi, omicidi, violenze che abbiano provocato ferite gravi o la morte, ecc.) di natura tale che il fine politico addotto sia insufficiente a giustificare il ricorso a mezzi inaccettabili»[2].

Questa prassi era basata su dichiarazioni orali di Mitterrand, e - secondo vari giuristi - si poneva in contrasto con le obbligazioni internazionali della Francia derivanti dalla vigenza di svariati trattati. Nel caso di rifugiati italiani, tale prassi veniva giustificata con una presunta "non conformità" della legislazione italiana agli standard europei, soprattutto per quanto concerneva le leggi speciali, l'uso della carcerazione preventiva e il rapporto con i collaboratori di giustizia.

Il presidente si opponeva a certi aspetti della legislazione anti-terrorismo approvata in Italia negli anni '70 e '80, che crea lo status di "collaboratore di giustizia" (noto comunemente come pentito), simile alla legislazione crown witness nel Regno Unito o al Witness Protection Program negli Stati Uniti, in cui è consentito a persone accusate di crimini di diventare testimoni per lo Stato e, eventualmente, di ricevere una riduzione della pena e una protezione.

La legislazione italiana prevedeva inoltre che, se un imputato fosse in grado di esercitare la sua difesa tramite i suoi avvocati, un processo tenutosi in contumacia non avrebbe avuto bisogno di essere ripetuto se questi fosse stato alla fine arrestato. La procedura italiana in contumacia è stata confermata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

La dottrina propriamente detta venne elaborata da un gruppo di lavoro (formato da alti ufficiali di polizia, avvocati, magistrati e da consiglieri dell'Eliseo e del governo francese) che nel 1984-85 esaminarono - tra gli altri - fascicoli processuali italiani relativi a latitanti italiani rifugiatisi in Francia[3], in particolare il processo 7 aprile, ma non venne mai trasposta in alcun provvedimento avente una qualche efficacia o validità giuridica.

L'enunciazione della dottrina

Mitterrand ha definito la sua dottrina durante un discorso al Palais des Sports di Rennes il 1º febbraio 1985. Mitterrand tuttavia escludeva da questa tutela coloro che avevano commesso un "terrorismo sanguinario, attivo, reale". Nel suo discorso, Mitterrand dichiarava:( Wilkipedia)

Scritto da Christian Iosa Presidente - Fondazione Carlo Perini   
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