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Home Notizie Ecco perché il compromesso con tutti danneggia la riforma- Siamo al regime?
Ecco perché il compromesso con tutti danneggia la riforma- Siamo al regime?
Venerdì 30 Luglio 2021 14:43

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GENTILISSIME/I, Ministra Cartabia, non sono carceri il DAP,di Petralia, la Procura di Milano di Greco, , di Roberto Scarpinato a Palermo. Non vivevano come in un carcere Falcone e Borsellino, non vive in carcere il Procuratore Gratteri? E' un carcere il CSM. Guardie e ladri con lo stesso destino. Non sono carceri i Tribunali, affollatissimi, sembrano il mercato del pesce di Palermo. A vucciaria, un vociare senza sosta, processi che non finiscono mai, sono la sopravvivenza per migliaia di avvocati, in cerca di una parte credibile da recitare. Una grande gabbia che raccoglie tutti è la "Giustizia" nel nostro Paese.

 Da tempo ci dedichiamo ai diritti negati ai detenuti, al loro vivere fra quattro mura, il titolo: DIRITTI UMANI CALPESTATI DA UNO STATO ASSENTE, più giusto scrivere "indifferente". Due grandi personalità, il Presidente del Consiglio Mario Draghi e La Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, sono stati costretti a recarsi al Carcere di Santa Maria Capua Vetere. Hanno fatto delle importanti promesse. A Monica Monique BjLp e a Serena Nolano che si dedicano con tantissimo amore e passione alla drammatica situazione che affligge tutte le carceri italiane, va tutto il nostro appoggio. Da 30 anni l' Associazione ANTIGONE, si batte per una detenzione umana, segue i processi per tortura ed altro,  cerca in tutti i modi di alleviare le sofferenze e le ingiustizie.E' un muro di gomma con il quale ci scontriamo, come il muro eretto dall' aeronautica militare italiana a difesa delle bugie sulla strage di Ustica. E' un paese maledetto, che comprime le libertà e nasconde la verità. E' come se vivessimo in Cina, un regime autoritario, ammantato di democrazia virtuale. L'arresto di Pannella era concordato, i Radicali italiani hanno vinto le grandi battaglie di civiltà grazie alla sinistra berlingueriana. Pannella ha governato con Berlusconi e con il diavolo in persona. Non esiste una società veramente civile fino in fondo. Per le carceri ci vorrebbe un movimento tipo le sardine. Una forza d'urto che abbatta il muro di gomma, il muro dell' omertà. I carcerati non portano voti alla politica. Avete visto la Ministra Cartabia, felicissima come una Pasqua, per la riforma che porta il suo nome e quello di Mattarella, dottoressa De Rosa, degli affari Interni del Quirinale, sa del nostro impegno, ma mai una parola di apprezzamento, ne abbiamo parlato al telefono. Una donna, la Cartabia, che professionalmente ha avuto tutto dalla vita, staremo a vedere cosa farà per gli ultimi degli ultimi della terra. Se Cristo ci da i giorni, vedremo se si realizzeranno le promesse fatte con Draghi. Una gabbia la "GIUSTIZIA" che deprime tutti!

http://witnessjournal.com/fotografare-il-carcere-intervista-a-valerio-bispuri/

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FOTOGRAFARE IL CARCERE, INTERVISTA A VALERIO BISPURI

M.A.

Monica Monique BjLp

Amministratore

DIRITTI UMANI DEI DETENUTI CALPESTATI DA UNO STATO ASSENTE

Ieri la Conferenza dei Garanti territoriali si è riunita in assemblea presso la Regione Lazio, per un incontro con il Capo del Dap, Bernardo Petralia: al centro dell’incontro la ripartenza dei colloqui e delle attività nelle carceri, dopo il superamento dell’emergenza epidemiologica. «Completata la campagna vaccinale, non possiamo permetterci ancora un anno di sostanziale chiusura delle attività», ha rimarcato Stefano Anastasìa, Portavoce della Conferenza. A tale proposito, Petralia ha dichiarato che l’amministrazione penitenziaria attende la risposta del Comitato tecnico-scientifico alle richieste sulla ripresa delle attività e i trasferimenti tra istituti, per consentire ai detenuti di poter scontare la pena vicino a casa.

 

«A memoria d’uomo non si ricorda la visita in un carcere di un presidente del Consiglio dei ministri accompagnato da un ministro della Giustizia, dopo un pestaggio disumano» ha sottolineato il Garante della Campania, Samuele Ciambriello, che ha aggiunto al Riformista: «abbiamo chiesto al Capo del Dap, e poi lo chiederemo anche ai magistrati di sorveglianza e alla politica, di prevedere per tutti i reclusi attualmente presenti nelle carceri italiane una liberazione anticipata in base all’art. 35ter dell’ordinamento penitenziario che prevede rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subìto un trattamento in violazione dell’art. 3 della Convenzione edu (“nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”).

Serena Nolano

Moderatore

Siamo più di 3500 persone in questo gruppo pubblico che, come dice bene il titolo, parla di "diritti umani" e di "detenuti".

Tutti noi, in un modo o nell'altro, siamo legati al carcere e lo viviamo nella nostra quotidianità. Chi perché ha lì un parente o un amico, chi perché c'è stato e ora è libero, chi ha scelto di dedicare la propria vita a difendere quei diritti...

Quindi qualcosa di forte ci accomuna, giusto? Beh, io non riesco ad andare contro chi ha qualcosa in comune con me. Possiamo confrontarci e discutere, ma non insultarci.

Insultare un detenuto o l'autore di un reato (o presunto tale) in questo gruppo non farà uscire prima chi voi state aspettando.

Se voi pensate di aver subìto un'ingiustizia, non è criticando qualcun altro che otterrete giustizia.

Il carcere e addirittura l'ergastolo (per non parlare della morte) non si augura a nessuno. Non in questo gruppo, che si batte per i diritti umani di tutte le persone detenute, dallo spacciatore all'assassino, dal rapinatore al mafioso. Cercando di farlo con serietà e consapevolezza.

Perché la notte si ritrovano tutti sulla stessa branda, nella stessa cella, nello stesso carcere con gli stessi rimpianti e lo stesso futuro rovinato.

Perché come avete voi un figlio, un marito o un amico lì dentro, anche tutti gli altri sono figli, mariti o amici di qualcuno.

"Se l'è cercata, peggio per lui, meritava ancora peggio" e altre bassezze io le lascio a chi il carcere e i diritti umani non sanno cosa sia. E mi auguro che chi è in questo gruppo lo sappia.

Trovato l’accordo in Cdm sulla riforma del processo penale. Come sempre accade per le soluzioni di compromesso, l’impianto della riforma ne soffre

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Come è ormai noto, la riforma Cartabia prevede che la prescrizione si blocchi con la sentenza di primo grado e che tra la sentenza di primo grado e quella di appello non possano trascorrere più di due anni. Gli anni diventano tre per processi gravi e complessi. Precisi termini perentori sono stabiliti anche per il giudizio in Cassazione. Se questi tempi non vengono rispettati scatta l’improcedibilità e la sentenza di condanna (o di assoluzione) di fatto viene annullata.

DIETRO LA RIFORMA CARTABIA/ Dal Colle un “pizzino” in codice rivolto a Draghi

Conte, Travaglio, i pm e i 5 Stelle costringono Draghi-Cartabia a mediare sulla giustizia. Mattarella è soddisfatto e si candida per il bis

Queste disposizioni, secondo la riforma, non valgono per i reati punibili con l’ergastolo (e quindi per i cosiddetti reati di sangue) per i quali il processo può durare all’infinito senza incorrere in sanzione processuale alcuna.

I Cinquestelle hanno contestato questa impostazione ritenendo necessario includere tra i delitti per cui il processo può durare all’infinito anche i cosiddetti reati di mafia.

Alla fine, dopo estenuanti trattative, è stato trovato l’accordo che accontenta tutti.

Il testo preciso degli emendamenti decisi nel Consiglio dei ministri di ieri non è ancora noto, ma le nuove (ultime, si spera) modifiche sembrano essere queste: per i procedimenti per associazione a delinquere di stampo mafioso (il famoso 416 bis), violenza sessuale sui minorenni e associazione a delinquere ai fini di spaccio di droga potranno essere disposte dai giudici proroghe infinite, mentre viene alzato fino a sei anni (che scendono a cinque dal 2025) il tetto di durata massima dei processi di appello per i delitti aggravati dal metodo mafioso.

Le modifiche concordate accontentano e scontentano tutte le parti, come sempre accade per le soluzioni di compromesso.

L’impianto della riforma un po’ ne soffre. Era proprio necessario allungare i termini massimi di durata dei processi per i reati più gravi?

Occorre ricordare che il ministro ha già programmato il rafforzamento delle cancellerie con la creazione dell’Ufficio del processo e 16.500 nuove assunzioni e dell’organico di magistratura (un concorso è in dirittura d’arrivo ed un altro è programmato per la fine dell’anno): per il prossimo futuro non ci dovrebbero essere quindi problemi di organico che possano impedire una maggiore produttività.

Non c’è poi alcun rischio di cancellare condanne per i processi in corso, in quanto le nuove norme varranno solo per i reati commessi prima del gennaio 2020.

Inoltre i reati più gravi, di norma, sono celebrati a carico di imputati detenuti per i quali già ora vigono rigorosi e stringati termini di durata massima di custodia cautelare calibrati proprio sulla durata del processo, termini che se non rispettati determinano la scarcerazione. Ebbene: i casi di scarcerazione per decorrenza di questi termini sono non rari, ma rarissimi. Quindi il rischio di eccessiva durata dei relativi processi è puramente teorico.

Inoltre non vi sono validi motivi per cui solo chi è perseguito per fatti lievi possa contare su un processo da celebrarsi in tempi ragionevoli, mentre per chi sia imputato di reati gravi il processo può avere durata molto più lunga, in alcuni casi infinita.

In realtà è proprio chi è accusato di reati particolarmente gravi che dovrebbe avere la certezza di ottenere giustizia il più rapidamente possibile per eventualmente scrollarsi di dosso tutte le pregiudizievoli conseguenze delle accuse che gli sono mosse o, se colpevole, per arrivare a scontare la giusta pena in epoca la più prossima possibile a quella della commissione del reato.

Non bisogna dimenticare che il nostro ordinamento è fondato sul  fondamentale principio della presunzione di innocenza: fino a quando non interviene una sentenza definitiva di colpevolezza (e cioè dopo l’appello e la cassazione) una persona è da considerarsi innocente e quindi quanto più grave e infamante è il reato contestato, quanto prima l’incolpato deve ottenere giustizia.

E questo vale anche per le delle vittime dei delitti più gravi che vantano il sacrosanto diritto a che sia loro riconosciuto il giusto risarcimento in tempi ragionevoli.

Quindi non appare ultroneo affermare il principio per cui quanto più il reato di cui sei accusato è grave ed infamante, tanto più hai diritto ad essere giudicato celermente.

Da qui il senso dell’ulteriore modifica normativa della riforma Lattanzi secondo cui si dovrà prevedere che “nell’ambito dei criteri generali adottati dal Parlamento, gli uffici giudiziari, previa interlocuzione tra uffici requirenti e giudicanti, predispongano i criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione dei processi, tenuto conto della specifica realtà criminale e territoriale, nonché del numero degli affari e delle risorse disponibili”. Insomma siano le diverse autorità giudiziarie territoriali a decidere i calendari dei processi e, naturalmente, diano la precedenza ai reati più gravi.

L’auspicio, quindi, è che nell’inevitabile necessità di trovare una soluzione di compromesso che inevitabilmente la politica impone, la riforma venga infine approvata in ossequio a quei principi fondamentali a cui la stessa si ispira: che tutti i processi, anche quelli per i reati più gravi, vengano celebrati in tempi ragionevoli a prescindere dai termini massimi fissati dalle norme in approvazione.

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Scritto da Corrado Limentani-Mario Arpaia   
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