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LA SCUOLA E’ MORTA DA DOPO BERLINGUER
Venerdì 10 Dicembre 2021 12:19

LA SCUOLA E’ MORTA DA DOPO LA GESTIONE DEL MINISTRO BERLINGUER

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L’abbandono della gestione della scuola è colpa di tutti i partiti, il colpo di grazia alla nuca l’ha dato la ministra Gelmini, succeduta alla scuola azienda della Moratti.

E’ una tragedia amplificata da Covid. Personale mancate e inadeguato, è il prezzo che paghiamo al lassismo, all’ incultura, all’autoreferenzialità dei partiti. Pensate alla preparazione dei presidi, all’autorevolezza di una volta, alle capacità di saper gestire le situazioni più ingarbugliate e difficili, oggi i nodi si tagliano, non si sciolgono. Mancano completamente i docenti laureati in matematica. Gli studenti cinesi, indiani e pakistani danno i numeri a tutti. L’università non ne parliamo, vanno a superare gli esami in Lituania e Lettonia, pensate in inglese. E’ tollerabile tutto ciò. Le università sono luoghi chiusi al pubblico…un docente si sente un padreterno, in avvicinabile, insensibili al richiamo della società civile, non esiste nessuna possibilità di interagire per nessuno. Solo tra di loro dialogano, molti si candidano nella politica per aumentare il proprio potere. Non

hanno nessun interesse a trasmettere sapere. Sin scrivono libri a ripetizione,  dovrebbero servire ad aumentare le nostre conoscenze, ma per farlo la scuola superiore avrebbe dovuto formare adeguatamente. Pensate al sostegno, in tantissimi sono entrati nella scuola per aiutare i ragazzi con difficoltà cognitive. Non hanno nessuna preparazione nel merito, dovrebbero aver studiato psicologia, dovrebbero avere una laurea ad hoc. Mettere nelle mani di insegnanti che non conoscono il proprio mestiere, significa danneggiare ulteriormente chi ne ha bisogno. Quando l'università si decida a creare corsi di specializzazione in sostegno. 

Tutte le sere nei programmi di approfondimento si parla solo ed esclusivamente di Covid, è diventata monocultura. I problemi seri, delicati, importanti non vengono affrontati da nessuno. Nella scuola solo frustrazione per i più preparati e responsabili. L’ingresso dei genitori, il più delle volte, senza nessuna esperienza di insegnamento, con atteggiamenti provocatori, minano la credibilità dei docenti preparati. Siamo al disastro totale. Avevamo le migliori scuole elementari, le migliori maestre, tutto finito nella burocrazia, nelle classi pollaio. La lezione di Don Milani è sempre attualissima, principalmente per i docenti universitari, che devono istruire giovani che arrivano dalle superiori a Km.0.

Lettera a una professoressa – Don Milani

Anno di pubblicazione: 1967

Autore: a cura di Michele Gesualdi della fondazione don Lorenzo Milani

Casa editrice: Libreria Editrice Fiorentina

Riassunto

Lettera a una professoressa è un libro collettivo pubblicato a Firenze nel 1967 e composto dagli allievi della scuola di Barbiana sotto la guida di don Lorenzo Milani. L’opera riflette l’esperienza sociale e didattica di don Milani che, nel 1954, si era dedicato attivamente all’organizzazione di una scuola popolare.

I ragazzi dunque pubblicarono la “Lettera” (grazie all'aiuto di don Milani), che si presenta come un'accusa contro la scuola selettiva che, pur essendo "scuola dell’obbligo", determina una grande ingiustizia sociale. La lettera è indirizzata ad un'insegnante che ha bocciato alcuni ragazzi di Barbiana. Da questa occasione nasce una immagine amara e realistica del mondo della scuola, segnata da profonde contraddizioni sociali, una scuola che sembra "tagliata su misura dei ricchi". Nella lettera, arricchita da un’appendice costituita da tavole statistiche e documenti come prova delle affermazioni contenute nel testo, i ragazzi descrivono la cosiddetta scuola dell’obbligo dove si verifica la selezione che, naturalmente, colpisce con maggior frequenza i figli degli operai e dei contadini. Questi ragazzi vengono classificati come diversi perchè privati di un patrimonio culturale che è a disposizione dei ricchi e subiscono profonde umiliazioni anche a scuola, dove le differenze sociali e culturali vengono messe in evidenza. Anche perché i metodi di valutazione, eguagliano tutti, generando la più grande ingiustizia. La proposta è quella di una scuola nuova dove non si bocciano quelli che sembrano cretini perchè come riportato nell'opera agli svogliati basta dare uno scopo. Questo metodo, già attuato a Barbiana, dovrebbe produrre una scuola veramente giusta dove si realizzi un’uguaglianza socio - culturale, in cui rientrino anche i ragazzi diversi. A Barbiana lo studio si svolge in modo collettivo e tutti gli allievi vengono responsabilizzati, mentre l’insegnante, diviene la guida di un più efficace lavoro. La lettera evidenzia le carenze più comuni della scuola italiana e i rimedi da attuare come la mancanza di volontà politica per realizzare le riforme. La lettera, infine, è rivolta ai genitori dei ragazzi bocciati perché si organizzino.

Scritto da Mario Arpaia   
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