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Martedì 28 Dicembre 2021 17:24

 

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GENTILISSIME/I,

per puro caso, oppure perchè ci troviamo in mezzo ai fatti,oppure per la gioia... dell' aria natalizia, abbiamo trovato questo interessantissimo articolo riguardante il carcere di Bollate, la situazione della detenzione in Italia è drammatica, non lo diciamo noi ma l' Associazione Antigone, con il prof. Gonnella. Il nostro è un paese stremato ecomicamete, socialmente,eticamente,  dal punto di vista della pandemia che non da pace. Abbiamo lo stesso problema con la sanità che surrettiziamente sta diventando privata. I Governatori si stanno orientando a cederene un pezzo alla volta, mentre noi assediati dai tamponi, dalle posivitività che crescono in modo esponenziale, dobbiamo cercare di portare a casa la pelle. Immaginate nelle carceri, volete che li non è arrivata la variante? Non tutte le carceri sono Bollate con un ufficio stampa competente. Riceviamo da Antigone periodicamente servizi esaustivi in tutti i sensi. Nomi, cifre, non una lira per migliorare le condizioni di vita, posti letto inesistenti, uno sull' altro. Siamo stati nel Carcere di Foggia qualche anno fa, con l'amico attore teatrale e regista, Pino Casolaro, abbiamo portato uno spettacolo, attraverso l'interessamento della dott.ssa Borzacchiello, della segreteria del Capo Compartimento dell'epoca. Una esperienza terribile centinaia di detenuti tra uomini e donne, senza far nulla dalla mattina alla sera; era la prima volta che vedevono uno spettacolo che non fosse la messa dei giorni festivi. Può questo Paese dichiararsi democratico? Noi stiamo rischiando il bene più grande la libertà individuale. La scomparsa di una opposizione politica e di una maggioranza coesa, sta minando le fondamente di uno Stato l'Italia, tra i fondatori dell' Europa Unita ad iniziare dal Manifesto di Ventotene, voluto da Altiero Spinelli.

Da due anni a questa parte quando un giornalista vuole sapere qualcosa sul carcere di Bollate, può mettersi in contatto anche con me. Come responsabile dell’ufficio stampa, faccio da filtro tra le richieste di interviste, inchieste per quotidiani e periodici, servizi televisivi e radiofonici, e i vertici del carcere che forniscono le informazioni. Oppure propongo ai media informazioni sugli eventi organizzati a Bollate e sui vari aspetti del progetto educativo. Non è del tutto inutile chiarire che la mia prestazione è offerta a titolo gratuito. Sono convinta che la gente deve conoscere le alternative al carcere punitivo puro e semplice e da questo punto di vista, Bollate può essere portato ad esempio di come si possa riuscire a rieducare, oltre che a punire, chi ha “sbagliato”: i detenuti che escono da qui tornano difficilmente in carcere dopo aver scontato la loro pena. Detto in

altre parole, rispetto alla media nazionale del 70%, la percentuale di recidiva a Bollate è del 16% circa. Avendo fatto ufficio stampa per tanti anni - era la mia professione – so quanto può essere difficile questo lavoro, in cui devi riuscire a far pubblicare un oggetto, un servizio, o l”idea” di qualcosa. Pertanto all’inizio avevo paura di non riuscire. Mi chiedevo come presentare ai media argomenti in sé difficili da far passare. Ho rotto gli indugi e la prima volta, volendo far parlare di carteBollate, ho chiamato un giornalista scegliendolo tra una delle testate italiane più importanti. Così - pensavo tra me e me - comincio ad abituarmi alle difficoltà “Pensi - gli chiesi - che si possa fare un servizio?”. Mi rispose semplicemente di sì. Il servizio si fece. A ripensarci ora, questo risultato mi diede una forza incredibile e il desiderio di ampliare il mio raggio di azione a giornali programmi televisivi e radio e tipi di lettori apparentemente lontani dalle problematiche che potevo proporre, si rafforzò. Un esempio per tutti. Come far pubblicare un argomento sul carcere da un giornale di vela? Mi è venuto in aiuto il Circolo Intramur di filatelia: il giornale di vela ha pubblicato un appello ai lettori perché mandassero francobolli con temi velici. Ci sono testate che approfondiscono i temi e aiutano a riflettere, altre disimpegnate INFORMAZIONE 2 – Una volontaria all’ufficio stampa Che cosa vuol dire e come fare a comunicare Bollate e forse son proprio queste per cui vale la pena lavorare di più. Spesso affrontano in maniera superficiale i temi legati alla delinquenza, con il risultato che la gente pensa che sia giusto il sistema punitivo tradizionale: mettere sotto chiave chi ha commesso un reato e non pensarci più. Facendo conoscere il Progetto Bollate, e i suoi risultati, possiamo sperare di far cambiare questo modo di pensare. La partecipazione e il coinvolgimento dei detenuti è fondamentale per una comunicazione efficace, sono loro i testimoni più convincenti. Ne comprendono il senso ed il valore. Le notizie che mando via mail vanno circa 3 400 giornalisti e con la pazienza di un certosino e con molta tenacia, giorno dopo giorno vedo i frutti del mio lavoro: i giornali, le televisioni, le radio parlano sempre di più di Bollate. È come se davanti a me ci fosse un grande mosaico da costruire con tante tessere, frammenti di un’immagine -quella di Bollate - composta dai fatti più diversi che possono interessare ora uno, ora l’altro organo di informazione: i detenuti che ad agosto puliscono l’alveo di un fiume, quando spalano la neve, i redattori di Salute in-grata, il giornale sulla salute fatto dai detenuti; la cooperativa di catering, i laboratori di informatica, l’artigianato e così via. In queste pagine pubblichiamo l’appello del Manifesto e di Antigone per il libero accesso dei giornalisti negli istituti carcerari. Di questo si è parlato anche a Padova, nel convegno annuale delle redazioni carcerarie. La creazione di uffici stampa – si è detto – potrebbe servire? Torno alla mia esperienza. Un ufficio stampa è credibile se agevola gli operatori dell’informazione, che devono sentirsi liberi di approfondire tutti i temi che ritengono opportuni. Per sua natura non interferisce sul diritto di cronaca , facilita l’ingresso a tutti i giornalisti che ne fanno richiesta e non può e non deve fare distinguo. Ovviamente lavorando in sintonia con la direzione del carcere. Mi chiedono se un libero accesso dei giornalisti in un carcere potrebbe creare problemi: rispondo di no, o quanto meno non di più di quelli che possono esserci attualmente, anche se un filtro deve esserci perché un carcere non è un supermercato. Ma se vogliamo un ingresso più fluido dei giornalisti in carcere, lo vogliamo soprattutto perché esercitino una funzione di controllo. E allora lo stesso discorso perché non vale anche per altre categorie di operatori? Penso ad alcune associazioni di medici ad esempio. Bollate propone un modello diverso di espiazione aprendo alla speranza. Per chi sta dentro, per le loro famiglie, per i loro amici e per la società tutta. Solidarietà dei volontari, tenerezza fra detenuti, grandi gesti di umanità da parte della polizia penitenziaria. Queste persone mi insegnano a comunicare una realtà così composita: mi sento il loro tramite con l’esterno; mi aiutano a scegliere come presentare le notizie, la misura da adottare nelle parole. Alla direttrice che è un po’ il mio faro, quello che mi indica la via da seguire, riconosco il merito di avere come bussola l’uomo e la sua dignità, consapevole di trattare con persone e non oggetti, di promuovere valori.

Marlene Lombardo

Scritto da Mario Arpaia   
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