C’è una battuta quasi all’inizio di “Richard Jewell”, in sala dal 16 gennaio, che dice tutto. Dice tutto sul film e sull’icona Clint Eastwood, alla sua quarantesima regia e prossimo ai novant’anni. Un grande Sam Rockwell esorta l’ingenuo Richard, schernito da tutti perché ciccione e un po’ ottuso - ma con il sogno di diventare poliziotto - a non diventare un asshole, uno str.., perché “basta un po’ di potere per fare di una persona un mostro”. È l’idea che il caro, roccioso Clint coltiva da sempre: il vero eroe, il vero

patriota, è l’uomo comune, l’“ordinary man”, ma chi fa bene il proprio lavoro dovrà sempre scontrarsi con il Potere, anzi i Poteri. Non era questo, in fondo, anche il destino del suo ispettore Callaghan?

Questo criticatissimo – negli Usa- Richard Jewell racconta una vicenda reale analoga a quella di Sully, il coraggioso pilota interpretato da Tom Hanks, resta nel solco dei suoi grandi signor nessuno di “American Sniper”, “Ore 15:17-Attacco al treno” e “Il Corriere-The Mule”, ma condensa all’ennesima potenza i migliori vizi e le peggiori virtù di Eastwood. Puoi essere in disaccordo totale con le sue posizioni, ma è un testone sincero, un grande cineasta e non puoi non volergli bene.

Plurilicenziato per eccesso di zelo, ma consolato dalla protettiva mamma Kathy Bates (l’Oscar per la migliore non protagonista è praticamente dovuto), Richard diventa un eroe nazionale quando il 27 luglio 1996 sventa una strage dinamitarda al Centennial Park di Atlanta, durante le Olimpiadi. È grazie a lui che l’ordigno fa solo una vittima e 111 feriti. Dopo tre giorni si ritroverà però indagato dall’Fbi e linciato dai media come sospetto attentatore.

 

Nel ruolo del buono Richard Jewell c’è un attore strepitoso, tutto da scoprire. Paul Walter Hauser, già valorizzato da “I, Tonya” e dallo Spike Lee di “BlacKkKlansman”. I cattivi sono clichè di antipatici potenti: il Federale Jon Hamm, consacrato da “Mad Men” ( cioè l’Establishment), la giornalista Olivia Wilde (cioè i Media) e il rettore del campus che aveva licenziato Richard in precedenza (cioè la Cultura ipocrita).

Per come lo racconta Clint Eastwood, l’uomo Jewell è uno che sicuramente avrebbe votato per Trump come lui, se non fosse morto di attacco cardiaco nel 2007. È un patriota fanatico di law & order, tiene a casa un arsenale di armi e il suo vero problema è di non passare per omosessuale. Bianco, frustrato ed ex agente, per l’Fbi corrisponde al profilo perfetto del terrorista per rabbia. Il suo incubo “da mostro” durerà 88 giorni, per la cronaca. Ma è illuminante il suo sbalordimento, sotto interrogatorio, quando gli chiedono se sia iscritto alla Nra (l’ultraconservatrice National Rifle Association) : “Non sapevo che la Nra fosse un gruppo estremista”.

Comunque la si pensi, la vicenda è paradossale quanto emblematica, e l’empatia con questo ’babbeo’ di sani principi come con il suo stravagante avvocato, Sam Rockwell, scatta per forza. Ma negli Usa, dove è andato maluccio, il film si è attirato anatemi tipo “rozzo e spregevole”, crass and contemptible.

L’accusa principale è di aver infangato la memoria di Kathy Scruggs, la vera giornalista dell’Atlanta Journal-Constitution autrice dello scoop sull’eroe-mostro. Clint Eastwood nel film le fa estorcere la ’dritta’ al - corruttibile- Federale in cambio di favori sessuali. La Scruggs è morta nel 2001 e non può difendersi, ma la reazione da parte delle esponenti femministe e della stampa è stata furibonda. Un trappolone che ha sbarrato a Richard Jewell la strada degli Oscar: Kathy Bates è l’unica candidata. Annoto, en passant, che Leonardo DiCaprio, in cinquina come miglior attore, è tra i produttori del film.

Quello che il film non racconta è che l’incubo vissuto da Jewell ha avuto un lungo strascico legale: lo ‘scemo del villaggio’ tanto scemo non era, e si è preso la sua danarosa rivincita sul ‘fango’ governativo e mediatico. Ma il vecchio Clint è onesto, e sbandiera la sua Weltanshauung senza badare alla correttezza politica. Ripeto: come summa dei suoi migliori vizi e delle sue peggiori virtù, questi 129 minuti di buon cinema vanno goduti e apprezzati.

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