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IL CASTELLO DI SANT'AGATA DI PUGLIA
Domenica 21 Agosto 2022 18:19

 

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LE FOTO DEL CASTELLO

DI ALE ARPAIA

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GENTILISSIME/I,

Un incendio di vaste dimensioni sta interessando l'area boschiva di Monte della Croce, a circa 800 metri dal centro abitato di Sant'Agata di Puglia.

Le fiamme, alimentate dal vento, stanno percorrendo l'intero versante: distrutti già numerosi ettari di bosco, anche se allo stato non è possibile effettuare una stima attendibile.  Sul posto stanno operando le squadre dei vigili del fuoco del distaccamento di Deliceto e Foggia, supportate dagli uomini dell'Arif e volontari della protezione civile. Le operazioni sono coordinate da terra dal Dos - Direttore delle operazioni di spegnimento.

Avevamo deciso di visitare Sant'Agata di Puglia, dopo Alberona, Bovino e Candela, ci siamo trovati con l'incendio doloso della collina adiacente il paese, fumo scuro, fiamme alimentate dal vento, Canadair in azione, veder bruciare un bosco di pini da vicino fa tantissima impressione. Vengono accesi in più punti per aumentare il disastro, bruciano i boschi per poi costrigere ad impiegare manodopera per il rimboschimento.

 

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Periodo svevo

Durante la dominazione sveva, la provincia militare di Sant'Agata era denominata "Castellania". 

Con decreto imperiale del 5 ottobre 1239 Federico II di Svevia incluse quello di Sant'Agata fra i castra exempta (letteralmente, "castelli esentati"), ritenuti di primaria importanza sia a scopo difensivo sia come residenze imperiali. Per essi si riservò personalmente la scelta e la nomina dei castellani. Nello stesso anno, fu emanato un mandato imperiale che obbligava gli abitanti del giustizierato di Principato e Terra Beneventana a riparare il Castello di Sant'Agata; nel 1250 l'obbligo fu esteso agli abitanti di alcuni centri della Capitanata: «Casale di Sant'Antuono, Ascoli, Candela, Santo Stefano in Iuncarico e San Pietro in Olivola, le quali terre debbono anche prestare una determinata obbligazione ogni anno nel predetto castello». 

Dominazione angioina

Con la successiva dominazione angioina il Castello di Sant'Agata conservò la funzione di provincia militare e amministrativa. Il re Carlo I d'Angiò aveva un'abitazione privata all'interno del castello, dove fra il 1269 e il 1270 aveva fatto ornare la cappella dedicata a sant'Agata e vi aveva fatto collocare tre artistiche lonze, oggi perdute. Dal 1274 al 1279 Carlo I diede mandato al Giustiziere di Capitanata di provvedere a ulteriori riparazioni del maniero, nel frattempo resesi necessarie: il mandato reale del 1279 confermò l'obbligo di contribuirvi ai paese già individuati da Federico II. 

Nel 1294, quando Carlo II d'Angiò era succeduto al padre, il castello era ancora regio e ne era Signore Goffredo de Jonville; nel 1296 il monarca ordinò "alle terre" del fu Goffredo di obbedire a suo fratello Giovanni. Nel 1304 era Signora di Sant'Agata Filippa Belmonte. 

 

Nel 1396 il viceré convocò nel castello di Sant'Agata un parlamento per il bene pubblico al quale parteciparono tutti i baroni che avevano seguito la fazione angioina e, seguendo l'esempio di Napoli che aveva costituito gli Otto del Buono Stato della città, furono eletti in quel parlamento sei deputati per il Buono Stato del Regno. Nel 1419 il castello risultava essere ancora regio: il 10 giugno di quell'anno la regina Giovanna II d'Angiò diede per la Castellania di Sant'Agata 100 ducati al grande Camerario del Regno di Sicilia Pandolfello Piscopo. Il territorio di Sant'Agata era stato infeudato agli Jonville, dai quali passò ad Andreis de Perretto, la cui vedova, contessa di Troia, lo trasmise a Francesco Orsini, che ella sposò in seconde nozze. Alla morte del re angioino Roberto, era conte di Sant'Agata Carlo d'Artus. Dopo l'eccidio della famiglia d'Artus la Contea passò a Bartolomeo Tomacelli (Tomasello-Cybo). 

Periodo aragonese

Sotto Alfonso d'Aragona il castello era in potere della casa Orsini che possedette l'alta signoria di Sant'Agata per anni. Nel 1557 il Viceré di Napoli Duca d'Alba, supponendo che un esercito potesse invadere il regno, ordinò a don Garcia di Toledo di fortificare, oltre a Venosa ed Ariano, anche Sant'Agata. Il castello subì le prime modifiche con gli Orsini, quando divenne residenza ducale. 

Le famiglie nobili di Sant'Agata

I Loffredo, «famiglia ricca di sangue, di antenati e di pubblici uffici», entrarono nelle pertinenze di Sant'Agata sin dal 1526 quando Cicco Loffredo, marchese di Trevico e di altri territori, ebbe in enfiteusi il distrutto casale di San Pietro in Olivola con tutto il territorio. Poi acquisirono anche il Casale di Santa Maria d'Olivola. 

Nel 1576 Carlo Loffredo comprò dagli Orsini la signoria di Sant'Agata per 36.000 ducati. Con i Loffredo il castello perse man mano le sue antiche strutture per divenire residenza marchesale. La casata Loffredo si distinse per le opere pie adoperandosi per l'edificazione del convento di San Carlo dell'Ordine Francescano dei Riformati. Nel 1613 l'edificio era già compiuto: qui, nel 1664 fu istituito un lanificio per i frati della Provincia e una scuola di filosofia e teologia. Fu abbattuto negli anni '60 per realizzare l'attuale campo sportivo. Il castello rimase proprietà della famiglia Loffredo sino alla metà dell'Ottocento

AGATONE

La famiglia del Buono: nel 1862 acquisisce il castello; esso infatti risulta venduto a Francesco del Buono con atto per notaio Ramino Volpe in Sant'Agata. Dal 1870 hanno attuato massicci lavori di restauro e ricostruzione del Castello, dandogli l'attuale configurazione nella sua parte superiore. In seguito al terremoto del Vulture del 1930 che colpì duramente il subappenino dauno, i del Buono spesero molte energie per i necessari ulteriori lavori di ricostruzione che riguardarono le coperture dell'ala sud e il consolidamento delle strutture murarie. Durante il secondo conflitto mondiale, grazie al castello furono di ausilio a tutta la popolazione di Sant'Agata e a profughi provenienti da Foggia bombardata

Nel 2000, l'amministrazione comunale di Sant'Agata, usufruendo di una nuova norma che ne sanciva il diritto di prelazione, ha acquisito la proprietà del Castello, durante un passaggio tra gli eredi del Buono. 

Scritto da Mario Arpaia   
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