Mercoledì 26 Luglio 2023 08:57 |
Elezioni in Spagna, lo stop all'estrema destra | Libertà di espressione a rischio in Italia
La lezione spagnola per fermare l’estrema destra | di STEVEN FORTI GENTILISSIME/I, fermare le destre e il loro nefasto progetto politico è possibile, una potente scossa a tutte le sinistre in difesa dei veri patrioti del Risorgimento, a loro si rifecero i Partigiani per vincere la guerra di Liberazione dal nazi-fascismo.La spagna come l'Italia hanno patito una lunga dittatura, il franchismo è una storia di ieri. Scuotere i leeder di sinistra a riportare ai seggi la montagna di astenuti, disgustati e offesi da una politica imbelle che parla solo a se stesso. Non vogliamo vedere le vecchie facce dei Del Rio, della Serracchiani, di Ferdinanando Casini, vogliamo volti credibili e combattivi, con la strategia delle sardine, che sono andate casa per casa a convincere i non votanti. La televisine di Stato è diventata inguardabile, giornalisti improbabili,inviati senza esperienza, servizi modesti. Un Paese disastrato con una Protezione civile largamente insufficiente, mancanza totatale di Canadair e abbondanza di aerei da combattimento. Catania la Milano del Sud completamente bloccata, turisti massacrati dal caldo saariano in attesa di un volo che li porti a casa. La Sicilia non ha strade percorribili, solo idee strade dove facilmente ti perdi nell' attraversarle da un paese all'altro. Il turismo ci abbandonerà e sarà la fine di tutto.
Contro tutti i pronostici l’ondata ultraconservatrice non è riuscita a sommergere la Spagna. Questo è il dato politico più importante delle elezioni tenutesi nel paese iberico il 23 luglio. Ciò è avvenuto non perché la destra mainstream si sia moderata e abbia rifiutato di aprire le porte del governo all’estrema destra, ma perché l’elettorato di sinistra si è mobilitato per difendere la democrazia e il lavoro svolto dall’esecutivo di sinistra guidato da Pedro Sánchez. Rendiamoci conto che questa è l’unica maniera possibile per fermare l’avanzata dell’ultradestra, mentre quello che un tempo si chiamava centro-destra si è radicalizzato praticamente in tutti i paesi. Lo insegnano gli Stati Uniti nel 2020 e il Brasile nel 2022 quando Biden e Lula portarono a votare rispettivamente 15 e 13 milioni di elettori di sinistra in più rispetto a quattro anni prima. Voti che sono stati determinanti visto che Trump e Bolsonaro incrementarono i propri consensi. Se c’è un vincitore di queste elezioni, quindi, non si tratta del candidato dei popolari, Alberto Núñez Feijóo, ma di Pedro Sánchez. Dato per morto da tutti i sondaggi dopo la sconfitta alle amministrative di maggio, il leader socialista è riuscito nell’impresa di una rimonta che sembrava impossibile, mostrando ancora una volta un’incredibile capacità di resistenza. Il Partido Socialista Obrero Español (PSOE) ha migliorato i risultati di quattro anni fa, guadagnando un milione di voti (dal 28 al 31,7%, pari a 7,7 milioni) e due seggi (da 120 a 122). La differenza con i popolari è in realtà di poco più di 300.000 voti: la distanza in seggi si spiega per la legge elettorale spagnola che premia le circoscrizioni meno abitate della Spagna interiore, a maggioranza conservatrice. Ma, soprattutto, grazie alla buona prova di Sumar, Sánchez ha la possibilità di rimanere altri quattro anni nel palazzo della Moncloa. La coalizione guidata da Yolanda Díaz, che riunisce una quindicina di formazioni di sinistra tra cui Podemos, ottiene il 12,3% e 31 seggi. Ne perde sette in totale e circa 600.000 voti, mantenendo però un bacino elettorale superiore ai tre milioni di elettori. Tenendo conto delle tensioni vissute all’interno della sinistra radicale spagnola nell’ultimo anno e le frizioni tra Díaz e Pablo Iglesias, il risultato è più che positivo.
I risultati premiano Sánchez che subito dopo le amministrative aveva convocato a sorpresa elezioni anticipate per evitare una lenta agonia fino al termine della legislatura, prevista a dicembre. In barba a chi l’aveva tacciata di un azzardo suicida, la mossa si è dimostrata vincente e ha permesso di rimobilitare l’elettorato di sinistra preoccupato per il probabile ingresso di Vox nella stanza dei bottoni. Nelle ultime settimane, infatti, il PP ha siglato accordi di governo con il partito di Abascal in diverse regioni e oltre un centinaio di comuni. E le prime misure annunciate mostravano un retrocesso radicale in quanto a diritti: dall’eliminazione degli assessorati all’uguaglianza di genere alla censura di film e opere di teatro che metterebbero a rischio i valori tradizionali. Ma hanno pesato molto anche gli errori commessi da Núñez Feijóo in una campagna in cui né la guerra in Ucraina, né l’economia o l’immigrazione sono stati temi centrali.
Ora, l’ondata di estrema destra è stata frenata, ma la governabilità del paese è un’incognita. In attesa dello spoglio dei voti dall’estero, prevista venerdì, che nelle migliori previsioni potrebbero dare un paio di deputati in più al PSOE, il blocco di sinistra somma infatti 153 seggi, cinque meno che nella scorsa legislatura. Ciò significa che per avere la maggioranza nelle Cortes non sono sufficienti solo i voti dei partiti regionalisti e nazionalisti che hanno appoggiato il governo negli ultimi quattro anni – Esquerra Republicana de Catalunya, EH Bildu, Partido Nacionalista Vasco, Bloque Nacionalista Galego –, ma anche i voti a favore o perlomeno l’astensione di Junts per Catalunya (JxCAT). Il partito della destra indipendentista catalana guidato da Carles Puigdemont, l’ex presidente della regione rifugiatosi in Belgio dopo il tentativo di secessione unilaterale del 2017, ha sempre votato contro l’esecutivo Sánchez in questi anni e ha ripetuto continuamente che non farà mai presidente il leader socialista.
Le prossime saranno dunque settimane di fuoco e di negoziati incrociati. E di profonde pressioni, soprattutto da parte del PP e dal potente apparato mediatico di destra che insiste perché i socialisti si astengano per far governare Feijóo, un’opzione che nessuno prende seriamente in considerazione. Nel caso in cui Sánchez riuscisse ad arrivare ad un accordo con JxCAT in cambio della loro astensione nella sessione di investitura, si annuncerebbe in ogni caso una legislatura di fuoco. Non solo perché la destra griderebbe allo scandalo e al tradimento della patria: Sánchez arriva a patti perfino con un latitante che vuole rompere il paese, ripeterebbero. E non solo perché per ogni votazione in Parlamento si dovrebbero cercare i voti uno ad uno. Ma anche perché la destra tenterebbe continuamente l’assalto alla diligenza con qualunque metodo, lecito e non. Vale la pena ricordare che il PP ha la maggioranza assoluta in Senato e, soprattutto, governa in dodici regioni su diciassette e nella maggioranza delle grandi e medie città. Il nuovo governo di sinistra vivrebbe praticamente sotto assedio come Leningrado nel 1941-43. La formazione del Parlamento il prossimo 17 agosto e le successive consultazioni con il re Felipe VI permetteranno di capire se ci sono margini per un accordo. Vedremo.
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Scritto da Mario Arpaia |