Venerdì 11 Agosto 2023 08:21 |
Michela Murgia ci ha lasciati nella sera dell'11 agosto, libera fino alla fine. Lei che qualche mese fa aveva voluto rendere pubblica la sua malattia, in un'intervista al Corriere, facendone anche un atto politico, un manifesto, una celebrazione di vita. Aveva voluto parlare anche della Sardegna e e della sua famiglia queer, inesorabilmente legate l'una all'altra. E poi con noi di Vanity Fair aveva lavorato a un numero speciale, da lei diretto. Titolo inequivocabile: «La famiglia è di tutti». Oggi che la scrittrice e attivista non c'è più, sono in tanti a ricordarla e a omaggiarla via social. Per ricordare le sue opere, il suo lavoro, le sue battaglie e il suo coraggio. Una foto da ragazza e il suo nome di battesimo è il messaggio di Teresa Ciabatti, parte del suo cerchio più vicino. «Si alza il vento, bisogna tentare di vivere», la citazione dell'amica carissima Chiara Tagliaferri, sempre al suo fianco, come del giorno della celebrazione del «matrimonio queer»: tutti in bianco, nel giardino della casa che Michela Murgia aveva voluto per trascorrere in famiglia l'ultimo periodo. E poi ancora l'amico Roberto Saviano («ma l'amor mio non muore», dal film di Caserini capolavoro del cinema muto) e il ricordo di Gad Lerner: «Era una formidabile, talentuosa, spericolata rivoluzionaria contemporanea. Mi proibisco l'esibizione dei ricordi personali e piango insieme a voi questa donna sarda che ci ha lasciati col sorriso sulle labbra». Ciao, Michela. GENTILISSIME/I, Istruzioni per diventare fascisti è la dimostrazione di quanto sia duro difendere la democrazia e la libera informazione. Siamo assediati, imbrogliati da un governo vendicativo e oppressivo, non più dibattiti, confronto di idee, ma sopraffazione continua, in particolare dei più deboli. Siamo sbeffeggiati da una presidenza del Consiglio che racconta storie non vere, tassazioni alle banche con retromarcia incorporata. Gli incontri con le opposizioni sono una farsa, non verranno rispettati, è una presa in giro. Il Partito Democratico deve liberarsi dall'opposizione interna...si alza il vento dobbiamo tentare di vivere...Raccogliere il meglio di un Paese in disarmo...di militanti decisi a battersi. Giunta all’ultima pagina di Istruzioni per diventare fascisti di Michela Murgia edito Einaudi, la domanda che sorge spontanea è: cos’è che non hanno capito? So che risulterà estremamente indisponente, saccente e soprattutto antidemocratico ma credo profondamente che chi critica aspramente questo libro non abbia potuto o voluto comprenderlo veramente. Ci tenevo molto a inaugurare questo nuovo anno sul blog con un primo post dedicato a questo libro: in questo post vi racconto cosa ne penso. https://www.sardegnainblog.it/34216/fascismo-libro-murgia/] “Essere democratici è una fatica immane. Significa farei conti con la complessità, fornire al maggior numerodi persone possibile gli strumenti per decodificare einterpretare il presente, garantire spazi e modalitàdi partecipazione a chiunque voglia servirsene permigliorare lo stare insieme” dice Murgia.In Istruzioni per diventare fascisti, Michela Murgia si rivolge al pubblico dei suoi lettori con un intento ben preciso: convincerli che esser fascisti è molto meglio che essere democratici. Non dovrebbe essere spiegato, ma dato il clima con cui è stato accolto questo libro credo sia necessario: Murgia non vuole veramente convincerci ad esser fascisti, né vuole etichettare tutto come fascista. Se una cosa non fa questo libro è limitarsi all’analisi superficiale, anzi. La riflessione che si propone di portare avanti è estremamente profonda e ben articolata e ci dà la misura di quanto sia pericoloso il pensiero antidemocratico: leggendo Istruzioni per diventare fascisti molto spesso ci si ritrova davanti comportamenti antidemocratici che però parlano di noi, di cose che diciamo e pensiamo nonostante ci reputiamo antifascisti e democratici. Questa foto è di Elena Spadafora, se vuoi usarla, chiedi: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. Un pensiero su tutti? Questi qua votano! Chi di noi non l’ha pensato almeno una volta negli ultimi anni? Io lo penso quasi quotidianamente ma se poi ci riflettiamo bene, davvero vorremmo che a una parte della popolazione italiana venisse sottratto il diritto di voto, il diritto di decidere insieme a tutti gli altri? E in base a quali valutazio “Per diventare fascisti il primo punto è mettere daparte la parola leader così come la si intendenei sistemi democratici. […] Anche i democraticisanno che una guida superiore è indispensabile […]”Così, se davvero vogliamo diventare fascisti dobbiamo affidarci al nostro capo, un capo che avrà tutto il potere di cui vuol disporre perché noi ci fidiamo ciecamente e in lui riponiamo tutta la nostra fiducia.
Il nostro capo dovrà essere qualcuno di cui ci fidiamo, quindi qualcuno che sia simile a noi. Non possiamo fidarci di qualcuno che è più istruito, più intelligente, più capace: è l’uomo medio che aspiriamo a seguire perché solo lui può sapere cosa è meglio per noi. Così il fatto che non sia istruito, che solo cinque anni fa faceva il benzinaio, che la mattina faccia colazione con pane e nutella o che la sera ceni con la pizza mangiata direttamente dal cartone esattamente come tutti noi ci incoraggia (ad affidarci) e ci rassicura. Sarà lui il nostro capo, sarà lui a renderci felici e a proteggerci.
Il grande dittatore (1940), Charlie Chaplin [Fonte dell’immagine: https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/ dittatore_torna_in_sala_iniziare_l_anno _con_il_grido_di_pace_di_chaplin-130601794/] Proteggerci da chi? Beh, chiaramente se deveispirare un senso di protezione nei suoi seguacideve anche crearsi un nemico abbastanza credibileda incutere timore nel popolo ma anche abbastanzainoffensivo da non creare per davvero dei problemi.
Verrà creato un dualismo noi/loro, in cui, ovviamente, noi siamo sempre buoni e innocenti e loro sono sempre dei gran cattivoni. Loro ci vogliono rubare l’identità, la cultura, la tradizione, un ruolo sociale, un ruolo di genere. E noi, poveretti, non abbiamo mai fatto nulla di male, vogliamo solo che tutto rimanga come fa comodo a noi, che tutto assecondi la nostra visione del mondo. Che esistano altre visioni del mondo, ce ne freghiamo. Questa foto è di Elena Spadafora, se vuoi usarla, chiedi: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. La comunicazione antidemocratica è un tipo di comunicazione estremamente subdolo ma efficace. È divertente e rassicurante che il nostro capo non parli come i politici di professione: lui è franco e anche un po’ sboccato ma non importa, perché dice la verità, dice quello che ognuno di noi direbbe. L’aggressione verbale è la norma. Il nemico verrà appellato con frasi in cui la sua umanità non verrà mai tirata in ballo: i nemici sono sempre non-umani, non soffrono, non hanno esigenze reali, hanno solo voglia di distruggere e disturbare la nostra quiete. In più, poiché il nemico non ha mai un’identità precisa, può essere incolpato di qualsiasi colpa e la colpa del singolo ricadrà di conseguenza sull’intera ategoria cui appartiene. Ci ricorda nulla? Quando un immigrato salva una donna da un’aggressione è una buona mosca bianca, unica eccezione di una categoria scellerata. Scellerata perché qualche immigrato è anche un delinquente, quindi, per sineddoche, lo sono tutti.
"created_as":"tageditorDeeplinking","text": "Istruzioni per diventare fascisti Michela Murgia"}]"> Questa foto è di Elena Spadafora, se vuoi usarla, chiedi: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. La rivista in foto è L’Espresso n.47 del 18 novembre 2018 La comunicazione antidemocratica si basa sulla banalizzazione dei concetti (che importa capire davvero le cose che ci accadono intorno se c’è un capo forte e degno di fiducia che le capisce per noi?), sulla demolizione di qualsiasi tipo di autorevolezza (“I medici? Servi delle grandi case farmaceutiche. Gli studiosi del clima? Irresponsabili allarmisti. Statistici ed economisti? Manipolatori di numeri al soldo della casta. Scrittori? Radical-chic.”, scrive Murgia), sull’affermazione insistente che anche ignorante va bene, che anche cafone va bene, che l’importante, nella vita, è solo avere la pancia piena. Tutto il resto è fuffa buonista e sinistroide.
Questa foto è della libreria Gogol&Co, scattata durante la lettura collettiva di Istruzioni per diventare fascisti (dicembre 2018) Aldilà del fatto che ci si trovi d’accordo o meno con il peso che Murgia conferisce alle cose di cui parla un dato innegabile è che ciò che descrive in Istruzioni per diventare fascisti è, in buona parte, ciò che ci succede intorno ogni giorno. Dalla ricerca ossessiva di un nemico a cui dare tutte le colpe alla banalizzazione esasperata delle idee e delle opinioni, dalla delegittimazione di ogni opinione di un esperto alle prese di posizione contro la messa in discussione dei ruoli di genere, tutto quello che Murgia descrive e a cui dà una spiegazione plausibile è il nostro presente, il nostro quotidiano. Ma un’altra cosa, ci dice, ed è forse la più importante (e anche la meno capita): Murgia non ci sta additando, non ci sta deridendo incolpandoci di esser fascisti senza neppure rendercene conto. Ci sta dicendo di stare attenti. Ci sta raccontando delle volte
in cui è capitato anche a lei di pensare in modo anti-democratico. Sta indicando il puzzle che piano piano si compone sotto i nostri occhi e ci sta dicendo di fermarci, prima che l’immagine sia completa, irreversibile e ci faccia inorridire dalla paura.
"created_as":"tageditorDeeplinking","text":"Istruzioni per diventare fascisti Michela Murgia"}]"> Questa foto è di Elena Spadafora, se vuoi usarla, chiedi: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. Il fascismo di Mussolini, quello lì, non è nato in un giorno. Neppure quello di Pinochet, neppure quello di Franco, neppure lo stalinismo, neppure il nazismo. Sono tutte espressioni antidemocratiche che sono cresciute, pezzetto dopo pezzetto perché nessuno si è opposto, perché ciascuno ha pensato che non fosse così grave, che non fosse così importante, perché gli indizi erano troppo piccoli e insignificanti per essere riconosciuti e soprattutto perché se un sistema antidemocratico serpeggia, lentamente si insinua, poi si afferma, significa che a noi è andato bene così, che siamo noi per primi colpevoli del disastro. DISCLAIM
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Scritto da Mario Arpaia |