LETTERA APERTA AL MAGISTRATO "LIBERO MANCUSO"
Domenica 19 Dicembre 2010 15:33

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"Tutto cambi perché nulla muti" ; "Domani è un altro giorno" sono gli estremi tra cui si dibatte da sempre Napoli e la sua multiforme realtà. Incubo e sogno come risvolti quotidiani di una medesima medaglia.

E' stata questa l'immagine che caparbia mi è venuta in mente leggendo sui giornali la decisione di Libero Mancuso di difendere il boss della camorra Augusto La Torre in un processo per calunnia contro il magistrato Raffaele Cantone.

Ex togato e candidato alle primarie del centrosinistra per la corsa a sindaco di Napoli, Mancuso, da molti è visto come l'uomo per un nuovo rinascimento partenopeo.

Assicurare un'adeguata difesa processuale a chi è accusato anche dei peggiori delitti, un dovere prima ancora che un obbligo giuridico, l'unico in grado di distinguere uno Stato di diritto da uno fondato sulla barbarie.

Da sempre ho creduto in questo principio e continuo a battermi perché anche al peggiore assassino sia assicurato un giusto processo ma c'è anche un qualcos'altro, quel qualcosa che, qualche anno fa al bivio della scelta tra la professione del giornalista e quella dell'avvocato mi ha fatto propendere per la prima e non per la seconda: i conti con la propria coscienza.

Ciò che ripetei a me stesso fu: "Come potrei guardare negli occhi una vittima di un reato e continuare a difendere chi è stato il suo presunto aguzzino?"

Quelle sensazioni mi sono tornate nuovamente alla mente qualche mese fa quando alla presentazione di un documentario sulla camorra, mi sono imbattuto in Alessandra Clemente la figlia di Silvia Ruotolo la donna ammazzata per strada a Napoli nel 1997 durante un raid di camorra. «La ferita che porto dentro da quel giorno maledetto è la ferita di un'intera città» disse con voce rotta dal pianto mentre gli occhioni perennemente velati dalla commozione intristivano il suo viso gioioso ancora da bambina.

Gentile Mancuso, non sono nessuno per invitarla a dare spiegazioni di una scelta che appartiene prima ancora che alla sua professione alla sua coscienza, ma da giovane cittadino di un Paese che del dispregio delle leggi e dell'oblio delle vittime ha fatto una propria religione, la invito a rifletterci su pubblicamente assieme a tutti i suoi potenziali elettori.

Chi anela ad assumere il governo della res pubblica, una volta interrogato, non può trincerarsi dietro eloqui vacui e a volte perfino grotteschi.

Napoli e il suo popolo meritano ben altro.

Cordialmente

Raffaele de Chiara

Scritto da Raffaele de Chiara   
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