Una terra senza speranza
Domenica 16 Gennaio 2011 09:19

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Osservare la banale insensatezza del morire senza un perché; raccontare l'orrore di chi improvvisamente orfano farà i conti con la propria solitudine, continuare a vivere e lavorare come se nulla fosse successo perché in fondo questo è il tuo lavoro e questa la tua terra. Fare il giornalista di cronaca nera a "Gomorra" e tutto questo e forse ancor di più.

 

Mary Liguori è una cronista del Mattino, si occupa prevalentemente di nera, anche se ancora giovane conosce già bene ciò che accompagna tutti coloro che si occupano di morti ammazzati ed arresti: quel misto di tensione ed adrenalina che ti prende ogni qualvolta ti squilla il telefonino e sul display ti appare il numero della redazione o di qualche tua fonte.

Basta poco però, nel tardo pomeriggio di giovedì 13, per accorgersi che questa volta non sarà come tutte le altre.

A San Giorgio a Cremano a cadere sotto i colpi dei killer di camorra assieme al vero obiettivo dei sicari è suo padre, le prime indagini confermeranno che Vincenzo Liguori con quell'agguato non centrava nulla, si trovava semplicemente nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

Erano le 18 30 di un normalissimo giorno feriale ma nessuno ha visto nulla.

«Sono sempre vissuto qui, dove posso andare?» dice commosso un signore di mezza età, «E' uno schifo, non si può morire così» gli fa eco una signora anche lei con gli occhi velati dal pianto.

«Credo che questa città sia invivibile perché una persona onesta non può morire così - Ad affermarlo ai microfoni della Rai è la stessa Mary che poi continua - Se qualcuno ha visto, parli, ma sappiamo che è inutile. So che le forze dell'ordine faranno il loro lavoro».

La compostezza del dolore e la consapevolezza di un domani maledettamente uguale all'oggi fanno da cornice alla struggente consapevolezza di essere questa volta lei a dover far raccontare l'orrore agli altri colleghi.

Ma cosa c'è in quelle parole e in quello sguardo se non il vuoto e lo smarrimento tante volte osservato da bambino e a cui solo da adulto sono riuscito poi a dare un perché.

«E' finito tutto, è finito tutto, la prego non mi faccia dire altro» ad affermarlo nell'immediatezza della strage di via D'Amelio dove morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta è il procuratore Antonino Caponnetto una vita spesa nel tentativo di sconfiggere la mafia, le mani in un ultimo sussulto di speranza sono strette al microfono del cronista che tenta di intervistarlo.

Diciannove anni dopo, quel vuoto e quello smarrimento è ancora tra noi con unica differenza però: la disillusione non è più di un attempato gentiluomo ma di una giovane ragazza.

Non so come avrebbe commentato il dottor Caponnetto quest'ennesima morte assurda ma una cosa è certa: allora come oggi, è finito tutto, davvero.

A te Mary tutta la mia vicinanza e solidarietà.

Mary

Cordialmente

Raffaele de Chiara

www.ondanomala.org

Scritto da Raffaele de Chiara   
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