SOLIDARIETÀ A CAROLA RACKETE DA UN EX UOMO OMBRA
Lunedì 01 Luglio 2019 15:38
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Grazie dell'attenzione. Un sorriso. Carmelo
 
  ” Non si obbedisce alle leggi ingiuste” (Don Lorenzo Milani)
 
     Questa mattina mi sono svegliato con la bella notizia che i migranti salvati dalla nave della Sea Watch 3 sono sbarcati e con la brutta notizia che la capitana Carola Rackete è stata arrestata perché ha violato la legge scritta, ma ha rispettato quella naturale e del cuore. E mi è venuto in mente che anch’io in 28 anni di carcere ho violato spesso le leggi interne senza senso, spesso impregnate di assurda burocrazia. Penso che se non l’avessi fatto non sarei certo riuscito a migliorarmi e sarei uscito dal carcere peggiore di quando ero entrato. Penso che l’uomo sia un animale morale che fa proprie le norme della società in cui vive e che è naturalmente portato a seguirle. Quindi, il motivo per cui rispetta le leggi è per il fatto di sentirsi moralmente tenuto a farlo. Pertanto, solo un altrettanto forte “pressione” psicologica, sociale, morale può spingerlo a violarle. E credo che ben abbia fatto Carola a violare le leggi che proibiscono di portare in terraferma dei naufraghi.   
 
Penso che alle ingiustizie bisogna sempre ribellarsi, soprattutto quando esse vengono inflitte in nome della legge, perché il cittadino che non si ribella a ciò è peggiore del suo legislatore di turno. Credo che le leggi ingiuste assicurino il dominio, non certo la giustizia. Spesso sono proprio i nostri governanti, che pretendono di insegnare la legalità, ad essere culturalmente dei criminali, senza infrangere nessuna legge e sono convinto che si possa infrangere la legge ed essere una brava persona. Io sono convinto che Carola Rackete sia una bella persona e la figlia che tutti vorrebbero avere, forse persino il più becero dei nostri attuali politici.
NO! Non possiamo avere paura del leghismo, dei 5 Stelle, del fortino di Casa Pund, la verità è nel film proiettato ieri sera su Rai Storia: https://www.youtube.com/watch?v=FJsglXwg2Q
Mario Arpaia Abbiamo da poco visto sulla 7 il documentario curato da Andrea Purgatori, su Hiroshima e Nagashaki. Le conseguenze sulla popolazione, vogliono ancora spaventarci? Lo fecero con gli anni di piombo e lo stragismo. Non riuscirono, furono fermati dalle tantissime persone che scesero in piazza. Questi di oggi sono dei fantocci, guardateli come si muovono, come si atteggiano, cercano come e pazzi gli obbiettivi di macchine fotografiche e videocamere.CAROLA RACKETE ha fatto il suo dovere, come ha scritto Carmelo Musumeci e come disse don Lorenzo Milani. davati alle ingiustizie non ci sono leggi che tengano. Guai a non solidarezzare con Carola che non è Schettino, ma una donna vera, coraggiosa, umana, appassionata della giustizia e della verità!
 
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Venti anni fa tutto cominciò con un delitto di Stato. Il Falcon del presidente del Ruanda Juvenal Habyarimana, reduce da un vertice di capi di Stato in Tanzania con equipaggio francese e a bordo il presidente del Burundi Ntaryamira, fu colpito da un missile quando era ormai in fase di atterraggio a Kigali. Nessuno si salvò. Passarono poche ore e tutto il Ruanda cominciò a grondare sangue. Negli spasimi di una lunga tragedia etnica i fratelli nemici hutu e tutsi si sbranavano da secoli per un paradiso terrestre. La morte del presidente, un hutu, fu come il segnale atteso della ennesima resa dei conti. Perché tutto era stato preparato con metodo: gli elenchi di chi doveva essere ucciso, i magazzini con le armi comprate grazie a un sollecito prestito di una banca francese (Parigi era la grande alleata degli hutu al potere), gli estremisti huti erano in attesa dell’ordine, pronti, frementi, gonfi di birra e di odio.

Sul Paese scese il tempo di Caino, come una febbre maligna che annullava e travolgeva le coscienze. Un esercito tutsi, armato dall’Uganda e dagli americani, stava avanzando: erano i figli di un altro genocidio che cercavano la rivincita. La FranceAfrique, gli americani: anche stavolta c’erano sullo sfondo potenti burattinai. Le bande dei manovali della morte, che si facevano chiamare «i compagni’», andarono nelle caserme per ricevere machete fucili e bombe a mano. I rayban sul naso, ruttando alcool e ferocia, strinsero Kigali e i villaggi e le città in un laccio di posti di blocco. Sui documenti di identità la definizione etnica, sciagurato retaggio coloniale, era il corrispettivo della stella gialla degli ebrei, divideva chi aveva diritto alla vita dagli Altri, «gli scarafaggi» da schiacciare.

 

Scritto da Carmelo Musumeci-Mario Arpaia   
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