Gli anarchici del ponte della Ghisolfa
Sabato 16 Novembre 2019 19:07

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Viva l'Italia, l'Italia liberata,
l'Italia del valzer e l'Italia del caffè.
L'Italia derubata e colpita al cuore,
viva l'Italia, l'Italia che non muore.
Viva l'Italia, presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare, l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste.

(Francesco De Gregorio )

Fu terrorismo, terrorismo di Stato, il 12 dicembre, siamo al 50° anniversario, per noi che ci occupiamo di “memoria”, sembra ieri. Era tutto preparato, studiato nei minimi particolari la caccia all’ anarchico. Le bombe? Le hanno messe sicuramente quei criminali degli anarchici del Ponte della Ghisolfa. Fondato il 1° maggio 1968, aveva come animatore ed attivista più conosciuto il ferroviere Giuseppe Pinelli. Questi, nel 1965, era già stato fra i promotori del Circolo Sacco e Vanzetti di viale Murillo, che poi, nel 1968, si trasferì in piazzale Lugano prendendo il nome di circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa. Frequentava il circolo il ballerino Pietro Valpreda, riconosciuto dal tassista Rolandi che non aveva mai trasportato e che successivamente muore di crepacuore per il senso di

colpa. Lo stragismo non inizia a Milano ma a Portella della Ginestra, quando il bandito Giuliano, spara sui lavoratori.

Quelli della mia età ricordano sicuramente la maggioranza silenziosa, i sovranisti di allora, con in testa l' Avvocato Adamo Degli Occhi avvolto nella bandiera tricolore. le storie ritornano, naturalmente con altri nomi e altri volti, l'obiettivo è sempre lo stesso: cambiare la Costituzione, come ha lungamente teorizzato Licio Gelli.

<< Se ti capita di aver fatto il magistrato e il parlamentare, e di scrivere libri, ti capita anche, piuttosto spesso, sentirti chiedere cosa abbiano in comune ( se hanno in comune qualcosa ) questi tre lavori. La risposta è che queste tre attività così diverse fra loro hanno tutte a che fare  con le parole e la verità. Meglio: con il potere delle parole e il dovere di usarle responsabilmente per dire, in forme e contesti diversi, la verità >>. Cos' scrive Gianrico Carofiglio nel suo Con parole precise. Breviario di scrittura civile, pubblicato nel settembre 2015.

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https://www.youtube.com/watch?v=gtZ-U6y7ny4

(Giuseppe Casarubbea- storico)

Prima i mafiosi e i partiti conservatori poi solo i banditi

La matrice della strage appare subito chiara: la voce popolare parla dei proprietari terrieri, dei mafiosi e degli esponenti dei partiti conservatori e i nomi sono sulla bocca di tutti: i Terrana, gli Zito, i Brusca, i Romano, i Troia, i Riolo-Matranga, i Celeste, l’avvocato Bellavista che durante la campagna elettorale aveva tuonato contro le forze di sinistra e a difesa degli agrari. I carabinieri telegrafano: “Vuolsi trattarsi organizzazione mandanti più centri appoggiati maffia at sfondo politico con assoldamento fuori legge”; “Azione terroristica devesi attribuire elementi reazionari in combutta con mafia” (ivi, p. 153). Vengono fermate 74 persone tra cui figurano mafiosi notori. All’Assemblea costituente il giorno dopo la strage Girolamo Li Causi, segretario regionale comunista, lancia la sua accusa: dopo il 20 aprile c’è stata una campagna di provocazioni politiche e di intimidazioni, durante la strage il maresciallo dei carabinieri si intratteneva con i mafiosi e tra gli sparatori c’erano monarchici e qualunquisti. Viene interrotto da esponenti dei qualunquisti e della destra e il ministro degli interni Mario Scelba dichiara che non c’è un “movente politico”, si tratta solo di un “fatto di delinquenza”. Il prof. Palidda, dell’ Università di Genova, ha inviato la proposta di un testo che ci accingiamo a diffondere, per ricordare quanti sono stati uccisi dagli apparati deviati dello Stato, appoggiati dai politici. Chi non ricorda a Catanzaro, le amnesie di Giulio Andreotti. Il processo fu spostato per legittima suspicione. Allontanato da Milano a posta, per non fare giustizia. Il filo non si è mai interrotto, le hanno provate tutte: la trattativa Stato mafia con l’uccisione di Falcone e Borsellino, ha tolto al Paese, ogni residua speranza, del ravvedimento di una classe politica senz’anima e coscienza.

Scritto da Mario Arpaia   
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