Simbolo dell’emancipazione della donna in Italia
Mercoledì 15 Dicembre 2021 08:43

 

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"io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce".

Franca Viola nacque nel 1947 ad Alcamo, in provincia di Trapani, da una modesta famiglia. Il padre era mezzadro in una Sicilia in cui la riforma agraria stava scompaginando progressivamente un sistema prettamente latifondista.


Qualche giorno fa l’interessante programma di storia Passato presente, condotto su RaiTre da Paolo Mieli, ha dedicato la puntata a Rosa Parks, 42 anni, afroamericana. Lei, a Montgomery, Alabama, quel 1° dicembre 1955, stava tornando a casa in autobus dopo una giornata di lavoro come sarta. Molti lettori della nostra comunità ricorderanno com’è andata: Rosa è stanca e nella vettura non trova posti liberi nel settore riservato ai neri. Decide quindi di occupare un posto nel settore accessibile sia ai bianchi sia ai neri con l’obbligo per i neri di cedere il posto qualora un bianco lo reclamasse. Dopo tre fermate, l’autista intima a Rosa di alzarsi e cedere il posto a un bianco che nel frattempo era salito, perché Rosa è nera, non ha diritti, o meglio la legge in vigore in Alabama non tiene conto di quelli che sono i suoi diritti. Rosa però non ci sta e con atteggiamento calmo, e soprattutto dignitoso, rifiuta di muoversi e lasciare il posto. È arrestata e portata in carcere per condotta impropria. Il suo caso scatena le proteste di tutta la comunità nera e arriva fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti che un anno dopo decreta, all’unanimità, incostituzionale la segregazione sui pullman pubblici in Alabama.

 

Cambiamo scena. Tribunale di Trapani, è il 9 dicembre 1966. Si apre il processo a carico di Filippo Melodia e due suoi complici. La vittima è una ragazza di Alcamo (Trapani), ha 17 anni ed è originaria di Alcamo, un paese di quasi 50.000 mila persone. Cosa c’entra questa ragazza di 17 anni con Rosa Parks? Vi è una fotografia, famosa, che ritrae una ragazza, una bella ragazza, minuta, camicetta bianca, gonna scura fin sotto il ginocchio, mano destra alla guancia e il gomito appoggiato al tavolo, gli occhi bassi, più per timidezza che per vergogna, i capelli scuri e lunghi che cadono sulle sue spalle. Di fronte a lei, due uomini, le labbra serrate, lo sguardo severo, sembra quasi la versione moderna del quadro di Artemisia Gentileschi“Susanna e i vecchioni”. Ecco, quella ragazza è Franca Viola ed è la Rosa Parks italiana, la donna alla quale tutte le donne italiane dovrebbero dire grazie.

Nel 1965 il Codice penale all’art. 544 recita:

Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’art. 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche a coloro che sono concorsi nel reato medesimo, e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali.

Viene quindi ammessa la possibilità di estinguere il reato di violenza sessuale anche se la vittima è minorenne qualora vi sia il cosiddetto “matrimonio riparatore”. Il Codice penale dell’epoca, di matrice fascista, considera la violenza sessuale come delitto contro la morale e non contro la persona. Il cosiddetto “bene” tutelato è la moralità pubblica e quindi veniva tutelato il “buon costume sociale” non la persona.

Ma cosa è accaduto a Franca Viola?! È il 26 dicembre 1965, siamo ad Alcamo. Franca ha 16 anni, è una ragazza semplice, vive in campagna e non ha grilli per la testa. È il giorno di Santo Stefano e sono le 9 del mattino. Franca è già in piedi perché deve aiutare la mamma a sistemare casa, è un giorno di festa, e poi deve badare al fratellino di 8 anni, ancora eccitato dalle atmosfere magiche del Natale appena trascorso. Quel mattino tre giovani uomini irrompono in casa, spaccano tutto, prendono con la forza Franca e il fratellino, la mamma tenta di opporsi ma viene facilmente respinta. Uno dei rapitori è Filippo Melodia, giovane rampollo di una famiglia benestante di Alcamo, legata alla cosca mafiosa di Vincenzo Rimi. Franca conosce Filippo, in realtà sono stati per un po’ fidanzati, con il permesso del padre di Franca, Bernardo. Un giorno però Filippo Melodia viene arrestato per furto e Bernardo decide, per il bene di Franca, a non acconsentire più a quel fidanzamento.

La reazione per quell’affronto non si fa attendere. Bernardo riceve decine di lettere minatorie, il vigneto di famiglia viene distrutto e la piccola casa in campagna viene bruciata, Bernardo addirittura viene minacciato con una pistola, ma lui è irremovibile, ama troppo la sua “bambina” e non si lascia intimorire. Sua figlia Franca non sarebbe mai andata in sposa a un pregiudicato.

Ma torniamo a quel tragico giorno di Santo Stefano. Franca e il fratellino vengono portati in un casolare. Il piccolo viene rilasciato qualche ora dopo, ai rapitori non interessa nessun riscatto, il rapimento di Franca è solo il tentativo di imporre una scelta di chi crede di essere il più forte.

Franca viene portata in un casolare non lontano da Alcamo, viene violentata più volte, umiliata, malmenata, lasciata senza cibo e senza acqua, poi viene trasportata a casa della sorella di Melodia. Resterà lì per altri cinque giorni. Forse è proprio in quei giorni di segregazione che Franca ha deciso di dire no, forse in quei momenti che ha maturato la sua decisione: puoi aver preso il mio corpo con la forza ma non avrai mai il mio spirito, la mia anima, il mio cuore, il mio amore.

Il 31 dicembre Bernardo Viola viene contattato dai familiari di Melodia per la “paciata”, l’accettazione del fatto compiuto, il corpo di Franca era stato violato e per non essere etichettata come “svergognata” e rimanere senza marito per tutta la vita, non rimaneva altro da fare che acconsentire a un matrimonio riparatore. I genitori di Franca fingono di accettare, ma il 2 gennaio 1966 Franca Viola viene liberata dalla polizia e Filippo Melodia viene arrestato con i suoi complici.

Nel corso del processo, che si apre a Trapani l’anno successivo, gli avvocati difensori invocano proprio la scriminante prevista dall’art. 544 del Codice penale sostenendo che Franca fosse stata consenziente. Sembra fatta per Melodia e suoi compari! E invece a truccare le carte giunge il NO di Franca. Nessuno se l’aspetta, rimangono tutti senza parole, ma Franca lo aveva già deciso in quei giorni di segregazione, non avrebbe mai dato la sua vita a un uomo che aveva usato la violenza per costringerla al matrimonio e poi Franca è innamorata di un altro giovane, Giuseppe Ruisi, che al pari di Bernardo, sa che sostenere Franca significa essere oggetto di malelingue e di scherno da parte di una comunità intera. Tutta Italia segue il processo anche perché il Corriere della Sera invia in Sicilia due giornalisti di spessore a seguire la vicenda, Silvano Villani e Indro Montanelli (a seguire un brano centrale del suo editoriale, Ndr). Ma la storia di Franca non finisce qui!

Decide di sposarsi con Giuseppe Ruisi e lo fa indossando l’abito bianco. È l’ennesima presa di posizione, l’ennesima risposta che Franca dà a un intero sistema. Il matrimonio si celebra il 4 dicembre 1968. È un evento nazionale. Arrivano gli auguri di Giuseppe Saragat, presidente della Repubblica; di Giovanni Leone, presidente del Consiglio; Oscar Luigi Scalfaro, allora ministro dei Trasporti, regala ai novelli sposi un biglietto ferroviario valido per un mese su tutta la rete ferroviaria italiana; Papa Paolo VI riceve Franca e Giuseppe in udienza.

Nel 1970 la vicenda di Franca Viola ispira Damiano Damiani che gira “La moglie più bella” in cui la figura di Franca Viola (nel film, Francesca Cimarosa) è interpretata da una giovanissima Ornella Muti, allora quattordicenne.

Nel 2014, l’8 marzo, Franca Viola riceve da Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, l’onorificenza di “Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana” con questa motivazione:

Per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore che ha segnato una tappa fondamentale nella storia della emancipazione delle donne del nostro Oggi Franca Viola vive ad Alcamo con il suo Giuseppe e tre figli.

Per uno scherzo del destino papà Bernardo muore il 26 dicembre 1994, alle 9 del mattino. Franca Viola lo rivela a Concita De Gregorio in un’intervista:

(..) Lo sa che mio padre è morto 18 anni dopo il mio rapimento, lo stesso giorno, la stessa ora? È stato in coma tre giorni, io pensavo: vuoi vedere che aspetta la stessa ora. E infatti: è morto alle 9 del mattino, l’ora in cui entrarono a casa per prendermi. Ha aspettato, voleva dirmi: va avanti.

Perché FrancaNon fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi donna: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori.

Il gesto di Franca ha cambiato radicalmente la lotta delle donne in Italia per la emancipazione femminile. Si dovranno attendere 16 anni prima che il matrimonio riparatore venga cancellato dal Codice penale dalla legge 442 del 5 agosto 1981 e addirittura soltanto nel 1996 lo stupro verrà considerato un reato “contro la persona” e non più “contro la morale”. Quello che colpisce della storia di Franca Viola è la naturalezza del gesto. Un gesto non legato a ideologie politiche, né a convinzioni sociali. Franca ha detto NO perché voleva essere libera di vivere la propria vita accanto all’uomo che amava. Per difendere questa libertà, che oggi potremmo definire scontata, Franca ha dovuto affrontare il peso della sua decisione, a 17 anni, in un contesto sociale ancora legato al ruolo del maschio-padrone, contro tutti e contro tutto.

Quella di Franca però non è stata una protesta, ma una scelta. Franca ha scelto la libertà. Franca, proprio come Rosa Parks dà una lezione di vita a tutti. Devi combattere per i tuoi diritti e per la tua libertà anche se questo significa pagarne il prezzo. Nel caso di Rosa fu il carcere, per Franca, essere stata oggetto di scherno. Ma entrambe hanno lasciato che parlasse per loro il gesto, mai una parola di vendetta mai una parola di odio, mai un lamento, solo la naturalezza del gesto. Nella storia di Franca, accanto al maschio brutale sessista e prepotente, si contrappone l’uomo che protegge, che ama. Non si possono dimenticare infatti papà Bernardo e Giuseppe Ruisi, il primo che protegge con l’amore, il secondo che con l’amore, protegge.

Franca e Viola hanno condiviso mezzo secolo insieme, hanno costruito la loro famiglia, innamorati come il primo giorno. A noi piace immaginarli così. In un giorno qualsiasi, Giuseppe, con l’intercalare tipico siciliano recita a memoria la poesia d’amore più bella al mondo, “Il bacio” di Pablo Neruda e Franca che lo ascolta. Giuseppe recita con la dolcezza di chi ha gli occhi pieni d’amore, lentamente, per scolpire ognuna di quelle parole nel cuore di Franca. E lei, seduta ancora una volta come quell’immagine, passata alla storia come testimonianza del suo dramma. Ma adesso è diverso, il significato di quell’immagine è capovolto, Franca non deve dimostrare nulla, non è costretta a imporre la propria libertà, è rilassata, si lascia cullare dai versi del suo amato Giuseppe, lo ama ed è amata, lo guarda e vede i loro figli. E mentre si lascia accarezzare dalla voce calda del suo amato, ha un sussulto udendo: “me gustarìa hacer contigo lo que la primavera hace con los cerezos” sì, proprio in spagnolo, e dopo una breve pausa, di nuovo “vorrei fare con te quello che la primavera fa con i ciliegi” ancora più lentamente. Lo sguardo fisso, l’uno negli occhi dell’altro, non c’è bisogno di altro, gli occhi dicono e raccontano tutto. L’amore non chiude le porte, spalanca i portoni, l’amore non soffoca, dà aria, l’amore non è possesso, è libertà. Questo ultimo verso che Pablo Neruda ci ha regalato, è la più bella dichiarazione d’amore che un uomo possa fare a una donna – ti amo per vederti fiorire ancor più bella, ancor più felice, ancor più libera – e se questo non accade, non è vero amore.

Scritto da Salvatore Giannella - giornalista e scrittore   
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