LA TRATTATIVA STATO MAFIA E LA MATTANZA
Domenica 29 Maggio 2022 10:05

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AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

AL PRESIDENTE DEL SENATO

AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

AI SINDACATI CGIL CISL UIL

ALL' AMPI

 

GENTILISSIME/I,

Sabina Guzzanti e Carlo Lucarelli, hanno trasmesso al Paese con amara ironia, la VERITA' recitata, documentata, passata al setaccio dalla Cassazione e dalla Corte Costituzionale,l' oltraggio e lo sfreggio provocato al corpo dell'Italia. Mutilato l'animo di un intero popolo, di una moltitudine di SERVITORI DELLO STATO, uomini liberi che, avevano scelto di servirlo lealmente, come Piersanti Mattarella, Pio La Torre, il generale Dalla Chiesa, generazioni di risorse per la difesa della democrazia. Uomini valorosi, la divisa limpida di Dalla Chiesa, dei Montana, dei Cassarà che, seppe combattere la mafia con intelligenza e lungimiranza, prima di essere chiamato a sconfiggere le Brigate Rosse. L'agenda rossa intrisa di sangue, piena di storie di uomini ammazzati, ragazzini sciolti nell'acido.Quando si leverà un un forte “grido di dolore”  dall’Italia sottomessa alle mafie e alle istituzioni politiche colluse. Noi ci rifiutiamo di essere rappresentati da chi, palesemente ha partecipato alla trattativa Stato Mafia. Provate a smentire con i fatti  il lavoro di assemblaggio, di Sabina Guzzanti e Carlo Lucarelli. La guerra non puo cancellare lo scempio, non può cancellare il dolore dei familiari delle Vittime. Un sussulto lo ha avuto Presidente del Consiglio, quando ha letto i nomi,   visto il posto che occupa, in Europa sanno di noi, anello debole della catena. Da anni parossisticamente seguiamo gli sviluppi delle varie inchieste, restiamo basiti, impauriti, per l'asticella che ogni giorno si sposta in alto, pensate al Presidente Oscar Luigi Scalfaro. Lo ricordate con la voce stentoria: io dico no, dico no...A Brescia in occasione dell' anniversario, improvvisamente tra la folla,si aprirono una decina di ombrelli bianchi con la scritta VERITA', VERITA'. Siamo stanchi e delusi delle larghe intese, della paralisi del Parlamento, della mancanza di opposizione, di molti volti triti e ritriti, di quelli che con la bandiera si sarebbero puliti il sedere, dei fascisti d'annata, come il vino andato a male, dei me ne frego, dei boia chi molla, dei compassi e dei grembiulini, attivi, al coperto e allo scoperto, intoccabili, anche Garibaldi era Massone... ricordate il Principe di Salina,Alain Delon da garibaldino a Sabaudista, tutto deve cambiare...ma gattopardamente, come i referendum cambieranno la giustizia.  E' possibile parlare di GIUSTIZIA giusta, no, i referendum difficilmente raggiungerano il quorum, la sfiducia è tanta. Il disastro del CSM, le correnti con la bocciatura del Procuratore Capo di Catanzaro, è stata la goccia che ha fatto trabboccare il vaso. Ho paura! Si ho paura ministro della giustizia.

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LA TRATTATIVA STATO MAFIA

Mancino: “Io sono innocente, processo rapido”.  “Chiedo un processo rapido che dimostri la mia innocenza –  afferma Nicola Mancino – Il giudice si è preoccupato di non smontare il teorema dell’accusa. Ritengo che il giudice dell’udienza preliminare di Palermo si sia preoccupato di non smontare il teorema dell’accusa sulla conoscenza da parte mia, trascrivo integralmente, dei ‘contatti intrapresi da esponenti delle Istituzioni con Vito Ciancimino e per il tramite di questi con esponenti di Cosa nostra e, perciò, abbia accolto la richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza formulata dal pubblico ministero. Non condivido la decisione – ha proseguito -: sono certo che le prove da me fornite all’udienza preliminare sulla mia totale estraneità ai fatti contestatimi saranno accolte dal Tribunale in un dibattimento, che spero si concluda in tempi brevi”.

 

”Riteniamo che questo rinvio a giudizio, che dispone nuovo processo a carico di Marcello Dell’Utri, sia un inutile spreco di energie e denaro” dicono gli avvocati Giuseppe Di Peri e Pietro Federico, difensori dell’ex senatore Marcello Dell’Utri. “Noi avevamo prodotto una sentenza definitiva della Cassazione che esclude l’esistenza di condotte illecite e di qualunque contiguità mafiosa del nostro assistito dopo il 1992. Il processo che si farà e si concluderà con un’assoluzione costituisce, dunque, un inutile duplicazione”. 

Ingroia: “Sono soddisfatto, rinvio a giudizio pone fine a maldicenze” – “Sono molto soddisfatto dell’esito dell’udienza preliminare di Palermo che conferma integralmente l’impostazione che io e il pool da me coordinato avevamo ricostruito nel corso di questi lunghi anni di indagine. Finalmente questa decisione di un giudice terzo, di grande competenza e autorevolezza pone la parola fine a tutte le maldicenze e accuse infamanti piovute addosso ai pm della procura di Palermo senza che noi potessimo replicare. Quel che è certo è che le istituzioni politiche non hanno fatto la loro parte per accertare la verità”. Lo ha detto all’Agi Antonio Ingroia, attuale leader di Rivoluzione civile, che da procuratore aggiunto aveva coordinato l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. 

La tesi dell’accusa: patto tra Stato e Cosa Nostra per fermare le stragi. La Procura di Palermo aveva passato in rassegna tutti gli elementi raccolti nell’indagine condotta dalla procura di Palermo negli ultimi anni: dall’uccisione dell’europarlamentare Salvo Lima, primo atto di guerra di Cosa Nostra allo Stato, fino all’incarico di contattare Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri che l’ex stalliere di Arcore Vittorio Mangano avrebbe ricevuto da Leoluca Bagarella. È a quel punto che, secondo gli inquirenti, si sarebbe siglato un nuovo patto tra la mafia e lo Stato. Insieme a Bagarella, sono imputati per violenza o minaccia a corpo politico dello Stato anche i boss Totò Riina e Antonino Cinà, considerato il “postino” del papello, il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, autore secondo i pm del primo input per aprire un contatto con Cosa Nostra, il senatore del Pdl Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, accusato soltanto di falsa testimonianza dopo la sua deposizione al processo Mori-Obinu del febbraio scorso. Alla sbarra anche tre alti ufficiali dei carabinieri: i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe De Donno. Oggetto della trattativa sarebbe poi divenuto l’alleggerimento del 41 bis, obiettivo che si sarebbe realizzato nel novembre del 1993, quando l’allora guardasigilli Giovanni Conso non rinnovò oltre 300 provvedimenti di carcere duro a detenuti mafiosi. Ed è proprio per proseguire la trattativa che, secondo il pm, i carabinieri del Ros non arrestarono deliberatamente il boss Nitto Santapaola, “intercettato nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto senza che ne venissero informati i magistrati”. La posizione del boss Bernardo Provenzano è stata stralciata per motivi di salute. 

 

Il Gup di Palermo Piergiorgio Morosini ha rinviato a giudizio dieci imputati per la trattativa Stato-mafia. Tra loro, ex ufficiali del Ros, capimafia, Massimo Ciancimino, l’ex senatore Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. La decisione è stata comunicata poco fa in una delle aule della Corte di Assise a palazzo di giustizia, presenti i pubblici ministeri Teresi, Del Bene, Sava e Tartaglia. Unico tra gli imputati ad ascoltare il verdetto in aula, Massimo Ciacimino. Tra le parti civili, c’era Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio, che si è costituito con il suo movimento Agende rosse. 

Il processo si aprirà il 27 maggio davanti alla seconda sezione della Corte di Assise di Palermo. Nel pronunciare la decisione, il Gup ha irritualmente letto sue considerazioni circa l’indagine, criticandone la conduzione e sottolineando che per molti aspetti è stato necessario svolgere integrazioni probatorie durante l’udienza preliminare. La Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio degli imputati lo scorso 10 gennaio.

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Il giudice bacchetta il lavoro della Procura, ma pm: “Giudice terzo preparato e rigoroso”. Nel suo provvedimento, però, il giudice Morosini attacca il lavoro dei pm dell’indagine coordinata da Antonio Ingroia: “Il materiale acquisito non è pervenuto al giudice in forma organica per singole posizioni processuali in maniera intelleggibile“. E ancora: “La memoria che è stata prodotta il 5 novembre dalla Procura non affronta il tema delle fonti di prova”. Il Gup ha emesso un “decreto di scomposizione dei fatti e indicazione analitica delle fonti di prova”, messe a disposizione delle parti. “Quella di oggi è la decisione di un giudice terzo particolarmente preparato e rigoroso: questo costituisce la riprova che molte critiche mosse all’indagine erano preconcette e, a volte, in malafede – dice il pm Nino Di Matteo – La decisione di oggi è per noi uno stimolo ulteriore ad approfondire anche tutti i temi di indagine residui a carico di altre persone collegati all’inchiesta sulle stragi mafiose e sul periodo relativo al passaggio tra la prima e la seconda Repubblica. Le indagini proseguiranno”.

Mancino: “Io sono innocente, processo rapido”.  “Chiedo un processo rapido che dimostri la mia innocenza –  afferma Nicola Mancino – Il giudice si è preoccupato di non smontare il teorema dell’accusa. Ritengo che il giudice dell’udienza preliminare di Palermo si sia preoccupato di non smontare il teorema dell’accusa sulla conoscenza da parte mia, trascrivo integralmente, dei ‘contatti intrapresi da esponenti delle Istituzioni con Vito Ciancimino e per il tramite di questi con esponenti di Cosa nostra e, perciò, abbia accolto la richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza formulata dal pubblico ministero. Non condivido la decisione – ha proseguito -: sono certo che le prove da me fornite all’udienza preliminare sulla mia totale estraneità ai fatti contestatimi saranno accolte dal Tribunale in un dibattimento, che spero si concluda in tempi brevi”.

”Riteniamo che questo rinvio a giudizio, che dispone nuovo processo a carico di Marcello Dell’Utri, sia un inutile spreco di energie e denaro” dicono gli avvocati Giuseppe Di Peri e Pietro Federico, difensori dell’ex senatore Marcello Dell’Utri. “Noi avevamo prodotto una sentenza definitiva della Cassazione che esclude l’esistenza di condotte illecite e di qualunque contiguità mafiosa del nostro assistito dopo il 1992. Il processo che si farà e si concluderà con un’assoluzione costituisce, dunque, un inutile duplicazione”. 

Ingroia: “Sono soddisfatto, rinvio a giudizio pone fine a maldicenze” – “Sono molto soddisfatto dell’esito dell’udienza preliminare di Palermo che conferma integralmente l’impostazione che io e il pool da me coordinato avevamo ricostruito nel corso di questi lunghi anni di indagine. Finalmente questa decisione di un giudice terzo, di grande competenza e autorevolezza pone la parola fine a tutte le maldicenze e accuse infamanti piovute addosso ai pm della procura di Palermo senza che noi potessimo replicare. Quel che è certo è che le istituzioni politiche non hanno fatto la loro parte per accertare la verità”. Lo ha detto all’Agi Antonio Ingroia, attuale leader di Rivoluzione civile, che da procuratore aggiunto aveva coordinato l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. 

La tesi dell’accusa: patto tra Stato e Cosa Nostra per fermare le stragi. La Procura di Palermo aveva passato in rassegna tutti gli elementi raccolti nell’indagine condotta dalla procura di Palermo negli ultimi anni: dall’uccisione dell’europarlamentare Salvo Lima, primo atto di guerra di Cosa Nostra allo Stato, fino all’incarico di contattare Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri che l’ex stalliere di Arcore Vittorio Mangano avrebbe ricevuto da Leoluca Bagarella. È a quel punto che, secondo gli inquirenti, si sarebbe siglato un nuovo patto tra la mafia e lo Stato. Insieme a Bagarella, sono imputati per violenza o minaccia a corpo politico dello Stato anche i boss Totò Riina e Antonino Cinà, considerato il “postino” del papello, il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, autore secondo i pm del primo input per aprire un contatto con Cosa Nostra, il senatore del Pdl Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, accusato soltanto di falsa testimonianza dopo la sua deposizione al processo Mori-Obinu del febbraio scorso. Alla sbarra anche tre alti ufficiali dei carabinieri: i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe De Donno. Oggetto della trattativa sarebbe poi divenuto l’alleggerimento del 41 bis, obiettivo che si sarebbe realizzato nel novembre del 1993, quando l’allora guardasigilli Giovanni Conso non rinnovò oltre 300 provvedimenti di carcere duro a detenuti mafiosi. Ed è proprio per proseguire la trattativa che, secondo il pm, i carabinieri del Ros non arrestarono deliberatamente il boss Nitto Santapaola, “intercettato nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto senza che ne venissero informati i magistrati”. La posizione del boss Bernardo Provenzano è stata stralciata per motivi di salute. 

1379620827262.JPG--sabina guzzanti   berlusconi   un cadavere da rimuovere

Sabina Guzzanti

Concludendo la sua requisitoria, Di Matteo non ha dimenticato che - come attestato dal rapporto del Sisde del 20 agosto 1993, il quale metteva in evidenza che le pressioni della mafia sullo Stato erano finalizzate anche alla creazione di un nuovo ordine istituzionale in Italia - l'allora capo della mafia Riina afferma, in una intercettazione ambientale del 2013 registrata durante un colloquio con un suo compagno di detenzione, che Berlusconi “per incontrarmi mi cercava” e che “Dell'Utri è una persona seria”. Secondo il magistrato tali parole del boss erano sincere, in quanto, ha affermato “noi siamo sicuri che Riina non sapeva di essere intercettato”. 

E che Marcello Dell'Utri, il principale compagno di merende di Silvio Berlusconi a partire dalla creazione di Forza Italia e dal suo ingresso in politica, avesse tutte le carte in regola dal punto di vista del capo mafioso lo testimonia la sua condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. 

L'impressione che si ha dalla lettura della requisitoria di Di Matteo è che, con la trattativa tra lo Stato e la mafia, quest'ultima abbia guadagnato ben più che qualche sconto carcerario per i suoi adepti, bensì che essa abbia acquistato con tale trattativa un potere che mai prima di allora aveva avuto in Italia, fino ad arrivare ad acquisire un asfissiante controllo della vita politica ed economica su buona parte del territorio italiano. 

La mattanza: dal silenzio sulla mafia al silenzio della mafia

Carlo Lucarelli ci accompagna attraverso la drammatica storia della mafia in Italia.

Carlo Lucarelli è senza ombra di dubbio un grande giallista. I suoi romanzi sono ben scritti, intelligenti, avvincenti e colmi di tensione. Da qualche anno a questa parte è diventato famoso con una trasmissione televisiva, “Blu notte - Misteri d’Italia”, dedicata ai misteri e ai casi insoluti della cronaca italiana. Einaudi (a cui va fatto un plauso per questa pubblicazione) propone in DVD (con allegato un libro) una speciale puntata del programma dedicata agli ultimi trent’anni di storia mafiosa.

Il documentario si apre con il processo di Bari del giugno del 1969, per poi mostrare le guerre interne mafiose, per poi mostrare la speculazione edilizia mafiosa su Palermo, le implicazioni politiche, i primi “pentiti” mafiosi, la lotta di Falcone e Borsellino e i successivi attentati, la dura replica dello Stato con il successivo inizio di alcune delle più drammatiche stragi mafiose degli ultimi anni. La storia dell’Italia degli ultimi anni, anni tremendi macchiati dal sangue dei tanti, troppi, morti per mano mafiosa in attentati ed esecuzioni.

Il documentario alterna il racconto da parte di Lucarelli a filmati ed interviste d’epoca (come alcune sequenze di celebri processi mafiosi o le immagini tristemente famose degli attentati ai danni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino), miscelati a testimonianze offerte da alcuni giornalisti e politici dei giorni nostri, con racconti e approfondimenti degli eventi raccontati.

lamattanza

La bravura di Carlo Lucarelli, vero e proprio segreto del successo delle sue trasmissioni, è quella di saper raccontare i fatti in maniera semplice e, al contempo, appassionante. Come dice lui stesso, le storie, per il modo in cui vengono raccontate, sembrano romanzi, film avvincenti con personaggi eccezionali, avvenimenti incredibili, colpi di scena e misteri. La drammaticità risiede nel fatto che le storie raccontate sono storie vere, drammatiche storie che hanno macchiato gli ultimi decenni del nostro paese.

L’importanza del lavoro di Lucarelli è il raccontare, fare conoscere alle nuove generazioni questi fatti, incanalandoli in uno stile vincente, in grado di essere compreso e di stimolare l’interesse in qualsiasi tipo di spettatore. “La Mattanza” è un documento importante, da mostrare nelle scuole, specialmente in giorni come questi, in cui lo spettro, e la mano armata della criminalità organizzata è ricomparsa nella cronaca di tutti i giorni, dopo anni di apparente silenzio. Carlo Lucarelli non ci mostra solo l’abilità di saper raccontare una storia, ci invita a non dimenticare, a conoscere, a ricordarci i pericoli, e i mali oscuri del nostro paese.

Questa non è storia minore. La storia della criminalità organizzata in Italia, e in particolare quella di Cosa Nostra, non è la storia di una deviazione che si muove da qualche parte, nella metà oscura del mondo, e tocca le vite di chi ha la sfortuna di incrociarla. E’ parte integrante della nostra Storia con la “esse” maiuscola, al pari dei movimenti politici e sindacali, dei fenomeni economici e di costume, delle guerre, e come tutti questi, e spesso intrecciandosi strettamente tra loro, l’ha condizionata.[….] Sarebbe bello che fosse solo un romanzo. Invece è storia vera, e per il nostro paese, è anche Storia. Storia importante.”
Carlo Lucarelli

Scritto da Mario Arpaia   
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