di Irene Starace

Si dirà, o forse qualcuno l’ha già detto, che non è il caso di fare di Mimmo Lucano un santo. Lo si dirà con malevolenza, come a dire che non è poi una persona eccezionale e magari è anche un criminale, ma ci sarà una parte di verità in queste parole: Mimmo Lucano non è un santo, ma qualcosa di ancora più raro nel mondo occidentale di oggi:

un uomo buono. A differenza della maggioranza, non è capace di restare indifferente di fronte alla sofferenza degli ultimi e non ritiene giusto che il loro diritto alla vita debba dipendere solo dalla fortuna, come una vincita alla lotteria, perché nell’opinione comune le loro vite sono di importanza secondaria. Ha usato il suo potere di sindaco solo per aiutarli, senza chiedere niente in cambio. Non gli ha sputato addosso letteralmente o metaforicamente, non li ha usati per fare soldi, non gli ha chiuso la porta in faccia per indifferenza o per paura. Insomma, è andato contro la nuova morale che normalizza e incoraggia dall’alto questi ed altri comportamenti razzisti. E’ questo che fa scandalo e non gli si può perdonare. Forse Di Maio crede davvero che il modello di accoglienza di Riace sia un business, perché la bontà è quasi scomparsa dalla politica e non finisce sotto i riflettori dei media e di quelle reti sociali che lui, Salvini e quelli come loro confondono con la realtà. Per fortuna Mimmo Lucano non è solo. Ieri le strade di un paese piccolo come Riace sono state riempite da migliaia di persone, immigrate e non. Le une hanno vissuto esperienze terribili sulla loro pelle, le altre hanno scelto di non ignorarle e di stare al loro fianco. Tutti loro, e tanti altri, non si lasceranno spaventare e andranno avanti. La posta in gioco è troppo alta: la sopravvivenza dell’umanità, nel doppio significato di “bontà, generosità” e di “specie umana”, al di là di etnie, religioni e frontiere, perché negare la libertà di movimento a chi ne ha più bisogno è un atto genocida.