Così i post-nazisti si sono presi la Lega
Domenica 28 Luglio 2019 07:25

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Così i post-nazisti si sono presi la Lega (e hanno plasmato il Salvini pensiero)

Il fascismo è finito con Mussolini. A non essersi spenta è la fiamma culturale e ideologica che lo ha alimentato. Ed è quella che spiega la trasformazione della Lega da movimento autonomista e libertario a partito xenofobo, reazionario e autoritario

Chiedersi se Matteo Salvini sia fascista non è solo un esercizio inutile, è un grave errore. Perché vuol dire cercare quello che non c'è. Il fascismo è finito con Mussolini. Quella che non si è mai spenta è la fiamma culturale e ideologica che lo ha alimentato. Grazie al racconto di una gola profonda e ad altre testimonianze esclusive, l'autore rivela l'identità e la storia dei principali protagonisti di una macchinazione senza precedenti. Un progetto di restaurazione del vecchio pensiero reazionario a vocazione autoritaria e plebiscitaria, dissimulato però come una formula nuova che supera i vecchi schemi politici attraverso un veicolo diverso da tutti gli altri: la Lega Nord.

 

Pubblichiamo un articolo originale di Claudio Gatti, autore del libro I demoni di Salvini. I postnazisti e la Lega (edizioni Chiarelettere)

Un tempo, a disposizione delle amministrazioni regionali e locali, finanziamenti statali a parte, c’erano i mutui. Si trattava di “prodotti finanziari” semplici e chiari, la cui accumulazione non poteva oltrepassare certi limiti. Lo Stato aveva imposto dei tetti massimi, oltre i quali un ente territoriale non poteva andare.

Poi sono arrivati i derivati, dei “prodotti finanziari” molto più complessi che servivano allo stesso scopo (finanziare la spesa pubblica), avevano gli stessi clienti (gli enti pubblici) e arricchivano gli stessi soggetti (le banche). Ma non erano né percepiti né contabilizzati come prestiti. Vittime di una grande “asimmetria informativa” - i banchieri sapevano bene cosa stessero vendendo mentre gli amministratori non avevano idea di cosa stessero comprando – regioni e comuni ne hanno fatto incetta.

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Nell’estate del 2007 iniziai a denunciare dalle pagine del Sole24Ore il fatto che i derivati finanziari fossero da una parte una manna per i banchieri che li vendevano e dall’altra una bomba a orologeria per gli amministratori pubblici che li compravano. Poi è scoppiato il bubbone.

Nel libro da poco uscito per Chiarelettere - I Demoni di Salvini: i post nazisti e la Lega – lancio un allarme equivalente. Sui derivati del fascismo, un “prodotto politico” che da cinque anni Matteo Salvini sta vendendo a più non posso, moltiplicando il proprio patrimonio politico.

Se oltre dieci anni fa i banchieri sono riusciti a lucrare sui derivati finanziari è stato perché chi li comprava non li capiva. Lo stesso è successo con i derivati del fascismo: Salvini ha a mio giudizio lucrato anche per via del fatto che i suoi interlocutori non sanno cosa sono, né sanno cosa c’è dietro. E quando qualcuno si preoccupa perché istintivamente capisce che c’è qualcosa che non va, non riesce a trovare le evidenze che confermino i propri sospetti. Il motivo è semplice: cercare tracce di fascismo in Salvini è come cercare tracce di mutui nella contabilità delle regioni. Non è così che si troveranno evidenze dei derivati.

Parafrasando Leonardo Sciascia si può dire che la storia sia fatta di concetti eterni che emergono e si eclissano, un’alternanza di progresso e regressione, evoluzione e reazione che però si ripropongono sotto forme sempre diverse. Il fascismo è finito con Mussolini. Quella che non si è mai spenta è la fiamma culturale e ideologica che lo ha alimentato. Inizialmente quella fiamma è stata ereditata da figure compromesse con il passato, nostalgici che come tali sono sempre stati circoscritti ed emarginati. Ma poi un nuovo ciclo è stato avviato dalla più straordinaria operazione di contaminazione e infiltrazione politica della storia della Repubblica italiana, quella che ricostruisco nel mio libro.

Nessuno, prima d’ora, aveva notato che, mentre i neofascisti convenzionali venivano contenuti, alcuni loro camerati più “evoluti” lavoravano sottotraccia per dare continuità storica all’ “essenza” dell’ideologia nazional-socialista, cioè alla sua anima tradizionalista, gerarchica, razzista e, ovviamente, antigiudaica.

Dopo aver metabolizzato fascismo e nazismo, questi postnazisti hanno capito che occorreva utilizzare un veicolo nuovo, al quale non potesse essere imputata alcuna delle tragedie indifendibili degli anni Trenta e Quaranta. E lo hanno identificato nel movimento autonomista che ha poi dato i natali alla Lega Nord, da loro ritenuto bersaglio ideale in quanto “corpo senz’anima”. Quindi contaminabile.

 

 

Io non dico che Salvini sia un postnazista. Ma ha scelto di fare da piazzista del pensiero dei postnazisti

Grazie a una Gola Profonda (che parla con tanto di nome e cognome) e ad altre testimonianze esclusive, nel libro I demoni di Salvini ricostruisco la storia di questa macchinazione ricostruendo un piano d’infiltrazione e contaminazione culturale e politica della Lega condotto nel corso di tre decenni.

La Gola Profonda, un ingegnere di nome Alberto Sciandra che assieme ad altri ha infiltrato la Lega fino a diventare suo alto dirigente in Piemonte, mi spiega che il piano non prevedeva la presa del potere diretto – quindi la sostituzione di Bossi prima e Salvini dopo, con dei postnazisti. Era molto più subdolo: si trattava di far sì che Bossi e Salvini adottassero il loro pensiero, dando continuità storica a quell’ “essenza primordiale del fascismo e del nazismo” da loro distillata.

È questo che spiega la grande anomalia data dalla trasformazione di un movimento nato autonomista e libertario, qual era la Lega negli anni ’80, in un partito di matrice xenofoba, reazionaria e autoritaria.

Io non dico che Salvini sia un postnazista. Ma ha scelto di fare da piazzista del pensiero dei postnazisti. E persino delle loro teorie del complotto, in primis quella della cosiddetta “sostituzione dei popoli” secondo la quale, attraverso le migrazioni e l’abbattimento delle frontiere, la “grande finanza internazionale” fomenterebbe un piano di “sostituzione di popoli” da realizzare attraverso il “meticciato”. È un concetto proposto per la prima volta da Adolf Hitler in Mein Kampf, che lo fa senza ricorrere a eufemismi, all’epoca non necessari. Anziché di “grande finanza”, Hitler parla più esplicitamente di “ebrei”. Riferendosi alla presenza di truppe d’origine africana che alla fine della Grande guerra avevano occupato alcune regioni tedesche suscitando paura e risentimento popolare, scrive: “Sono stati gli ebrei a portare i negri nella Renania al fine di bastardizzare la razza bianca, abbassare il suo livello culturale e politico e stabilire il proprio dominio.”

Nel libro-intervista pubblicato dalla casa editrice di CasaPound, Io sono Matteo Salvini, il Ministro sposa in pieno questa teoria. Con un’unica cautela: anziché parlare di “ebrei” parla di un ebreo solo, George Soros. Ecco cosa dice di lui: “Di Soros io apprezzo la trasparenza. Chi è curioso vada sul sito della sua fondazione e potrà leggere nero su bianco come la visione di un occidente snaturato nelle sue sembianze, meticciato, con l’ingresso d’ingenti flussi migratori dall’Africa e non solo, viene presentato nei termini di una grande conquista futura. Un paradiso che ci renderà tutti più belli, più buoni, più solidali e, aggiungo io, più facilmente manovrabili da chi vuole imporre un pensiero unico, un mercato unico, una cultura unica”.

Come il peggiore dei banchieri Matteo Salvini è un cinico opportunista che si è incredibilmente arricchito (politicamente intendo) vendendo prodotti ad altissimo rischio che mettono a repentaglio la stabilità del Paese. Innanzitutto quella democratica, ma in futuro probabilmente anche finanziaria.

In democrazia ognuno è libero di fare le proprie scelte. Così come ieri gli amministratori degli enti territoriali erano liberi di acquistare derivati, oggi gli italiani sono liberi di scegliere Salvini. Purché, aggiungo io, siano a conoscenza di come è fatto il prodotto messo in vendita. Il mio libro, come i miei articoli di denuncia di una dozzina di anni fa, intende come minimo porre rimedio all’asimmetria informativa che c’è finora stata. E magari anche lanciare un altro allarme.

Scritto da Miguel MEDINA / AFP   
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