Sulla filosofia
Lunedì 14 Settembre 2020 07:12

Posted: 31 Aug 2020 08:51 AM PDT

di Federico Sollazzo ( Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
 
E' stato detto.
Ed è stato detto proprio da coloro che oggi vengono studiati da quelli che, studiandoli, mettono in scena proprio ciò che essi criticavano.
Eppure è stato detto.
Allora, un passo più in là dell'analfabetismo funzionale, esiste anche un'impermeabilità al senso.
 

 

 
Coloro che sperano di diventare filosofi studiando la storia della filosofia dovrebbero, piuttosto, ricevere da essa l'idea che filosofi si nasce proprio come avviene per i poeti, anzi assai più di rado. 
– Arthur Schopenhauer, Sulla filosofia e il suo metodo, in Parerga e Paralipomena
 
I primi due requisiti del filosofare sono questi: prima di tutto che si abbia il coraggio di non serbare nel proprio cuore alcuna domanda e, in secondo luogo, che si porti a chiara coscienza tutto ciò che si capisce da sé per concepirlo come problema. Infine, per filosofare davvero, lo spirito deve essere veramente ozioso: non deve perseguire degli scopi e dunque non deve essere guidato dalla volontà, bensì dedicarsi integralmente all'ammaestramento che gli danno il mondo intuibile e la sua stessa scienza.  I professori di filosofia, invece, pensano al loro utile e vantaggio personale, a ciò che serve in questo senso: qui risiede la loro serietà. Per questo non vedono affatto tante cose che invece sono chiare; anzi non giungono mai alla meditazione, sia pure soltanto sui problemi della filosofia.
 Arthur Schopenhauer, Sulla filosofia e il suo metodo, in Parerga e Paralipomena
 
 
Nonostante tutto i filosofi universitari, pur limitati a questa maniera, rimangono nel far ciò di buon umore, poiché la loro autentica serietà sta nell'acquistarsi con onore un onesto reddito per sé, la moglie e i figli, e inoltre nel godere una certa fama di fronte alla gente. Per contro l'animo profondamente agitato di un vero filosofo, la cui grande serietà sta nel ricercare una chiave della nostra esistenza, tanto enigmatica quanto scabrosa, viene da loro annoverato tra gli esseri mitologici, se pure colui che porta in sé tale animo non sembra loro addirittura, caso mai volesse presentarsi di fronte ad essi, come affetto da monomania. Che infatti vi possa essere una tale amara e autentica serietà nella filosofia, nessuno, almeno di regola, potrebbe immaginare tanto poco quanto un docente della stessa, allo stesso modo che il cristiano più incredulo è di solito il Papa. È quindi uno dei casi di più rari che un vero filosofo sia stato al tempo stesso un docente di filosofia.
– Arthur Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, ora in La filosofia delle università
 
Dentro e fuori. Un po' per pietà, un po' per negligenza e un po' per calcolo, si lascia vivacchiare la filosofia in un ambito accademico sempre più stretto, dove si tende sempre più a sostituirla con la tautologia organizzata. Chi si affida alla profondità esercitata d'ufficio, è costretto, come cento anni or sono, ad essere ad ogni momento così ingenuo come i colleghi da cui dipende la sua carriera. Ma il pensiero extra-accademico, che vorrebbe sottrarsi a questa necessità e alla contraddizione tra la grandezza degli argomenti e il filisteismo della trattazione, è esposto ad un pericolo non meno grave: alla pressione economica del mercato, a cui in Europa  almeno  i professori erano ancora sottratti. Il filosofo scrittore, che vuol guadagnarsi la vita, deve essere in grado di offrire, ad ogni momento, qualcosa di scelto e prelibato, per affermarsi, col monopolio della rarità, contro il monopolio dell'ufficio.
– Theodor W. Adorno, Minima Moralia. Meditazioni della vita offesa
 
Testi dove ogni passaggio è accuratamente segnato, ed è evitata ogni discontinuità, risultano inevitabilmente di una banalità e di una noia che non affetta solo la tensione della lettura, ma la loro stessa sostanza.
– Theodor W. Adorno, Minima Moralia. Meditazioni della vita offesa
 
I filosofi oggi sono più dei funzionari del pensiero e degli amministratori del concetto, e si sa quale paura del sovvertimento e del disordine abbiano i funzionari e gli amministratori. Essi non hanno nemmeno il più piccolo motivo per cambiare le loro opinioni. Si lodano a vicenda, sono lodati o criticati da altri funzionari (fisici, biologi, sociologi, premi Nobel), cioè, in ogni caso, sono considerati; il loro stipendio non è affatto cattivo e la loro "immagine dell'essere umano" si adatta perfettamente a quella situazione e a quelle manifestazioni concrete dell'essere umano che incontrano nelle aule, negli uffici, alle conferenze filosofiche, nei laboratori e nelle chiacchiere scientifico-filosofiche da caffè. Quanto contano là i desideri degli uomini, che non hanno potere, con i quali non ci si può intrattenere su questioni sottili, alla presenza dei quali non ci si sente a proprio agio e che, insomma, si mettono facilmente da parte?
 Paul Feyerabend, La scienza in una società libera
 
Se un facitore di versi, di romanzi, di films, trova omertà, connivenza o comprensione nella società in cui opera, non è un autore. Un autore non può che essere un estraneo nella terra di xenofobi (...).
Lo spettatore, dell'autore, non è che un altro autore. E qui ha ragione lui, e non i sociologi, i politici, i pedagogisti ecc. Se infatti lo spettatore fosse in condizione subalterna rispetto all'autore, se egli fosse cioè l'unità di una massa (sociologi), o un cittadino da catechizzare (politici) o un bambino da educare (pedagogisti) allora non si potrebbe parlare neanche di autore, che non è né un assistente sociale, né un propagandista, né un maestro di scuola.
 Pier Paolo Pasolini, Il cinema impopolare, in "Nuovi Argomenti", ora in Empirismo eretico 
 
Si tratta dell'antica lotta tra coloro che vivono per qualcosa e coloro che vivono di qualcosa, o tra coloro che sono qualcosa e coloro che lo rappresentano.
 Arthur Schopenhauer, La filosofia delle università
   
Scritto da Federico Sollazzo   
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