Caso Schwazer. Ecco cosa c'è dietro l'inchiesta sull'ex campione di marcia
Giovedì 15 Ottobre 2020 06:56

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Caso Schwazer. Ecco cosa c'è dietro l'inchiesta sull'ex campione di marcia

(ansa)

 

Il gip deciderà se disporre un supplemento di perizia oppure stabilire che gli elementi raccolti siano già sufficienti. In gioco una partita che vale il futuro dell'antidoping mondiale

 FABIO TONACCI

Di cosa si parla, quando si parla del “caso Schwazer”? Di pipì, essenzialmente. Di due provette (denominate A e B) contenenti l'urina dell'ex campione di marcia, prelevata in un controllo a sorpresa la mattina di Capodanno del 2016. Su quei pochi (anzi pochissmi, come vedremo) millilitri di pipì si sta giocando una partita che vale il presente, e forse anche il futuro, del sistema antidoping mondiale.

I DUE SCENARI POSSIBILI

Due sono gli esiti possibili. Il primo: Alex Schwazer non ha mai perso il vizio del doping, e pur di tornare a vincere un'Olimpiade dopo l'oro a Pechino e la squalifica del 2012, ha fatto segretamente uso di sostanze contenenti testosterone, tradendo così il suo allenatore Sandro Donati, noto per la sua intransigenza verso gli atleti dopati. Il secondo: Schwazer è stato incastrato, le provette sono state manipolate da qualcuno perché risultassero positive al test, e quel qualcuno si troverebbe nel laboratorio di Colonia dove l'urina di Schwazer è stata analizzata e conservata per due anni, prima di essere messa a disposizione della magistratura di Bolzano. Uno scenario esclude l'altro. O è bianco o e nero, spazio per il grigio non ce n'è. Eppure, l'ultima attesa perizia del colonnello del Ris di Parma Giampietro Lago, oggetto dell'incidente probatorio di giovedì davanti al gip bolzanino Walter Pellino, non riesce ancora a tirar fuori questa storia dalla zona grigia. Né a collocarla, con ragionevole certezza, in uno scenario o nell'altro.
 

LE INCHIESTE DI BOLZANO

Dunque, i fatti. Il 22 giugno 2016 la Wada (l'Agenzia mondiale dell'antidoping) comunicò alla Federazione di atletica italiana la positività al controllo di Capodanno, l'atleta venne squalificato per otto anni e la procura di Bolzano aprì un'indagine per frode sportiva. Unico indagato: Alex Schwazer. Che si dichiarò fin da subito innocente, presentando un esposto nel quale spiegò di essere vittima di un complotto. Non ci sono nomi in quell'esposto, solo circostanze da accertare. Il pm Giancarlo Bramante ha quindi aperto un secondo fascicolo, a carico di ignoti. I due filoni di inchiesta hanno viaggiato per mesi in parallelo e ora il pm (nel frattempo diventato procuratore capo) ha bisogno di stringere e arrivare a delle conclusioni. La prima perizia sulle urine di Schwazer infatti, non era bastata, per cui ne è stata disposta un'altra, discussa giovedì nel contraddittorio delle parti. Che sono, oltre all'indagato Schwazer, le parti lese: la Federazione internazionale di atletica (Iaaf), la Federazione italiana (Fidal) e la Wada.
 

I VALORI ANOMALI DI DNA

Ridotto all'osso, il punto attorno a cui ruota la questione riguarda la concentrazione di dna di Schwazer rinvenuto nelle due provette. Controanalizzate dai medici della procura nel marzo del 2018 - due anni e due mesi dopo il prelievo - hanno mostrato quantità “anomale” di dna: l'urina della provetta A ne aveva circa 350 picogrammi per microlitro, nella B lo stesso valore saliva a 1.200 picogrammi. Per il colonnello del Ris, il valore della provetta B “non è spiegabile fisiologicamente”, sulla base di tre assunti: 1) negli otto test comparativi fatti fare a Schwazer durante le indagini, la concentrazione di dna nelle urine in diverse ore della giornata non ha mai superato i 295 picogrammi; 2) secondo uno studio statistico effettuato per un anno su una cinquantina di soggetti, la concentrazione di dna nell'urina conservata diminuisce del 70 per cento dopo sei mesi e del 87 per cento dopo un anno; 3) il valore medio stimato sulla popolazione si attesta tra gli 80 e i 100 picogrammi. In parole povere, il dato dei 1.200 picogrammi, oltrettutto in un'urina vecchia di due anni, è anomalo, troppo alto.
 

IL DOCUMENTO INEDITO DELLA WADA

Per questo ha fatto scalpore il documento (incompleto), presentato a sorpresa a inizio udienza dai legali della Wada e relativo a un test antidoping di Schwazer, finora sconosciuto, del 27 giugno 2016: sostiene che il valore di dna, rilevato un anno dopo il prelievo, era addirittura di 14.000 picogrammi per microlitro. “Una cifra assurda”, è sbottato Lago. “Non è possibile!”. Secondo la scala da lui usata per la sua perizia, infatti, vorrebbe dire che “a urina fresca” Schwazer avrebbe dovuto avere più di 100.000 picogrammi di dna in un microlitro. Un alieno, in pratica. La mossa della Wada serviva a provare che Schwazer, per conformazione fisica, ha sempre avuto quantità elevatissime di dna nelle urine, ma il giudice Pellino si è mostrato molto perplesso e non si è pronunciato sull'ammissione del documento agli atti.
 

L'IPOTESI DELLA MANIPOLAZIONE

Il colonnello Lago, dopo aver ricordato in aula l'ostracismo del laboratorio di Colonia che alla fine gli ha consegnato solo 10 ml di urina della provetta A e 6 ml della provetta B  (la quantità doveva essere il doppio, almeno secondo le comunicazioni ufficiali della Wada ) per la prima volta, ha fatto quattro ipotesi sulle cause del valore sballato: una malattia avuta da Schwazer al momento del prelievo di Capodanno; l'effetto del superallenamento per le Olimpiadi; la possibile alterazione dovuta alla sostanza dopante; la manipolazione delle provette. Queste ultime due sono le più probabili. Ma la perizia - contestata duramente dal consulente tecnico della Iaaf Emiliano Giardina che ha sottolineato l'inattendibilità di un campione statistico ridotto, l'inesistenza di prove della manomissione dei tappi delle provette, e il fatto che nelle urine non sia stato rilevato dna di persone terze – secondo il pm Bramante non è ancora dirimente.
 

COSA SUCCEDE ORA

L'avvocato di Schwazer, Gerhard Brandstaetter, ha chiesto al gip sia un supplemento di perizia, per ampliare la copertura dello studio statistico da uno a due anni, sia una rogatoria estera per accertare la autenticità di un carteggio interno alla Iaaf, svelato grazie a degli hacker russi, nel quale si fa riferimento a un presunto complotto ai danni di Schwazer. Il pm Bramante si è opposto alla rogatoria e il gip Walter Pellino si è preso tempo per decidere. Può disporre il supplemento di perizia, oppure stabilire che gli elementi raccolti siano già sufficienti e, quindi, che il fascicolo debba tornare nella disponibilità del pubblico ministero. Spetterà a Bramante decidere poi cosa fare: chiedere il rinvio a giudizio di Schwazer per frode sportiva, oppure archiviare l'accusa di doping e indagare sul complotto.

Scritto da FABIO TONACCI   
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