Per un servizio pubblico radiotelevisivo degno di questo nome un canale come Rai Storia dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’azienda, dovrebbe essere portato come esempio positivo e come dimostrazione concreta del buon utilizzo dei soldi del canone dei cittadini. Invece sembra che Rai Storia stia molto più a cuore ai telespettatori, che in queste ore si stanno mobilitando a migliaia sui social per difendere il canale anche con una petizione su Change.org che in poche ore è arrivata a quasi 30mila adesioni, che non agli stessi amministratori del servizio pubblico, che lavorano per affossare il progetto. Una situazione paradossale e imbarazzante.

In queste ore in difesa di Rai Storia si è levata la voce di personalità come il virologo Roberto Burioni e il cantautore Enrico Ruggieri, lo storico Giordano Bruno Guerri e il vicedirettore del Foglio Maurizio Crippa, il comico Ubaldo Pantani e un’istituzione culturale come la Fondazione Feltrinelli, ma dalla Rai solo silenzio.

La Rai dell’amministratore delegato Fabrizio Salini, scelto dal Movimento 5 Stelle anche con i voti di Salvini, vuole di fatto smantellare Rai Storia, chiudendone il canale e accorpandolo a Rai 5, quindi dimezzando l’offerta culturale Rai che oggi si fonda proprio su questi due canali.

Invece di raddoppiare i fondi alla cultura, di potenziare strutture e organico, di aumentare la programmazione e innalzare la qualità, Salini vuole utilizzare Rai Cultura per fare cassa tagliandone le risorse. Peraltro risorse non quantificate, perché sui bilanci Rai non si riesce a trovare una voce chiara che dica con esattezza a quanto ammonta il budget di Rai Cultura. Forse lo si vuole nascondere per evitare paragoni, ad esempio, con i compensi milionari di alcuni singoli conduttori e delle loro società di produzione?

La Rai dovrebbe erigere un monumento a Silvia Calandrelli, che in dieci anni ha costruito e sviluppato il progetto Rai Cultura facendolo evolvere ancora di più dal progetto Rai Educational di Giovanni Minoli, invece in questi mesi l’ha addirittura mortificata con un umiliante balletto di poltrone di marca totalmente politica: a gennaio Calandrelli era stata nominata direttore di Rai3, nell’ambito della costituzione di una macro area di Direzione Cultura che comprendeva anche Rai Storia, Rai 5 e Rai Scuola, ma solo pochi mesi dopo, a maggio, la direzione di Rai3 le è stata tolta per procedere, secondo le indiscrezioni pubblicate dai giornali e mai smentite, ad una spartizione pro Movimento 5 stelle con l’arrivo di Franco Di Mare, che avrebbe dovuto avere il compito di bilanciare l’arrivo di Mario Orfeo al Tg3. Una gestione imbarazzante, che ha creato la situazione senza precedenti di non avere neanche una donna tra i direttori di rete e di tg, con buona pace dei tanti che a parole chiedono parità di genere ma invece in quell’occasione sono rimasti in silenzio.

Se Salini e il Cda andranno avanti con nomine e nuove spese, mentre intendono cancellare Rai Storia, stavolta tutti, dal ministro Gualtieri al presidente della Camera Fico, saranno corresponsabili se non faranno nulla, perché non potranno dire “non lo sapevamo”.